1BR: Dalla famiglia alla società, quanto è possibile essere davvero indipendenti?

Sarah si è appena trasferita a Los Angeles in cerca di un’indipendenza da una famiglia con cui ha non pochi problemi. Qui, inseguendo il sogno di diventare una costumista, inizia a fare la stagista in uno studio legale e riesce anche a trovare un bell’appartamento all’interno di un complesso in cui i condomini sembrano essere estremamente gentili e amorevoli nel prendersi cura l’uno dell’altro. Ma cosa si nasconde, in realtà, all’interno di questo condominio in cui ci sono delle regole ben precise da seguire?

A tratti raggelante nella metafora di fondo che accompagna le disavventure della giovane protagonista, 1BR è un horror che ci lascia con uno strano senso di inquietudine anche molto dopo i titoli di coda, proprio perché ci pone di fronte ad una realtà fin troppo tangibile per chiunque abbia cercato una propria identità, distaccandosi dal nido familiare (felice o meno non cambia), per poi finire comunque “succubi” di una società in cui dover rispettare determinate regole e in cui l’imperativo principale sembra essere quello di dover essere, o almeno sembrare, felici a tutti i costi.

Ma il sorriso che presto vediamo stampato sul volto della giovanissima Sarah è un sorriso che le viene da dentro, è semplicemente un’imposizione che arriva dall’alto o è la dissimulazione di una persona che si è conformata al volere altrui solo per non dover subire delle conseguenze ancora peggiori rispetto alla finzione di cui si è fatta protagonista?

La risposta è ovviamente evidente sin dal primo momento in cui alla ragazza appare chiara la vera natura del condominio e dei suoi abitanti (alcuni dei quali perfettamente costruiti nella loro essenza ambigua e melliflua), natura che nasconde una sorta di totalitarismo che appare ancora più angosciante e letteralmente terrificante quando ci rendiamo conto che molto probabilmente nessuno di noi ne è o ne è stato esente nel corso della propria esistenza.

Una distopia neanche troppo distante dall’idea di società odierna, a volte fin troppo castrante, quando non tendente al controllo dei suoi componenti. E, nonostante siamo dalle parti dell’horror psicologico e politico, 1BR è anche un film che non ha paura di affondare la lama (letteralmente e non) nel gore vero e proprio, regalandoci dei momenti di puro orrore, ancora più impressionanti perché calati in un contesto in cui purtroppo è fin troppo semplice immedesimarsi.

Pur terminando in maniera abbastanza prevedibile, con una sorta di colpo di scena che ormai risulta fin troppo abusato a livello narrativo da molti altri film appartenenti al genere, ma che in un certo senso risulta l’unico possibile per sottolineare maggiormente quello che è il sottotesto principale dell’opera, 1BR non risparmia nessuno (nemmeno un povero e ignaro gatto, vero deus ex machina del film) e non regala facili catarsi, trasmettendo con vigore il suo messaggio, senza mai farlo pesare allo spettatore, in grado di recepirlo mentre viene totalmente coinvolto dalle atmosfere perturbanti del racconto.

Con una protagonista perfetta nell’incarnare le varie fasi della “prigionia” all’interno del condominio (dalla felicità reale iniziale, a quella fittizia nel mezzo, fino all’inquietudine e al terrore vero e proprio),  questa prima regia di David Marmor rimane impressa e regala un intrattenimento intellettualmente stimolante e al tempo stesso perturbante.

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