3 From Hell: la famiglia Firefly incontra il cinema di Rodriguez, abbandonando Hooper e Peckinpah

I Firefly, scampati miracolosamente alla morte dopo essere stati crivellati di colpi dalla polizia grazie ad un’equipe di medici che li ha tenuti in vita, si ritrovano a scontare pene diverse: al Capitan Spaulding, ormai malato e morente, tocca la pena di morte; per Otis dopo anni di detenzione arrivano i lavori forzati, durante i quali grazie all’aiuto del fratellastro riesce ad evadere; Baby, dichiarata insana di mente viene messa in un ospedale psichiatrico, dal quale però riuscirà ad uscire per ricongiungersi con la sua famiglia. Insieme, nuovamente in fuga, arriveranno in Messico, dove continueranno a sollazzarsi con atti di estrema e gratuita violenza…

L’aura di opere e personaggi cult che hanno accompagnato i primi due capitoli di questa trilogia, gli indimenticati La Casa Dei 1000 Corpi e La Casa Del Diavolo, deve aver spinto Rob Zombie a riportarli in auge, adagiandosi su quanto già fatto precedentemente, pensando di portare a casa il risultato per il solo fatto di riportare sullo schermo nuovamente quegli stessi personaggi e le medesime situazioni che li hanno visti protagonisti in passato.

Bisogna dire che l’”attaccamento” provato nei confronti di Baby, qui ancora più folle e fuori controllo che mai (Sheri Moon sembra ricevere le attenzioni maggiori del regista in questo film che la ritrae nel pieno della sua alienazione mentale dalla realtà), Capitan Spaulding, il cui interprete, malato e morente già durante le riprese del film, è stato omaggiato con un’apparizione fulminea e Otis, a capo della banda di questi rednick senza ritegno, risulta essere forse l’unico motivo per cui arrivare fino in fondo a questa pellicola che, a di là di alcune sequenze decisamente ispirate (inutile dire che sono quelle in cui il gore e l’horror la fanno da padrone), non aggiunge nulla a quanto visto precedentemente e ci restituisce la sensazione di essere di fronte ad un film che non dice nulla, ma vuole a tutti i costi farsi guardare. Risultano, infatti, oltremodo forzati sia il modo in cui i tre sono stati tenuti a forza di cose in vita e l’inserimento di un terzo personaggio sbucato fuori dal nulla per sostituire il povero Sid Haig, poi purtroppo scomparso (c’è da dire però che Richard Brake, chiamato a sostituirlo nei panni del fratellastro altrettanto folle, fa un ottimo lavoro e conferma la sua totale adeguatezza nel portare sullo schermo gente fuori di testa, così come aveva fatto in 31).

Rob Zombie, insomma, ci ripropone lo stesso stile, costituito dall’immancabile pellicola sgranata molto seventies, dalla musica rock di un certo tipo e periodo, dalle zoomate e dagli split screen misti ai ralenti nei momenti clou, senza però proporci al tempo stesso qualcosa che vada oltre la “rimpatriata” tra vecchie glorie di un dittico molto fortunato, ma forse giunto al suo capolinea, prima di questo terzo capitolo che pare non avere una direzione ben precisa, a differenza dei Firefly che si dirigono tra squartamenti e omicidi vari in Messico per sfuggire alla legge e continuare a vivere liberi di fare quello che a loro più piace: perpetrare una violenza inaudita e, soprattutto, immotivata.

E se all’inizio sembra che Zombie voglia intavolare una seppur labile riflessione sull’idolatria del male, con riferimenti ai vari Charles Manson e Ted Bundy, quando si sofferma sul fascino che i tre incarcerati trasmettono al pubblico adorante che si esibisce in piazza al grido di “free the three”, ben presto questo risulta essere un semplice pretesto, molto presto abbandonato, per rimettere in strada i Firefly e farli tornare a scappare e ad ammazzare.

Per carità, ben venga trattandosi di un horror e di una saga che non ha mai voluto avere un impianto concettuale profondo e stratificato, ma qualcosa di nuovo rispetto al passato era anche lecito aspettarselo. Non rimane che crogiolarsi nella sarabanda messicana che alla fine omaggia il cinema di Robert Rodriguez (o lo saccheggia, dipende dai punti di vista), così come in precedenza si era deciso di riferirsi al cinema di Tobe Hooper e Sam Peckinpah.

4 commenti su “3 From Hell: la famiglia Firefly incontra il cinema di Rodriguez, abbandonando Hooper e Peckinpah

  1. Infatti, comunque una rimpatriata che si fa guardare in quanto tale, però era lecito aspettarsi altro…

  2. Uno dei film più brutti visti l’anno scorso e una caduta di stile per Zombie, che avrebbe dovuto fermarsi con The Devil’s Reject, senza aggiungere un terzo capitolo per la famiglia Firefly. Io gli ho sempre perdonato tutto, anche quel Lords of Salem che ha fatto schifo a moltissimi e che io ho apprezzato, ho sempre anche sostenuto la bella Sheri Moon, ma qui le parole “cagna maledetta” sembrano coniate apposta per lei.

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