7500: da Berlino a Parigi, passando per Hannover, rimanendo sempre incollati nella cabina di pilotaggio di un aereo

Tobias è un copilota di aerei molto preciso e professionale, tanto che ha una relazione stabile con una hostess, con la quale ha anche una bambina, ma sul luogo di lavoro cerca sempre di mantenere un certo contegno. Fatte le dovute presentazioni col comandante che lo coadiuverà nel volo che da Berlino li porterà a Parigi, la calma apparente respirata fino a pochi secondi prima, verrà sconsquassata dall’attacco di un gruppo di terroristi islamici che prenderà in ostaggio i passeggeri del volo e farà di tutto per entrare nella cabina di pilotaggio che Tobias è riuscito ad isolare. L’uomo, quindi, si troverà ad affrontare una prova difficilissima: cercare di portare l’aereo a destinazione con il pilota automatico, tenere a freno la furia degli assalitori e cercare di non farsi sopraffare dal fatto che questi ultimi hanno in ostaggio la sua compagna.

Ambientato interamente all’interno dello spazio ristretto della cabina di pilotaggio di un aereo (non più tutto il mezzo, come successo per altri film simili, ma solo una minuscola parte di esso), 7500 riesce grazie a questo espediente a trasmettere un certo senso di claustrofobia, concentrando l’azione nell’ancor più minuscolo spazio del video della telecamera di sicurezza dalla quale il pilota riesce a seguire tutto ciò che avviene all’interno del resto dell’aereo, preso d’assalto dagli estremisti islamici che vogliono a tutti i costi entrare in possesso dei comandi del velivolo, ostracizzati da un uomo estremamente tenace e totalmente dedito al senso del dovere (anche a costo di sacrificare molto dal punto di vista personale, da qui la presenza del personaggio della compagna che non è stato inserito a caso, ma proprio per andare a sottolineare questo aspetto preponderante del personaggio).

7500, infatti, non vuole sondare particolarmente i motivi alla base di questo attacco, né fare un’analisi della situazione socio-politica inerentemente il tema del terrorismo, ma vuole raccontare della tensione vissuta dal protagonista, del suo doversi dividere tra più compiti di capitale importanza come dover gestire una situazione in cui diventa responsabile della vita di tutti i passeggeri dell’aereo, ma anche dover decidere tra personale e collettivo, tra privato e pubblico, senza mai sfociare in patetici e irreali eroismi, ma mantenendo una viva e credibilissima umanità. E questo viene ben trasmesso sia dall’impeccabile interpretazione di Joseph Gordon-Levitt, ormai emblema di un certo tipo di cinema dimesso e indipendente, sia dalla regia che riesce nel difficile compito di creare un’atmosfera ad alta tensione, muovendosi in uno spazio che non lascia la possibilità di destreggiarsi in chissà quale arditezza tecnica, ma che deve giocare con i corpi, i volti e i gesti dei pochissimi protagonisti all’interno di esso.

Ed è per questi motivi che 7500, pur non essendo memorabile o imprescindibile, si discosta leggermente dal solito action movie con assalitori e assaliti messi a confronto, cercando di andare più in profondità, non tralasciando però in alcun modo anche il semplice intrattenimento. Non ci sono momenti di stanca, insomma, anche se in fase finale qualche retoricismo (soprattutto per quanto concerne il più giovane dei terroristi), fa capolino nei dialoghi e nei rapporti interpersonali che si vengono a creare all’interno dell’aereo. Ma al di là di questo e considerando che si tratta di un esordio, si può tranquillamente asserire che 7500, quasi del tutto privo di commenti musicali extradiegetici, con l’incessante bussare e battere dei terroristi contro il portellone della cabina di pilotaggio (espediente che rende il tutto più realistico da un alto e più insostenibile dall’altro), conquista perché riesce a trasmettere con poche pennellate registiche l’enorme senso di impotenza che coglie il co-pilota costretto a subire le azioni dei terroristi al di fuori della cabina di pilotaggio, con l’unico intento di portare l’aereo in salvo con un atterraggio di emergenza, pervenendo ad un epilogo in cui non ci saranno né vinti né vincitori.

 

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