Attenti al buffone

REGIA: Alberto Bevilacqua

CAST: Nino Manfredi, Mariangela Melato, Mario Scaccia, Eli Wallach, Enzo Cannavale, Adriana Innocenti
ANNO: 1975

TRAMA:

Marcello, musicista di strada, torna a casa da un concerto e non trova più moglie e figli. La consorte l’ha abbandonato per seguire l’amante ricco e prepotente, Cesare. Ha inizio così una lotta incentrata sul sarcasmo, l’intelligenza e la sagacia contro l’ignoranza, la stupidità e la cupidigia.

 


ANALISI PERSONALE

Il noto romanziere a volte ha prestato il suo talento al cinema. In questo caso il suo progetto è a dir poco ambizioso e pretenzioso e, a dirla tutta, non riesce a raggiungere pienamente l’obiettivo che molto probabilmente si era prefisso. La pellicola, permeata da una patina di intellettualismo a tratti irritante ed esageratamente ostentata ma a tratti anche pungente e salace, ha dei momenti di alta ironia intelligente e sagace, ma purtroppo ha anche numerose cadute di stile e scene di gusto incerto e di dubbia eleganza e raffinatezza. Interessante il tema portante che è quello della supremazia dell’intelligenza e dell’astuzia, della cultura e della ricchezza interiore a discapito della mera e cieca ambizione, della cupidigia, dell’ingordigia e dell’avidità. Là dove ascoltiamo quasi rapiti i discorsi del protagonista Marcello, sia con l’amico di sempre, sia con i suoi “genitori” (o quelli che gli hanno fatto da genitori), sia col cameriere del suo rivale, veniamo poi subito colti da una sorta di repulsione e avversione per il personaggio di Cesare, ma soprattutto di Giulia, la consorte fedifraga.
Al tema del tradimento, che fa solo da pretesto per rappresentare ben altro, subentrano numerose questioni che contribuiscono forse a svalutare la più interessante lotta tra bene/male, intelligenza/ignoranza, come lo sguardo sugli innumerevoli vizi di Cesare e compagnia (che vanno dal sessuale al culinario, che costituiscono però la parte meno riuscita della pellicola e la più oscena).

Marcello (un ipnotico Nino Manfredi) fa il violinista e per questo molto spesso è lontano da casa. Ad accompagnarlo nei suoi viaggi il fedelissimo amico Lolò (il simpaticissimo Enzo Cannavale), che non si è mai fidato della moglie dell’amico. Giulia (la mal “sfruttata” Mariangela Melato), è infatti una donna molto particolare, che non ci pensa due volte ad abbandonare quello che è stato il suo compagno per 10 anni e a seguire lo spregevole e rivoltante Cesare (l’impressionante Eli Wallach), l’unico in cui forse può specchiarsi e rivedersi. Quando Marcello torna a casa per festeggiare il Natale, trova tutto sottosopra e, dopo l’enorme delusione e il duro colpo, si reca con Lolò nel luogo dove soleva passare le giornate della sua infanzia: il mattatoio dove lavorava sua madre. Qui ad attenderlo ci sono Salomone (l’originale Mario Scaccia) e Jolanda (la corpulenta e sanguigna Adriana Innocenti) che gli suggeriscono di vendicarsi del suo rivale. L’unico modo che Marcello ha di combattere è quello di utilizzare le sue armi: l’ironia e il sarcasmo.
Rimasto solo col suo gatto Wolfango Amedeo, viene rapito da alcuni scagnozzi di Cesare e viene condotto al suo enorme quanto pacchiano castello. L’uomo gli offre tutto il denaro che vuole, purchè acconsenta ad annullare il suo matrimonio per poter liberamente sposare la sua Giulia, che sembra parteggiare ora per l’uno ora per l’altro, senza un minimo di logica.
Ed è così che ha inizio la lotta vera e propria. Marcello si è travestito da buffone, pur sapendo che il buffone è il suo avversario e con la sua sagacia e pungente intelligenza, comincia a sfoggiare le sue armi. Cesare sembra non rendersi conto di aver ingaggiato una lotta nella quale vengono messe alla berlina tutte le sue qualità: volgarità, ignoranza, cafonaggine, scortesia, inadeguatezza, villania e chi più ne ha più ne metta. Giulia sembra godere della disfatta del suo amante e forse cambia idea sulla sua decisione di lasciare il marito. Ma Marcello è inamovibile, l’unico suo obiettivo ora è quello di mettere in luce la sua superiorità su Cesare e soprattutto tutte le sue nefandezze.
Alla fine Cesare arriverà ad ammettere la sua vera natura al suo nemico, che lo porta in giro per Roma in groppa ad un cavallo. Ma non sembra dolersene, anzi pare quasi di aver trovato un vero e proprio “amico”, un punto di riferimento a cui ispirarsi per migliorare. Ma l’obiettivo di Marcello era proprio questo: abbandonare il suo nemico dopo averlo reso estremamente vulnerabile.

Una pellicola a tratti visionaria con moltissimi spunti interessanti: il personaggio del cameriere ad esempio è quanto di più arguto e interessante si potesse desiderare. Anche la figura di Marcello, sebbene a volte un po’ troppo accentuata, è portatrice di attraenti ed intriganti quesiti. Molte le scene ricche di satira nelle quali il più delle volte il protagonista si fa beffe di coloro con i quali è costretto a confrontarsi: ed è così che lo vediamo schernire il giudice del tribunale della Sacra Rota (che deve accordargli l’annullamento) o gli amici del suo rivale Cesare. I dialoghi sono così ricchi di una causticità e di battute al vetriolo, da costituire da soli la forza primaria della pellicola che si arricchisce grazie anche all’intensa interpretazione di Nino Manfredi ma anche di Eli Wallach di due personaggi davvero molto affascinanti ed interessanti. Simpaticissima anche la figura di Lolò che sta a dimostrare la semplicità, quella buona, quella vera. Se il film si fosse contenuto senza sfociare in alcune scene davvero sgradevoli (Eli Wallach che impone a Mariangela Melato di leccargli il membro non è proprio il massimo della classe), sarebbe stato davvero un ottimo esempio di cinema sperimentale. Certo rimane il fatto che è estremamente affascinante e molto particolare, con una colonna sonora firmata Ennio Morricone e una sceneggiatura che vede anche la partecipazione, oltre a Bevilacqua, di Manfredi stesso. Alcune esagerazioni (e non solo a livello registico con una serie di improbabili inquadrature e stacchi che sembrano quasi voler essere un’ostentazione da parte del romanziere come a dimostrare di saper fare anche il mestiere del regista) potevano essere livellate, vedi l’ambientazione estremamente vistosa e appariscente per sottolineare la volgarità del suo abitante o l’esasperazione degli aspetti più infimi di Cesare e dei suoi amici.

Tutto sommato, però, il film risulta più che apprezzabile, soprattutto per l’originalità.

Regia: 7
Sceneggiatura: 8
Recitazione: 8
Fotografia: 7
Colonna sonora: 8
Ambientazione: 7
Voto finale: 7,5

 


CITAZIONE DEL GIORNO

"Fermati che ti devo misurare la pressione". "Sono stata sdraiata per venticinque anni, potevi approfittarne !!". (Dialogo tra un’infermiera e una paziente che si è appena risvegliata tratto dal film "Risvegli")


LOCANDINA


8 commenti su “Attenti al buffone

  1. Luciano, se hai tempo e modo perchè no?

    deniel, si mi piacerebbe molto leggere una tua analisi con tanto di riferimenti strambi! 😛

  2. Di Bevilacqua vidi un po’ di anni fa se non sbaglio “La califfa”, non ne ho un ricordo vividissimo…questo pare interessante. Comunque complimenti per aver sottratto all’oblio un altro pezzo di cinema italico: è una cosa secondo me sempre meritevole. Brava!

  3. Eh si pick, sinceramente sono molto interessata al nostro cinema, proprio perchè mi piace trovare dei film che esulano dal deludente panorama cinematografico che ci circonda ^^

  4. solo un pretesto epr spogliare una melato sempre seria e una debuttante loredana berte’

    Ottimo film per tematica, fotografia, sceneggiatura; le scene forti servono alla nostra mente per ricordare l’opera

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