Black Magic For White Boys: la commedia sofisticamente provocatoria con un pizzico di soprannaturale

Larry è un mago che gestisce un vecchio teatro a New York, ma che non riesce a far quadrare i conti perché il pubblico scarseggia sempre di più. Quando decide di affidarsi ad un suo vecchio libro di incantesimi col quale riesce a far scomparire effettivamente delle persone (per poi farle ricomparire o meno in altri luoghi), riesce a risolvere i suoi problemi economici, ma causa una serie di eventi che vanno dalla sparizione di sua moglie, all’interesse di due persone nei confronti dei suoi trucchi, da utilizzare per fini non proprio leciti: un agente immobiliare del tutto interessato a cacciare i neri che abitano in un quartiere che vuole riqualificare e un bambinone di mezza età che pensa di poter vivere delle sole ricchezze ereditate e che non vuole assolutamente lavorare o avere figli, fino a quando non si ritrova a dover gestire una gravidanza del tutto inaspettata.

Un’opera che ha molto da dire, forse anche troppo (infatti l’idea nasceva come serie tv, poi trasformata in film all’ultimo momento) e lo fa con l’arma del sarcasmo, dell’ironia sofisticata e del politicamente scorretto: vedasi la scena del colloquio di lavoro di uno dei protagonisti, dove paradossalmente l’uomo bianco viene indicato come vittima di un sistema che tende ad accusarlo per ogni ingiustizia nel mondo, cosa che dovrebbe portare tutti gli uomini bianchi a compattarsi, fosse anche contro le donne, i neri e le varie minoranze, salvo poi dirsi disponibile a farsi passare per appartenente ad una di queste minoranze se dovesse servire per ottenere il lavoro.

Ma non è questo l’unico momento in cui sarcasticamente il regista, qui anche protagonista Onur Tukel, si lascia andare ad un’osservazione pungente di molti degli aspetti che contraddistinguono la società e l’uomo moderno (ci sono durante il film, infatti, molti dialoghi e situazioni in cui ci ritroviamo a sorridere per come certi “tarli” vengano portati a galla, senza mai effettivamente mostrarli, ma raccontandoli con l’arma dell’ironia, appunto).

Al centro della narrazione suddivisa in capitoli, cosa che fa pesare un po’ meno la discontinuità di contenuti che spesso si percepisce col passare dei minuti, Black Magic For White Boys (già dal titolo un ironico riferimento all’ipocrisia che spesso accompagna chi si fa assertore di determinati tipi di discriminazione, sociale, razziale o sessuale che sia), ci presenta una serie di personaggi ottimamente interpretati che si fanno emblema di molti temi aventi come comun denominatore le discriminazioni di qualsiasi natura e l’inarrestabile insoddisfazione cronica che spesso colpisce anche i meno insospettabili (la figura del nano, uno dei dipendenti del teatro, è notevolmente indicativa in tal senso, visto che, nonostante abbia sempre convissuto pacificamente con la sua natura, per poter conquistare la donna dei suoi sogni, invaghita di un bell’imbusto, decide di fare di tutto pur di diventare più alto, trasformandosi così in tutt’altro e non solo dal punto di vista estetico).

Ovviamente l’elemento soprannaturale è solo un pretesto in questa commedia che vuole parlare di razzismo, misoginia, vanagloria, immaturità e forse soprattutto gentrificazione. Tutti in questo film, insomma, vogliono ad ogni costo far sparire qualcosa o qualcuno, che sia con la magia nera o tramite uno “spacciatore” di innumerevoli pillole per qualsiasi tipologia di problema possa venirvi in mente: chi non ce la fa più a sopportare dei continui e lancinanti mal di testa; chi vuole liberarsi di una personalità poco affascinante e a tratti disturbante; chi non ha nessuna intenzione di diventare padre (soprattutto in seguito ad una gravidanza inaspettata, viste le precedenti dichiarazioni di non fertilità da parte della madre); chi vuole liberarsi dal suo senso di inferiorità (anche dal punto di vista fisico) e chi, infine, vuole far letteralmente fuori dalle loro abitazioni e dai loro quartieri dei residenti di colore e di bassa estrazione sociale, per poter acquistare le loro case a prezzi stracciati e rivenderle nella prospettiva di creare delle nuove zone residenziali di alto livello.

Seguendo le vicende di questi personaggi, inframmezzate dai commenti dei neri che parlano del cambiamento del loro quartiere fermi al semaforo o che si riuniscono per fare fronte comune contro il “diavolo bianco” (l’agente immobiliare che vuole farli sparire e che con molti di essi, grazie alla magia, ci riesce), si ha tempo e modo di sorridere per il tono quasi scanzonato e surreale con cui vengono esposti certi concetti e di rifletterci al tempo stesso, pervenendo alla conclusione che forse, quello di scomparire, potrebbe essere in fin dei conti il male minore.

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