Cabin fever

REGIA: Eli Roth

CAST: Rider Strong, Jordan Ladd, James DeBello, Cerin Vincent, Joey Kern, Arie Veerven

ANNO: 2002

TRAMA:

Cinque amici per festeggiare la fine del college decidono di passare una settimana in un cottage di campagna. Durante la loro prima notte riceveranno la visita di un uomo interamente coperto da piaghe che chiederà il loro aiuto e dal quale si prenderanno un terribile virus.

 



ANALISI PERSONALE

Eli Roth ci prende in giro, e lo fa davvero alla grande. Gioca con noi spettatori amanti dell’horror e ci ripropone passo dopo passo, rendendoli se possibile ancora più banali e ridicoli, tutti i topoi di ogni film del genere che si rispetti. I protagonisti sono giovani e stupidissimi. Tra di loro ci sono relazioni sessuali e non e amicizie di lungo corso. Man mano cominciano a morire e le loro morti sono efferate e crudeli proporzionalmente al loro grado di antipatia. Le citazioni si sprecano, si passa da La casa a Non aprite quella porta, senza contare numerosissimi altri omaggi ai registi che hanno reso grande l’horror e anche lo splatter. Eh si, perché Roth non ci risparmia nemmeno la visione di fiotti e fiotti di sangue che vanno ad inondare letteralmente i volti e i corpi degli sfortunati protagonisti, nonché una serie di arti mozzati, di volti scheletrici, di corpi squartati e via dicendo. Cosa rende allora Cabin fever, diverso da tutti gli altri horror di infimo livello? L’originalità e se vogliamo l’unicità di questa pellicola sta nel fatto che in fondo Roth gioca col genere, si diverte a farne un’intelligente e divertente parodia che sicuramente ha dei momenti di stanca (come nell’incipit che risulta essere quasi insopportabile proprio perché non si riescono ancora a comprendere i reali intenti del regista), ma che ci accompagna fino al finale con una serie di sequenze davvero ben girate e di personaggi al limite dell’assurdo (anche senza leggere che dietro la produzione c’è il nome di Lynch, il genio verrà in mente a più di uno spettatore smaliziato, anche perché la colonna sonora è firmata niente poco di meno che Badalamenti). Di particolare fattura è la sequenza del racconto attorno al fuoco, uno dei ragazzi (il più biondo, il più bullo, il più stupido e il più antipatico) si diletta in una storia dell’orrore per spaventare e al contempo intrattenere i suoi amici. Suddetta storia, evocata anche per immagini, è assolutamente slegata dal contesto della pellicola e ci mostra una serie di freaks (ecco che Lynch non può non venirci in mente) tra i quali anche l’uomo sempre sorridente, interpretato dal fratello del regista. Lo stesso Roth compare nelle vesti di uno di questi strambi personaggi che popolano la pellicola e che nulla hanno a che vedere con il contesto generale, ma che contribuiscono a rendere il film più interessante e soprattutto diverso dagli altri suoi simili. Il personaggio in questione è un ragazzo che vuole unirsi al gruppo per fumare un po’ di erba in compagnia, ma che poi ci viene mostrato gettato in una grotta col corpo spezzato letteralmente in due parti. Esilarante anche la figura dello sceriffo che non pensa ad altro se non “a fare baldoria” e che causerà non pochi problemi ai ragazzi bisognosi di aiuto. Ma molto probabilmente le figure più emblematiche sono quelle dei gestori di un negozio nel quale si recano i ragazzi all’inizio, figure che incarnano il terrore e la paura, nonché la diffidenza per tutto ciò che è diverso da noi e a noi estraneo, come dimostra la sequenza nella quale insieme decidono di andare nel bosco e di far fuori i ragazzi ormai colpiti dal virus con il loro ridicolissimo kit. Indimenticabile, oltre che completamente folle e priva di senso, la figura del bambino asessuato con tanto di parruccone biondo che morde tutti gli avventori del negozio che gli si siedono accanto e che ad un certo punto si esibisce in un’incomprensibile danza a suon di mosse di karate. Ma il nonsense permea gran parte della pellicola, trasportando lo spettatore verso altre dimensioni e mescolando l’orrido e lo splatter ad una giusta e buona dose di ironia e di autoironia, oltre che a numerose sequenze girate davvero con abilità, prima su tutte quella in soggettiva del cane impazzito e famelico che insegue i ragazzi. Pur essendo un semplice divertissement con il quale il regista ha voluto al tempo stesso omaggiare e ridicolizzare un determinato tipo di cinema, Cabin fever non è privo di una morale di fondo, di un cosiddetto sottotesto. Al di là del virus che è portatore di lampanti verità, come la suddetta paura per il diverso, nel film possiamo notare una sorta di critica all’umanità intera permeata dall’ipocrisia, dal più becero egoismo e da un estremo individualismo, basti notare il comportamento di ciascuno dei cinque ragazzi man mano colpiti dal virus. Il finale, che ci regala più di una risata riprendendo una battuta recitata dal vecchio gestore del negozio, ci restituisce anche il concetto del male che si trova proprio dove meno ce lo aspettiamo, nelle cose, nei luoghi, nelle persone da noi ritenute più innocue.

VOTO: 7/7,5

 



CITAZIONE DEL GIORNO

Se non cambi, non cresci. Ti accartocci e basta. (Mia Farrow in "Mariti e mogli")


LOCANDINA

21 commenti su “Cabin fever

  1. Bè non è che abbia fatto chissà che altro. Ha fatto solo Hostel 1 e 2. Il primo non mi è piaciuto per niente, ma dovrei rivederlo sinceramente. Il secondo non l’ho visto.

  2. Ho apprezzato molto Cabin Fever, lo trovo uno degli horror migliori degli ultimi anni, per la sua abbondante dose di macabro umorismo, di carne e sangue esibiti con coraggio, di una profonda cattiveria ben lontana dagli horror edulcorati degli anni ’90. Per me fu una piacevolissima sorpresa. Peccato che poi Roth si sia subito sputtanato ai miei occhi con quella porcheria di Hostel.

  3. Cine, quindi ricordavo bene che Hostel era na mezza schifezza. Comunque anche io sono rimasta piacevolmente sorpresa da questa pellicola.

  4. Un grandissimo film pieno di trashate cult, dall’uomo della baldoria sino al fucile per i negri, dal bimbo pan cake al finale stile notte dei morti viventi… peccato che poi Roth sia diventato lo splatter marchettaro delle due porcherie chiamate Hostel…

  5. Ottimo film, visto in una sala in cui eravamo 4 😀

    L’effetto era e resta molto straniante, in effetti Roth vuole proprio ottenere questo giocando come giustamente scrivi con i topoi del genere in modo da sembrare che li ossequi, ma in un certo senso è come se li svuotasse: esercizio di stile nel senso più nobile del termine.

    “Hostel” rappresentò per me una delusione cocente, ma per fortuna ho in larga parte ritrovato l’Eli Roth di questo film nel suo sottovalutato sequel.

    Davide DG

  6. Eli Roth penso abbia il pregio di divertirsi e divertire. Anche se forse ha abbassato notelvolmente la mira con i due Hostel (ma non sono poi così male), lui si diverte a girare questo tipo di film e dare allo splatter un tono forse anche più giocoso, anche se ovviamente come lo splatter impone, gli schizzi di sangue si sprecano.

  7. Cavolo che coincidenza!

    Pensavo a “Cabin Fever” proprio l’altra sera, mi è tornato in mente dopo aver visto “Rovine” (avevo già preparato il dvd per l’ennesima visione 😛 ).

    Adoro letteralmente questo film! Hai sottolineato bene l’intento di Roth: giocare con noi e prenderci in giro.

    Roth prometteva benissimo, peccato poi siano arrivati i 2 imbarazzantissimi “Hostel”. Viene il dubbio che questo “Cabin Fever” sia così riuscito proprio a causa di quella personcina alla produzione…

    Sicuramente tra i migliori horror degli ultimi 10 anni, insieme a “Scream”, a “The Descent” (capolavoro!) e a tutto ciò che porta la firma di Rob Zombie 🙂

    Ciao,

    Lore

  8. Claudio e Mauro, in effetti se non si è appassionati del genere forse può non piacere affatto.

    Lorenzo, infatti, anche io mentre ieri sera guardavo Rovine, ho pensato a Cabin Fever!!

  9. Letto l’interessante post e i commenti devo preoccuparmi per non averlo visto. Da segnare nell’elenco dei film da recuperare.

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