Caccia al ladro

REGIA: Alfred Hitchcock

CAST: Cary Grant, Grace Kelly, Jessie Royce Landis, Brigitte Auber, Charles Vaner, John Williams
ANNO: 1955

TRAMA:

John Robie, in passato ladro di professione col soprannome di “gatto”, si è ora ritirato a vita privata nella sua villa in Costa Azzurra dove coltiva vigneti e rose, ma una nuova serie di furti di gioielli perpetrati con la sua stessa tecnica ha virato i sospetti su di lui che si arma quindi per smascherare il nuovo gatto.

 



ANALISI PERSONALE

E’ difficile che la coppia Hitchcock/Grant possa deludere in alcun modo. Se poi ci aggiungiamo la classe, l’eleganza, la leggiadria e lo stile della meravigliosa Grace Kelly, il risultato non può che essere più che soddisfacente. Caccia al ladro non è sicuramente uno dei migliori film in assoluto del regista (che non ha quasi mai sbagliato un colpo però), ma è molto probabilmente il più simpatico e divertente, nonché quello più ricco di glamour data l’ambientazione francese da favola e i costumi indossati dai due meravigliosi protagonisti, icone allora come ora di finezza, grazia e signorilità.
Un giallorosa che è anche una piacevole commedia, con tanti personaggi di contorno che fanno accrescere il dubbio sull’identità del personaggio misterioso che imita il modo di rapinare che fu distintivo di John (anche se sinceramente ad un certo punto del film appare quasi palese, ma non per questo la pellicola ne risente) e due protagonisti che non possono sfuggire alla morsa dell’amore. La più spassosa e spiritosa risulta essere la mamma di lei, che rimane subito colpita dal fascino di John e gli riserva tutte le sue simpatie, anche dopo che scopre il suo oscuro passato. Un intreccio che appare semplice e che si riduce alla corsa e rincorsa tra John e il suo rivale oscuro, ma anche tra John e la polizia da un lato e i suoi vecchi colleghi di malefatte dall’altro. Un unico enigma (l’identità del nuovo gatto) che non ha il ruolo di protagonista nel film, dato che ad interessare è più che altro la sorte dell’affascinante e ammiccante John, che pare non potersi fidare più di nessuno, se non di sé stesso e del suo fiuto.
Inutile rimarcare la completa padronanza della macchina da presa posseduta dal Genio, padronanza che in questo film risulta ancora più visibile, dato che si tratta forse di uno dei più perfetti dal punto di vista puramente tecnico. Una fotografia eccellente e superlativa, che vinse giustamente l’Oscar, nominata insieme alle scenografie e ai bellissimi costumi; alcune sequenze che sono entrate nella storia del cinema; una sceneggiatura semplice ma incisiva con alcuni tra i migliori dialoghi mai sentiti al cinema tra due innamorati e con alcune sorprese davvero inaspettate (il regista conosceva bene la differenza tra suspance e sorpresa e in questo film abbandona la tanto cara amata suspance per dare invece più spazio alla sorpresa); una direzione degli attori che la dice lunga sulla competenza e
conoscenza del mestiere da parte di Hitchcock.
Tra spiagge in cui si può fare la conoscenza di donne bellissime e di bagnini sospetti, ristoranti diretti da brutti ceffi dall’espressione poco rassicurante, ville gestite da corpulente domestiche e alberghi lussuosi e da favola; si svolgono le vicende del buontempone ma pungente John e della sofisticata ma gioviale Frances con una mamma forse più giovane di lei, se non proprio nel corpo, almeno nello spirito.

Tre le sequenze giustamente ricordate per la loro eccezionalità sia dal pubblico che dalla critica: quella dell’inseguimento tra John e Frances a bordo di una jaguar (guidata dalla donna che dimostra un eccessivo dominio della guida) e dei poliziotti che gli stanno alle calcagna, inseguimento che costituisce forse l’unico momento di suspance (oltre a quello finale che però è forse di portata inferiore a questo) che termina con un momento di sorpresa (un camion che sbuca all’improvviso facendoci quasi saltare dalla sedia); quella del loro lungo bacio (seguente a quello dato inaspettatamente da lei a lui sull’uscio della sua stanza la sera prima) inframmezzato da fuochi d’artificio che si vedono in lontananza attraverso la finestra della stanza d’albergo (scena che è stata ripresa da numerosissimi altri film) e quella finale del ballo in maschera (con dei costumi davvero spettacolari) nel quale viene messo in atto l’ingegnoso piano per smascherare il gatto. Ma ci sono altre tre sequenze, ingiustamente dimenticate o non citate o ricordate da pubblico e critica e sono quella della scena di gelosia di Frances verso la ragazza (la figlia di un vecchio “collega” di Grant) con la quale John era scappato dal ristorante quando era arrivata la polizia: i tre sono in mare e lui guarda quasi compiaciuto le due donne che se lo contendono e che si battono a suon di battute taglienti e quasi offensive; quella spassosissima del mercato di fiori a Nizza, nella quale una signora alterata dal trambusto creato da uno dei numerosi inseguimenti che ingaggia John, lo “picchia” a suon di fiori in testa; nonché quella alla villa di uno dei più ricchi residenti di Nizza, dove John cerca di incastrare il gatto e dove viene aggredito nel buio alle spalle da qualcuno di cui non si vede il volto e che brandisce contro di lui un enorme martello (tipica scena alla Hitchcock).
Un altro piccolo grande tassello nell’enorme puzzle di meravigliose pel
licole firmate Hitchcock, che ha forse il suo maggior punto di forza nella storia d’amore tra la magnifica Kelly (che all’epoca conobbe il principe Ranieri) e l’ammaliante Grant che ci regala uno dei finali più spiritosi mai visti al cinema, mostrandoci il suo volto preoccupato mentre bacia la donna amata che lo informa dell’arrivo della suocera. Come al solito il regista non ci sta ad uniformarsi alle regole prestabilite e stravolge con un piccolo ammiccamento (come solo lui sapeva fare) un lieto fine, che con questo piccolo accorgimento diventa quasi simpaticamente “tragico”, ma sicuramente originale, particolare e decisamente indimenticabile.

VOTO: 8,5

 



CITAZIONE DEL GIORNO

A me invece Roma piace moltissimo: una specie di giungla, tiepida, tranquilla, dove ci si puo’ nascondere bene. (Marcello Rubini in "La Dolce vita")


LOCANDINA


15 commenti su “Caccia al ladro

  1. Film indimenticabile e divertente (anche se come hai detto non è tra i suoi migliori film). Ma se ne facessero di film così!

  2. Non è tra i miei preferiti del Genio, ma resta un film assolutamente da ricordare, girato e interpretato con grandissima classe.

    Chimy

  3. Luciano e Chimy, è proprio questo quello che sorprende del grandissimo Hitchcock: persino i suoi film “meno riusciti” sono comunque dei capolavori o quasi. Incredibile!

  4. ti candidi a diventare una delle voci più autorevoli sullo zio hitch che ci siano!

    caccia al ladro è molto carino (dovrei rivederlo), un hitchcock veramente brutto, invece, è “il prigioniero di amsterdam”…a mio parere DUE PALLE COSI’.

    mario

  5. Stento a credere che ci possa mai essere un Hitchcock brutto. Quel film che citi non l’ho visto, ti saprò dire in futuro.

    Comunque, non esageriamo. Ho visto parecchie sue pellicole, ho letto qualcosa del maestro, ma una delle voci più autorevoli, magari!!!

  6. Due considerazioni generali che non si riferiscono nello specifico alle tue recensioni Ale.

    La prima è che mi pare che certi autori siano analizzati con l’occhio del “tifoso da stadio” piuttosto che con occhio critico. Hitchcock è uno di questi (burton e i coen altri due esempi) e non è che io non capisca questo atteggiamento, io stesso ho dei miei autori con cui fatico ad essere obiettivo, ma a maggior ragione in questi casi occorre riuscire a guardre oltre le proprie “simpatie”.

    Secondo, se ogni film di una filmografie è un “capolavoro” si finisce inevitabilmente per appiattire tutto.

    Nello specifico Hitch ha come tutti gli autori molto prolifici degli inevitabili alti e bassi.

    Questo film in particolare, rispetto a suoi altri, mi appare che soffra molto di più il passare del tempo, ma questa è ovviamente solo un’opinione personale.

    Trovo inoltre che manchi la verve delle sue pellicole migliori e soprattutto quel pizzico di cattiveria che lui come pochi sapeva aggiungere.

  7. Io sono d’accordo sul fatto che non sia uno dei suoi lavori migliori, però a mio avviso rimane di sicuro un buonissimo film (al di là del mio tifo da stadio per Hitchcock). La verve io l’ho ritrovata non solo in Cary Grant, ma anche nel personaggio della mamma di lei e in lei stessa (la scena dell’inseguimento o anche quella del picnic in macchina lo dimostrano, per non citare la scena già da me citata della fioraia o il finale con lui che quasi si terrorizza alla notizia dell’arrivo della suocera).

    Per quanto attiene Burton non credo di avere l’atteggiamento da te descritto, tant’è che ad esempio Il pianeta delle scimmie dire che mi fa schifo è dire poco…

    Per i Coen non saprei, fin’ora ho vito solo film straordinari, se dovessi vederne uno che non mi piace, lo direi tranquillamente.

    Detto questo, è normale che certi registi siano parte della nostra interiorità e ci appaia più difficile criticarli, ma non è detto che per questo si perda di credibilità, almeno spero.

    Comunque sia, Caccia al ladro non è un capolavoro hitchcockiano, ma a mio parere è un film validissimo.

  8. A causa del poco spazio (e tempo purtroppo!) non sono riuscito a rendere chiaro che gli esempi che ho fatto non si riferivano specificamente a te ma a una tendenza che vedo un po’ ovunque di incensare un po’ a priori certi autori, alcuni dei quali piacciono anche a me.

    Prendila come un’esortazione, che rivolgo anche a me stesso, nel cercare di affinare un certo senso critico anche e soprattutto nei confronti di ciò che più ci piace.

  9. No, cine, avevo capito che non era rivolto direttamente a me, però mi ero resa conto di essere parte anche io di quel meccanismo di cui parlavi, per cui cercavo un minimo di scagionarmi 😛

    Comunque sia, hai ragione. Molte volte la “faziosità” per i registi del nostro cuore ci rende quasi ciechi di fronte alle pellicole.

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