Colour from the dark

REGIA: Ivan Zuccon
CAST: Debbie Rochon, Michael Segal, Matteo Tosi, Marisya Kay
ANNO: 2008

Pietro e Lucia vivono in un casolare di campagna con la sorella di lei, Alice, affetta da turbe psichiche. Un giorno, dal pozzo presso cui si procurano l’acqua si scatena una strana potenza che si impossessa prima di Lucia e poi anche degli altri abitanti della casa, scatenando l’inferno.

Nonostante le avversità a cui è andato incontro il regista per riuscire a portare a termine la lavorazione di questa pellicola, si può facilmente e naturalmente asserire, a fine visione, che si tratta di un film decisamente interessante oltre che di ottima fattura sotto molti punti di vista. Un horror che ci fa ricordare nostalgicamente, e forse anche rabbiosamente dato che non è più presente nel nostro panorama cinematografico, quel grande cinema di genere degli anni passati contrassegnato dalle geniali e indimenticabili pellicole di registi cult come Lucio Fulci, Mario Bava e company. La dimostrazione lampante del fatto che il nostro cinema ormai non accetti più pellicole così particolari e indispensabili per gli appassionati del genere, ma decisamente apprezzabili per la loro alta qualità anche per chi ama la settima arte in generale, sta proprio nel desolante e triste “esilio” cinematografico a cui è stato costretto Ivan Zuccon, regista dal talento indiscutibile e dalle idee originali, che non mancano però di omaggiare registi e film di una certa stagione aurea dell’horror italiano e non. In questo caso per esempio non si possono non notare le citazioni “friedkiniane” che si riferiscono alla sua pellicola più famosa, “L’esorcista”, visto che Lucia (interpretata da una bravissima e bellissima Debbie Rochon, icona di un certo cinema horror) viene letteralmente impossessata da una sorta di demone, venuto fuori dal pozzo, che la spinge e costringe a compiere gesti sempre più efferati e terribili. Ma le conseguenze della fuoriuscita del maligno dalle profondità apparentemente tranquille e rassicuranti del pozzo che solitamente è fonte di sostentamento per la famiglia, non si fermano qui, visto che dapprima sembra donare speranza alla povera famiglia vessata anche dai disagi della guerra (la pellicola è ambientata durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, mostrandoci l’orrore della stessa forse ben più terrificante di quello che colpisce la famiglia di contadini) e poi la fa precipitare nella disperazione e nell’orrore più assoluti. Pietro, il capofamiglia (interpretato da un valente Michael Segal, attore feticcio del regista), rimane davvero sorpreso quando il suo ginocchio riprende a funzionare o quando la sua adoratissima cognata, Alice (interpretata da un’agghiacciante e incisiva Marisya Kay), dopo anni di mutismo riprende a parlare o, meglio ancora, quando il suo orto comincia a dare frutti inaspettati dalle dimensioni e dai colori davvero invitanti. Molto presto però, il delirio si impossesserà di sua moglie Lucia a cominciare da un appetito sessuale fin troppo estremo, fino a giungere ad atti di autolesionismo come quando si infilza un grande coltello nella mano. Ma non finisce qui, perché quando Pietro si accorge che sua moglie ha qualcosa dentro di sé, decide di rinchiuderla nel granaio all’interno del quale la donna è costretta a combattere, soccombendo, contro la potenza che si è annidata dentro di lei. A nulla varranno le visite della sorella adorata o del prete che terminerà la sua opera di esorcismo con un crocifisso conficcato nell’occhio. Proseguendo il racconto della “follia” di Lucia che arriva a fare da contraltare al turbamento psichico di Alice che non si separa mai dalla sua bambola di pezza Rosina, attraverso la quale comunica col mondo esterno (a tal proposito davvero inquietante e ben riuscito l’incipit con la ragazza che si aggira con la sua bambola tra il pozzo e la sua stanza), Ivan Zuccon e conseguentemente lo sceneggiatore Ivo Gazzarrini (collaboratore storico del regista), rendono  notevole “Colour from the dark” (ispirato a “The colour ouf of space”, di Lovercraft, autore a cui Zuccon è molto affezionato), anche per la componente prettamente orrorifica che lo contrassegna, con momenti di alto impatto visivo ed emotivo e con un’altissima resa scenica, grazie anche agli effetti speciali curati da Massimo Storari, l’efficacissimo trucco di Fiona Walsh (davvero riuscitissimi a tal proposito i contrasti tra la natura dapprima rigogliosa e poi sempre più fatiscente, l’amenità della casa di Pietro poi scombussolata dai crocifissi sciolti sul muro e dalle pareti sempre più ricoperte da strane poltiglie e l’aspetto fisico e caratteriale di Lucia, dapprima donna bellissima e dolcissima, poi vero e proprio “mostro” dalle orribili fattezze e comportamenti) e la bellissima fotografia che diviene sempre più cupa man mano che l’orrore si riversa sulle vite dei protagonisti.

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