Conferenza stampa – Pride & glory


Il regista Gavin O’Connor armato di telecamera con la quale riprende il pubblico e l’attore Colin Farrell con capelli lunghi e anfibi slacciati, mettono a disposizione il loro tempo e le loro conoscenze per rispondere alle domande dei giornalisti che hanno appena visionato il poliziesco metropolitano Pride & Glory.

Una delle qualità di questo film è quella di rappresentare una realtà moderna con uno stile classico, come si è giunti a questo risultato? Ci sono dei film al quali si è ispirato o che l’hanno influenzata?
Gavin O’Connor: “In realtà il mio è stato un processo inconscio, non stavo pensando ad un film in particolare. Non c’è stata una consapevole ricerca della struttura classica. Man mano che continuavamo a scrivere le cose venivano fuori naturalmente. Se è ravvisabile una struttura classica nel nostro film, non è stato fatto in maniea deliberata.”

Il sistema di riprese della pellicola è molto particolare, con i personaggi che vengono seguiti quasi sempre da dietro o con inquadrature davvero molto ravvicinate. Cosa volevate esprimere con questo metodo di regia?
Gavin O’Connor: “Lo stile visivo del film dipende dal taglio dato alla storia. Volevo che il pubblico si sentisse al centro della storia e non uno spettatore. Ecco spiegata la soggettività delle scene. Quando poi bisognava trovarsi al centro dell’azione ho deliberatamente cercato di trasmettere un senso claustrofobico, ma è proprio così che è la vita.”

Lei è figlio di un poliziotto e non ha voluto girare il suo film subito dopo l’11 settembre? Come l’ha segnata questa esperienza di vita personale?
Gavin O’Connor: “Sì, mio padre era un poliziotto di New York, quindi la cultura che vediamo nel film è la cultura con la quale sono cresciuto da ragazzino. Mio padre però era un poliziotto molto poco ortodosso: durante le pattuglie suonava la chitarra e il suo collega scriveva poesie. Ma aveva anche un sacco di colleghi tradizionali, da cui ho tratto l’ispirazione per la sceneggiatura. Non ho voluto girare la pellicola subito dopo l’11 settembre, perchè volevo raccontare qualcosa di molto specifico. In quella tragedia, che ha segnato indelebilmente tutti noi, ho perso molti amici, è stato un evento significativo. Quello che avevo in mente per questo film era raccontare la corruzione delle istituzioni, che è diventata ancora più lampante proprio dopo l’11 settembre. A New York si era soliti definire il corpo della polizia come “un muro di gomma blu”, una realtà impenetrabile. Ho raccontato l’istituzione che conoscevo in maniera diretta per mostrare quella che è la realtà in generale. Con gli altri componenti del cast, prima di cominciare le riprese, ci siamo riuniti spesso per chiacchierare e non necessariamente della polizia. Poi loro hanno seguito dal vivo delle reali indagini di polizia, un espediente di lavoro che abbiamo chiamato “il metodo”.”

Lei entra ed esce dal ruolo di poliziotto molto spesso, come si sente in rapporto a questo tipo di personaggi?
Colin Farrell: “In effetti nel corso della mia carriera ho interpretato spesso il ruolo di esponenti del mondo della giustizia, ma spesso mi ci sono ritrovato per caso. In effetti il più delle volte mi ritrovo con un’arma in mano, anche se le armi non mi piacciono affatto.
Comunque ho imparato che ai margini di questa realtà, c’è sempre spazio per mettere in dubbio gli ideali etici, filosofici, ecc.. Parlando di questo film in particolare c’è un contrasto molto netto tra l’uomo di legge è l’uomo che in realtà è il personaggio che interpreto. E’ difficile riuscire a giudicare questo personaggio, avere un’opinione ben definita su di esso.”

La sua è stata davvero una carriera sbalorditiva. Che cosa le ha insegnato il cinema, mantiene ancora lo stesso entusiasmo degli inizi?
Colin Farrell: “Altrochè, anzi sono più entusiasta oggi che mai. Mi sono ritrovato per caso a fare questo mestiere, la mia famiglia non era di certo acculturata, io ho giocato a calcio fino all’età di 15 anni, era quella la mia passione. Quando mi sono ritrovato a fare l’attore ho avuto la possibilità di esplorare con curiosità il mondo. Questa curiosità col tempo si è andata sempre più scemando, ma devo ammettere che negli ultimi due anni e mezzo è magicamente ricomparsa. Amo moltissimo il mio mesteire, il cinema esprime i nostri ideali, le nostre speranze, i nostri mestieri.”

Il suo è un film di genere con un messaggio davvero molto forte: l’unica maniera per sopravvivere al caos è la verità. Era questo il messaggio che voleva trasmettere?
Gavin O’Connor: “Questa è una domanda interessante, ma comunque si tratta di una questione soggettiva. Io evito di parlare del messaggio del film, perchè ognuno si accosta alla visione delle pellicole con le proprie credenze e i propri ideali.”

Quali sono le caratteristiche che più apprezza negli altri attori e quali vorrebbe che fossero apprezzate in lei?
Colin Farrell: “E’ sempre splendido lavorare con attori curiosi come Jon Voight che lavora da 40 anni e costituisce parte della storia del cinema. Anche Al Pacino ha la stessa curiosità di trovare risposte a domande irrisolte. Io apprezzo moltissimo la curiosità, la creatività e soprattutto la generosità. E’ fondamentale che vi sia collaborazione tra tutti i membri del cast. In questo caso, ad esempio, sarei stato perso senza tutti gli altri attori, ma anche le comparse che mi donavano forza ed energia. Non ho mai pensato a cosa mi piacerebbe che gli altri apprezzassero di me, basta che non mi ritengano un rompiscatole, per il resto mi va bene tutto.”

Che tipo di personaggi la intrigano e le piacerebbe interpretare in futuro?
Colin Farrell: “E’ importante mantenere una certa varietà, nel nostro mestiere non ci si deve ripetere. Bisogna cercare la differenza. Io ho adorato tutti i ruoli che ho interpretato, anche quelli che al momento non mi piacevano. Adesso invece li ricordo tutti con affetto. Ogni esperienza è preziosa. A v
olte mi succede di girare una scena e di rendermi conto che poteva essere girata divertamente e allora ho questa voce che continua a ronzarmi nella testa ed è difficile da mandare via.”

Quasi 10 anni sono passati dall’inizio della sua carriera a Hollywood. Com’è stato questo periodo? Si è pentito di questa scelta?
Colin Farrell: “Si può parlare di capitoli all’interno della propria vita. Io posso parlare di
capitoli di sette anni in sette anni. Per me comunque approdare a Hollywood è stato un processo naturale, ho seguito un percorso guidato sicuramente da me stesso ma anche da una qualche potenza soprannaturale. Non sono ovviamente pentito della mia scelta, perchè altrimenti me ne sarei andato tempo fa. Ho lavorato con grandissime produzioni, ma anche in progetti più piccoli. Nei film più piccoli si ha maggiore libertà creativa, nell’altro caso si hanno sempre i produttori alle calcagna. Non ho mai avuto modo di pensare di essermi venduto l’anima al diavolo o di essermi tradito per essere andato ad Hollywood.”

Come reputa il mestiere dell’attore e il rapporto con il regista? Si instaura una sorta di amore-odio o le cose vanno sempre lisce?
Colin Farrell: “Non so bene cosa significhi essere un attore, sto ancora cercando di trovare la risposta a questa domanda. Adoro le collaborazioni con i registi, esplorare sempre nuove cose con registi che pongono domande, lasciando la risposta nell’aria. Tra me e Gavin è nato un rapporto straordinario, però in realtà ci sono dei momenti di amore-odio perchè questo mestiere comporta momenti di grande vulnerabilità. L’unica cosa che conta è la fiducia e solo in questo caso la vulnerabilità può generare qualcosa di creativo.”

Gavin O’Connor: “Colin è un attore davvero molto curioso. Quando ha cominciato a lavorare con me non aveva pregiudizi, poneva semplicemente un sacco di domande. Per lui è stata un pò come una missione di archeologia o un’inchiesta giornalistica. Non si è mai messo in primo piano, pur essendo una star del cinema non si è mai comportato da divo. E’ stato impegnato, curioso, attento.”

Si dice in giro che Edward Norton sia una persona intrattabile, scontrosa e un pò “rompiscatole”. Com’è stato lavorare con lui?
Gavin O’Connor: “Edward ha cominciato a pensare a questo film quattro anni fa e quindi era davvero molto interessato al progetto. A volte è vero, può essere proprio una “rottura di coglioni”, ma lui lo fa perchè è un uomo di cuore. A volte mi veniva voglia di torcergli il collo, altre volte di abbracciarlo calorosamente. Quando di una persona si dice che è un “rompiscatole” è perchè quella persona ci tiene davvero alle cose che fa, non lo fa tanto per rompere le scatole, ma proprio perchè è interessato ad esplorare intimamente e profondamente tutte le realtà in cui si trova immerso. Tra di noi non ci sono stati problemi, addirittura gli telefonavo per rifare delle scene anche di domenica notte e lui si fiondava subito senza fare obiezioni. Questa è una cosa che non fa quasi nessun attore. Quindi è meglio avere qualcuno che si interessa davvero e che rompe le scatole che viceversa.”

Pubblicato su ww.livecity.it

4 commenti su “Conferenza stampa – Pride & glory

  1. Si, a parte il fatto che regista e attore ci riprendevano e si riprendevano a vicenda con una telecamerina, per il resto del film si è parlato un pò poco e ci si è concentrati sulla star Farrell.

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