E morì con un felafel in mano

REGIA: Richard Lowenstein
CAST: Noah Taylor, Emily Hamilton, Romane Bohringer
ANNO: 2001
 
Danny, all’ennesima esperienza di convivenza con altri suoi coetanei, si ritrova ad affrontare le situazioni più strambe e disparate, alla continua ricerca dell’ispirazione per un suo romanzo e in perenne stato di inquietudine circa la sua situazione sentimentale ed esistenziale. Solo dopo l’avvenimento che dà il titolo alla pellicola, forse, si renderà conto che è arrivato il momento di smettere di aspettare e di agire per diventare ciò che desidera.
 
Film generazionale che fotografa un gruppo di trentenni allo sbaraglio senza arte né parte, ma neanche tanto considerando il talento di fondo del protagonista, “E morì con un felafel in mano” può lasciare spiazzati per il nonsense di alcuni dialoghi, per il surrealismo di certe situazioni e per il tono a volte grottesco col quale si raccontano le peripezie di questi giovani che condividono le abitazioni, ma soprattutto lo sbandato e sregolato stile di vita. Al centro c’è un aspirante scrittore, fan di Jack Kerouak, che di delusione amorosa in delusione amorosa, continua a cambiare casa (nella pellicola osserviamo i cambi di residenza 47, 48 e 49), alla ricerca di un posto nel mondo e di un’affermazione personale che tarda a manifestarsi. Lui è Danny e ha il volto perfettamente compassato di Noah Taylor, attorniano da un cast decisamente in parte chiamato a rappresentare una varietà di personaggi che vanno dall’assurdo all’allucinante. Il tutto diretto in maniera decisa e particolare dal regista australiano Richard Lowenstein che si ispira all’omonimo racconto di John Birmingham per questa sorta di storia di formazione, o piuttosto, di ricerca di un’identità (che sia professionale o sessuale), arricchita anche da una serie di dialoghi a tratti fulminanti, a tratti disarmanti, ispirati alla ben più nota tradizione tarantiniana (non è un caso, infatti, che il film si apra proprio con una discussione di alcuni protagonisti sul film “Le Iene”).
Passano il tempo chiacchierando, il più delle volte di tutto e di niente, facendo sesso, mangiando cibi strani (tra cui il felafel del titolo), litigando, partecipando a riti pagani e cercando di sfuggire dalle grinfie di debitori e poliziotti, questi ragazzi accompagnati dalle note discordanti eppure ben amalgamate di Nino Rota, Moby, Nick Cave, Goran Bregovic, U2 e The Mamas & The Papas con la più volte presente “California Dreamin’”. La particolarità sta nel fatto che lo fanno per i più disparati motivi, chi inseguendo una meta irraggiungibile, chi spinto da strambe filosofie di vita, chi semplicemente per il gusto di farlo.
Forse pecca di diascalismo verso il finale un po’ troppo pedagogico che, con la morte improvvisa e inaspettata di uno dei protagonisti, sottolinea l’assunto di fondo e la tesi alla base della narrazione, ma tutto sommato, escludendo questo leggero passo falso, possiamo considerare “E morì con un felafel in mano” un’ottima pellicola che possiede, così come desiderato dai protagonisti stessi, una forte identità e non passando sicuramente inosservata. Ciò non basta, ovviamente, a declamarne l’imprescindibilità o lo statuto di grande film, ma perlomeno lo rende interessante sotto il punto di vista non solo contenutistico, ma anche stilistico e narrativo. Del resto il suo maggior pregio è fare dell’assurdità (che ha il suo culmine proprio con la morte di uno dei protagonisti davanti alla tv con il già citato felafel in mano), il suo tratto distintivo e caratterizzante, cosa non facile da gestire, ma in questo caso perfettamente e sapientemente dosata.

Pubblicato su www.livecity.it

6 commenti su “E morì con un felafel in mano

  1. questo è fisso nei film che ho detestato:non mi piace la storia,non amo lo stile del film.
    E poi preferisco il kebab al felafel,seppur ottimo!

  2. io farei un monumento al kebab che ho conosciuto durante un viaggio a salisburgo.
    Il film è troppo fighetta-alternativo,grottesco per principianti,ma d'altronde devo ammettere che son un anacronistico,vetusto,tradizionalista del cinema vecchio stampo,(tranne alcune eccezioni)

  3. Mah, io invece sono onnivora. Sia tradizionalista che no, sia fighettina che no, sia pincipiante che no. Sia tutto che niente, insomma. Basta che non sia roba che mi fa schifo, che si tradizionalista, fighettina, principiante o che altro…

  4. fai bene, d'altronde sono uno dei pochissimi che dagli anni 90 non ha mai amato quella nuova corrente cinematografica rappresentata da Tarantino e company.
    Non mi piacciono i dialoghi che devono mostrarsi particolari per forza,i personaggi bizzarri,il citazionismo pompato.

    Ah,vabbè che son old inside e non me ne frega nulla della mia generazione ma i film sui trentenni o 20nni in crisi,allo sbando e altro non mi piacciono gran che.

    A parte Breakfast club,che ha una colonna sonora fantastica!

    ciao davide

  5. Davide, io per certi versi, un po' mi ci rispecchio e allora mi deprimo per poi riprendermi proprio insieme ai protagonisti di questi film. Del resto anche io sono una quasi trentenne allo sbaraglio 🙂

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