Election




REGIA: Johnnie To

CAST:



Simon Yam, Tony Leung Ka Fai, Louis Koo, Nick Cheung, Ka Tung Lam, Siu-Fai Cheung, Suet Lam, Tian-lin Wang, Ping-Man Tam, Maggie Siu, David Chiang, Yong You, Chung Wang

ANNO: 2005



Una delle più antiche Triadi di Hong Kong si ritrova a dover eleggere il nuovo presidente, carica che dura due anni e che viene suggellata dal possesso di un prezioso bastone. In lizza ci sono il più posato Lok e lo scapestrato Big D. A vincere con un numero schiacciante di voti sarà il primo, ma il secondo non si arrenderà così tanto facilmente, scatenando una vera e propria faida all’interno della famiglia per il possesso dello scettro e della carica. Alla fine si giungerà ad un accordo, ma la cosa sarà soltanto apparente.

 

Grande maestro nel racconto della mafia cinese e dei suoi meccanismi più profondi, Johnnie To, ancora una volta, sforna un grandissimo action-movie che però centellina l’azione e abbonda di riflessione. Questa volta ad essere fotografato egregiamente dal regista è il desiderio malsano e pericoloso di potere, o per meglio dire, di onnipotenza e le conseguenze che il conseguimento dello stesso possono portare. Con una lente d’ingrandimento fatta di dialoghi illuminanti, ma soprattutto di soluzioni registiche ed estetiche impagabili, To fotografa con piglio professionale, oltre che decisamente personale, questa famiglia mafiosa che contiene al suo interno tutto il marcio che possiamo ravvisare nel genere umano, nascosto sotto una ipocrita patina di buone intenzioni. Ecco che tutte le azioni compiute dai vari protagonisti della pellicola vengono giustificate con il rispetto di valori quali la fratellanza, la lealtà, l’onore, l’ubbidienza, il sacrificio (esplicative al riguardo le due sequenze che ritraggono la cerimonia di elezione del nuovo presidente). Fatto sta che, a conti fatti, i risultati dimostrano l’inesistenza degli stessi valori, come descrive egregiamente la sequenza finale di un’ulteriore tragedia compiuta in nome del potere, in cui una serie di scimmie osservano il regredire dell’essere umano allo stato animale pur di conservare il proprio primato, la propria superiorità rispetto agli altri esseri della stessa specie, in un vero e proprio ribaltamento speculare tra i due soggetti della scena: la scimmia e l’uomo. Esemplare al riguardo l’utilizzo ripetuto del regista di numerose inquadrature dall’alto, a sottolineare col mezzo tecnico ciò che viene raccontato tra le righe di questa guerra interna per la supremazia assoluta. Non mancheranno, ovviamente, le scene più cruente, ma saranno altrettanto efficaci nella dimostrazione della tesi di fondo: la convivenza di crudeltà e stupidità di questi protagonisti, due qualità che vanno a braccetto, così come ci rendiamo conto durante la visione di sequenze altamente violente e di altre dall’irresistibile retrogusto ironico.

Maestro nel giostrare le scene d’azione e di inseguimento, To ci regala delle sequenze notturne davvero indimenticabili, come l’assalto al camion dell’uomo che trasporta il bastone, con l’entrata in scena di una moto guidata da uno spietato scagnozzo al soldo della Triade; o quella impressionante e assurda al tempo stesso di un uomo che ne sta uccidendo un altro a legnate per recuperare il fatidico bastone per conto di Big D, ma che poi riceve una telefonata in cui gli si ordina di prenderlo per Lok. Nemici e amici a seconda delle circostanze, insomma, in uno smascheramento dell’opportunismo insito nella natura umana e soprattutto in questo micromondo raccontato alla perfezione da To che non fa sconti ai criminali mafiosi sui quali ha deciso di fondare il proprio cinema e la propria narrazione, anche se in altre pellicole ne ha mostrato luci e ombre sottolineando l’effettiva esistenza e osservanza dei valori positivi succitati, comunque bilanciata dalla crudeltà e dalla violenza. Particolarmente efficace e impressionante, poi, la sequenza in cui Big D, dopo aver scoperto di non essere stato eletto, se la prende con due componenti della Triade che avrebbero dovuto appoggiarlo e li tortura facendoli rotolare più volte da un dirupo, imprigionati in alcune casse di legno. E’ anche questa una delle tante particolarità della pellicola, quella della completa assenza di armi da fuoco in una deflagrazione di sangue e morte causate da armi bianche o dalle mani stesse dei protagonisti. Non c’è artificiosità, insomma, nei loro gesti e nelle loro azioni, è tutto insito nella natura umana, da qui l’inesistenza di mezzi “estranei” come le armi da fuoco. Altrettanto interessante l’approfondimento del genere umano e dei sentimenti che lo muovono compiuto dal regista spostando leggermente la lente d’ingrandimento dai banditi ai rappresentati delle forze dell’ordine, qui dipinti come dei propugnatori dell’ordine, piuttosto che della legalità, in una sorta di interscambio tre le due forze in gioco che ha dell’emblematico. I poliziotti arrestano i criminali non perché hanno compiuto azioni illegali, ma per ristabilire l’ordine all’interno della famiglia, per evitare la faida nata dall’espressione della volontà di Big D di creare una nuova Triade, visto che quella di cui fa già parte non lo accetta per quello che è. Ecco che allora vedremo i vari mafiosi uscire ed entrare dal carcere nel giro di poche ore, a seconda dell’utilità di ciascuno di essi all’interno o all’esterno. Una sorta di collaborazione taciuta che però erompe potentemente tra le righe.

Con una fotografia tendente allo scuro, per sottolineare maggiormente il buio dell’anima dei vari protagonisti e un’ambientazione decisamente suggestiva e comunicativa, To sforna un altro due suoi grandi film, arricchito anche da una felice scelta del cast, a partire dai due protagonisti: Simon Yam nel ruolo di Lok, quello che alla fine ci riserverà un’inaspettata sorpresa, lasciando a bocca aperta non solo lo spettatore ma anche suo figlio all’interno del film che scappa sconvolto dall’estrema brutalità appena mostrata dal padre; e Tony Leung Ka Fai nel ruolo di una sorta di “scarface” esagitato che pretende di sovvertire le regole ferree del suo ordine pur di avere uno scampolo di potere. E se all’inizio proprio quest’ultimo, nonostante l’esagerazione di toni con cui viene tratteggiato, traccia la sua distanza emotiva e intellettiva dallo spettatore; verso il finale, quando si alleerà al suo rivale, pur avendo avuto l’opportunità di sopraffarlo e di assurgere al potere così tanto agognato, riuscirà ad attirare tutta la sua simpatia, in un ulteriore ribaltamento di prospettive, che sembra essere uno dei marchi di fabbrica della pellicola. Le dicotomie, insomma, vanno in ordine crescente in una sorta di inarrestabile evoluzione: i due protagonisti, poi i criminali e la polizia e, infine, l’uomo e la scimmia. L’angolazione, insomma, è tutto nella costruzione del punto di vista e To, in questa storia che apparentemente narra solo di mafia, sangue, morte e potere, lo sa benissimo, visto che in realtà, nascosto sotto la superficie, ha intessuto una sorta di “trattato” sulla natura umana.

 

4 commenti su “Election

  1. Ottima recensione Alessandra, hai centrato in pieno le tematiche del film e del punto di vista di Johnnie To. E' la sete di potere il protagonista assoluto del film più degli ottimi Simon Yam e Tony Leung che danno vita a due personaggi complessi e straordinari; la Hong Kong notturna di To fa il resto e il finale è assolutamente fantastico.
    Come saprai esiste un sequel, che di fatto non è un sequel, leggermente inferiore a questo ma che vale naturalmente la pena di vedere.

    Missile

  2. film straordinario, come ben sai amo molto To e questo resta uno dei suoi film migliori. Perchè tralasciando l'azione per la riflessione e l'introspezione dei personaggi, ne esce fuori un film tremendamente cinico, pessimista, la fotografia dell'universo di To (e di molti registi di Honk Kong, a partire dallo stesso John Woo di cui sto rivedendo e recensendo tutti i film girati in patria). Un vero e proprio trattato sulla natura umana, hai proprio ragione, e sul male e la violenza insiti nell'uomo.

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