Episodes e Don’t trust the b—- in apartment 23: autoironia e metatelevisione

Ormai quella dei serial tv americani non è più solo una tendenza, dal momento che se ne producono e mandano in onda in numero quasi spropositato. La serialità, insomma, sembra essere una buona strada per esprimersi più compiutamente e per avere maggiore visibilità. E se di prodotti scadenti e commerciali è pieno il palinsesto statunitense, ciò non toglie che negli ultimi anni si è registrato un fenomeno rincuorante, oltre che foriero di parecchi spunti di riflessione sui mezzi comunicativi. Parliamo del carattere estremamente cinematografico di molte produzioni televisive e dell’alto livello qualitativo e formale delle stesse.

Generalmente sono le reti via cavo a dare maggiori soddisfazioni in questo senso, la HBO su tutte, anche se non sono mancate e non mancano cadute di stile, e fermo restando il fatto che anche su altre reti abbiamo avuto e abbiamo ancora modo di assistere alla messa in onda di ottimi prodotti. Quando parliamo di qualità, però, pensiamo subito a serie drammatiche o di genere, senza considerare, invece, un’importante e significativa fetta delle opere televisive. Parliamo delle cosiddette sitcom, tutte in qualche modo eredi e debitrici del mitico e indimenticabile “Friends”.

Alcune di esse sono ormai delle certezze, nonostante il calo dovuto dopo anni di programmazione. Pensiamo a “The big bang theory” o “How I met your mother”. Altre sono ormai concluse ma hanno lasciato un segno indelebile, come ad esempio “Scrubs”, “My name is Earl” e “Arrested development”. Altre ancora pur essendo recenti hanno conquistato il favore di pubblico e critica, si pensi a “Raising hope” e “New girl”.

Le due sitcom che prenderemo in considerazione, però, hanno un particolare in comune e cioè in qualche modo sono incentrate sull’autoironia e la grande capacità di prendersi in giro di due attori che si esibiscono nella parte di se stessi e giocano con le loro manie, i loro tic, i loro difetti. Stiamo parlando di “Episodes”, da poco ripartito in America con la sua seconda stagione, e “Don’t trust the b—- in apartment 23” che invece sta arrivando al termine della sua prima stagione.

Nel primo telefilm, incentrato sulle peripezie e le perplessità di una coppia di autori e sceneggiatori di una sitcom inglese chiamati a lavorare sul remake americano, il vero mattatore è l’indimenticabile Matt LeBlanc, l’irresistibile Joey di “Friends”, che interpreta se stesso e che si ritrova dopo anni ad avere un ruolo da protagonista, dovendo combattere coi suoi limiti di uomo e di attore. Nella seconda sitcom, avente come protagoniste due ragazze diametralmente opposte che si ritrovano a convivere a New York, la vera sorpresa è il sorprendente James Van Der Beek, anch’egli nei panni di un se stesso un po’ dimenticato da tutti, che però fa il possibile per risalire la cresta dell’onda, partecipando a programmi come “Dancing with the stars”, fornendo la sua immagine per pubblicità di dubbio gusto e dando lezioni di recitazione nelle quali finisce immancabilmente a parlare di “Dawson’s creek”, telefilm che l’ha visto protagonista per sei stagioni, al termine del quale però non ha più lavorato seriamente.

Se “Episodes”, trasmesso dalla Showtime, recitato ottimamente e accompagnato da una perfetta colonna sonora, è contrassegnato da un’ironia più sottile e mirata, volta ovviamente a sorridere ma anche a riflettere sul mezzo televisione e sul fenomeno della serialità; “Don’t trust the b—- in apartment 23”, mandato in onda dalla ABC, risulta più immediato e trascinante, portando comunque ad una serie di considerazioni similari, anche se più scoperte e immediate, tramite le avventure tragicomiche del protagonista maschile. Entrambi i telefilm, comunque, pur essendo di nicchia, dimostrano come sia possibile riuscire a far ridere con intelligenza e acume, lasciando spazio anche ai contenuti.

Pubblicato su www.paperstreet.it

11 commenti su “Episodes e Don’t trust the b—- in apartment 23: autoironia e metatelevisione

  1. Mi avvicinerò a queste due serie, per il resto, quando ho scoperto che “My name is Earl” “non” finiva ho quasi pensato di andare dai produttori ad implorarli incatenandomi ai cancelli degli studios. “Scrubs” è ormai un trauma passato. “New Girl” mi ha preso e attendo la nuova serie. “Big bang theory” non mi ha mai preso, “How I met your mother” è giunto ormai al termine come è giusto che sia.

    1. Bè, The big bang theory all’inizio è stato una sorpresa e non di poco. Adesso è sempre piacevole, ma ha perso un po’ la sua anima iniziale. La cancellazione di My name is Earl è una delle più grandi ingiustizie televisive, sono d’accordo (adoravo quel telefilm). Scrubs almeno fino alla quinta stagione è stato straordinario, poi comunque piacevole fino all’ottava (la nona da dimenticare proprio invece…). New girl a me è piaciuto moltissimo e non vedo l’ora che riprenda. How I met your mother alterna episodi fighissimi ad altri che fanno cadere le braccia, questo a partire dalla quinta stagione fino a questa settima, però lo trovo comunque sempre gradevole (a parte alcune cose evitabilissime). Poi fammi sapere cosa ne pensi di queste due serie se avrai modo di recuperarle.

  2. Carini entrambi, però non li ho trovati esaltanti. Va da sé che, secondo me, la migliore comedy in assoluto resta Community [e anche lì c’è da sbizzarrirsi per quanto riguarda citazioni, generi rifatti e meta-tv/cinema]

      1. Quando lo farai non abbandonare alla prima stagione. Io stavo per farlo come molti, perché, pur essendo carina, non è nulla di esaltante. Ma dal finale della prima in avanti è sempre più meraviglioso.

  3. Mi piacciono tantissimo queste anticipazioni, sono drogato di serie, ma non lo dò a vedere. Leggendo i commenti supplico una nuova messa in onda di Community, ma sono d’accordo su tutta la linea di Inthemoodforcine, e le consiglio vivamente Studio 60 on the sunset strip.

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