Fast Color: i superpoteri come arma per salvare il mondo ma anche per affermare se stessi

Ruth è sola e sta sfuggendo ad un’organizzazione che sembra inseguirla per poterla catturare e studiarne i poteri paranormali. La ragazza, infatti, sembra soffrire a volte di particolari tremori improvvisi che portano a dei veri e propri terremoti inarrestabili. Quando Ruth capisce di non avere più mezzi per fuggire e per badare a se stessa, decide di tornare da sua madre, con la quale non ha rapporti da molti anni, a causa di divergenze troppo grandi proprio sui loro poteri.

Un film sui supereroi senza tutine, senza maschere, senza armi particolari, senza forza bruta e senza un vero e proprio villain, ma con tutti i tormenti interiori tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sul modo di utilizzare i propri poteri e con un mondo da salvare, un mondo dove non piove da quasi otto anni e dove questo ha portato a far salire notevolmente il costo dell’acqua e a desiderare la pioggia più di ogni altra cosa.

In questo mondo si muove Ruth che deve riconciliarsi col suo passato, con sua madre, coi suoi poteri e, soprattutto, con una figlia fin troppo presto abbandonata proprio per paura di ferirla a causa dei suddetti poteri. Poteri che in realtà lei non riesce più a sostenere, arrivando ad avere quegli episodi simili a crisi epilettiche in cui scatena, suo malgrado, l’apocalisse. Quei poteri che, però, la madre e la figlia continuano ad avere, tenendoli nascosti e convivendoci al meglio.

Al di là del fatto che le capacità paranormali delle protagoniste sono rese visivamente in maniera strepitosa e persino commovente, Fast Color non indugia mai in patetismi e ruffianerie nel tratteggio dei personaggi e nel racconto delle loro relazioni spezzate e da ricostruire, così come la Terra ormai prosciugata dall’acqua (ma stiamo parlando solo di acqua in realtà?). E non lo fa per quasi tutta la sua durata fino ad arrivare ad un finale che sfiora “l’americanata”, ma lo fa con stile e misura, senza dimenticare la durezza, la cupezza e l’asciuttezza con cui fino a quel momento ci ha accompagnato, raccontandoci di tre supereroine che guardano alla loro figura e ai loro poteri in tre modi differenti, con la più giovane, che è anche la più curiosa, avventata, coraggiosa e determinata, che vuole scoprire a tutti i costi che natura hanno le loro capacità, che scopo possono perseguire utilizzandole e se nel mondo c’è qualcun altro simile a loro.

Parte da qui l’avventura che Ruth e sua madre si troveranno a vivere, cercando di seppellire un passato fatto di abbandoni, incomprensioni e abuso di alcol e droghe. Un passato che converge in un presente nel quale Ruth dovrà imparare nuovamente a vedere “i colori”, così come riesce a fare benissimo sua figlia, e dovrà capire che scappare non è la soluzione, ma che bisogna lottare per affermare se stessi e per trovare un proprio posto nel mondo. Non è un caso, infatti, che gli “eroi” in questo film siano donne e per di più di colore, così come è una precisa scelta quella di non allinearsi alla moda imperante dei comic book movies che imperversano nelle nostre sale (con tutto il rispetto per molti di essi che offrono spettacoli impagabili e impareggiabili), ma di raccontare con la sola forza dei contenuti e non dei mezzi, una storia molto potente in cui delle madri e delle figlie unendo le loro forze e cancellando le divergenze, ma soprattutto sfruttando al meglio le proprie capacità senza nascondersi o vergognarsi di esse, riescono letteralmente a salvare il mondo.

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