Feedback: film d’assedio o revenge movie?

Il famoso conduttore radiofonico Jarvis Dolan, recentemente attaccato fisicamente da alcuni terroristi poco amichevoli nei suoi confronti a causa delle sue vedute politiche apertamente decantate durante la sua trasmissione in onda, si ritrova a dover intervistare in diretta un suo vecchio collega e caro amico. Durante l’intervista, però, degli individui mascherati e armati prenderanno in ostaggio due dei suoi collaboratori e lo costringeranno a fare determinate domande e a confessare determinate situazioni passate. Si tratta sempre di qualcuno non proprio d’accordo sul suo pensiero circa la brexit o c’è dell’altro?

Di film ambientati all’interno di una stazione radiofonica da cui uscire per i protagonisti diventa impossibile e in cui, anzi, gli stessi dovranno lottare per la propria sopravvivenza, ne abbiamo visti altri in passato. Tra questi il primo che viene in mente, pur non essendo un horror, è Talk Radio di Oliver Stone. Ma molto più recentemente, nel 2008 per la precisione, abbiamo avuto modo di dilettarci con il riuscitissimo Pontypool, horror “zombiesco” in cui l’unica ambientazione all’interno della radio era funzionalissima al discorso sulla forza e sulla potenza, anche distruttrice, che le parole possono avere.

In questo caso, invece, non siamo di fronte a sottotesti che si avvicinano a quelli dei film citati, perché in realtà Feedback è un apprezzabilissimo thriller che inizia come riflessione sulla figura della “star” e su come l’appartenenza a un determinato ambiente ti porta irrimediabilmente ad essere in vista sia positivamente che negativamente, facendoti anche portatore di responsabilità di non poco conto nei confronti dei tuoi “seguaci” (in questo caso degli ascoltatori della radio), per poi rivelarsi un film di suspense costruito con un senso del ritmo non indifferente e con un crescendo sempre maggiore di violenza a tratti quasi insostenibile allo sguardo.

L’altro aspetto positivo del film diretto da Pedro C. Alonso, in cui finalmente forse per la prima volta il bravissimo Eddie Marsan assume il ruolo di protagonista assoluto regalandoci una performance convincente e apprezzabilissima, è che nonostante i “cattivi” mascherati e armati incalzano potentemente mettendo a repentaglio la vita del protagonista e non solo, ben presto le acque iniziano a confondersi e le motivazioni che stanno alla base delle loro azioni portano ad avere dubbi sulla figura centrale dello speaker radiofonico.

Quindi, sebbene non sapremo mai, se non verso il finale, se le accuse che gli assalitori gli rivolgono sono del tutto fondate o meno, cosa che ci lascia in sospeso anche sul tipo di “apprensione” da avere nei confronti di un personaggio piuttosto che altri, rimaniamo comunque con gli occhi incollati allo schermo perché vogliamo assolutamente sapere non solo se quanto “confessato” dal presentatore sia stato estorto a forza o corrisponda a verità, ma anche quale delle due fazioni in campo alla fine avrà la meglio.

Ed è per questo motivo che, se visto dal punto di vista dell’assalito il film può essere considerato un vero e proprio film d’assedio o un vero e proprio survival movie (con tanto di unica ambientazione per tutto il tempo del film), mentre se guardato dal lato degli assalitori potrebbe risultare senza ombra di dubbio un film di vendetta.

Chi sono i veri protagonisti allora? L’indeterminatezza di questa risposta restituisce il valore di questo film che ci lascia con la tristissima consapevolezza che, non importa cosa tu abbia o non abbia fatto, ma quanto tu sia in grado di cavartela nonostante tutto.

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