Film blu

REGIA: Krzysztof Kieślowski

CAST: Juliette Binoche, Benoit Regent, Florance Pernel, Charlotte Very
ANNO: 1993

TRAMA:

Parigi. Julie perde marito e figlia in un tragico incidente stradale, nel quale si salva miracolosamente solo lei. Da questo momento in poi il suo impegno è tutto rivolto a cancellare la sua vita precedente per acquistare una sorta libertà interiore.

 



ANALISI PERSONAE

Film blu, blu come uno dei colori della bandiera francese, il colore della libertà, ma non quella politica, piuttosto quella della vita stessa. Libertà che viene raccontata dal regista attraverso la storia personale e dolorosissima di una donna. Una donna che perde tutto quello che aveva: marito compositore di successo (Patrice) e figlioletta di soli 5 anni. Una donna che non riesce ad affrontare il dolore come forse fanno tutti e che quindi si rifugia in una vita nuova, dove nessuno la conosce e dove non può essere raggiunta da giornalisti curiosi di sapere se fosse lei a scrivere i componimenti del marito.
Julie, ancora in ospedale per accertamenti, tenta il suicidio ma non trova il coraggio di andare fino in fondo. Allora decide di liberarsi di tutto quello che contrassegna la sua vita, a partire dalla casa in cui ha vissuto con la sua famiglia, fino ad arrivare alle amicizie, ai parenti, a chiunque conosca lei e i suoi cari. Si trasferisce in una zona periferica di Parigi e cerca di vivere al meglio che può, dedicandosi agli altri (tra cui sua madre che ha carenze mnemoniche), forse per non pensare troppo a se stessa e al suo dolore. Dolore che riversa e che lascia scorrere nelle corsie di una piscina, l’unico luogo dove si reca a piangere per la sua perdita. Tra le sue nuove conoscenze c’è la prostituta Lucille, che abita nel suo condominio e che ben presto le si affeziona, soprattutto perché Julie è l’unica a non volere che venga cacciata.
Ma nonostante ci abbia provato con tutte le sue forze, Julie non riesce a non venire a contatto con la sua vecchia vita. Attraverso un servizio alla tv viene a conoscenza del fatto che suo marito aveva un’amante, Sandrine e che l’amico di suo marito Olivier (segretamente innamorato di lei) sta tentando di completare l’opera incompiuta di Patrice. Opera che era stata distrutta dalla stessa Julie (insieme a tutto ciò che le ricordava marito e figlia), ma che era stata conservata in copia dalla segretaria di Patrice. Julie si vede allora costretta a riaffacciarsi nel suo vecchio mondo, incontrando persino l’amante del marito in dolce attesa e lasciandole addirittura in “eredità” la sua vecchia casa.
Nel contempo si deciderà ad aiutare Olivier (cedendo anche alle sue lusinghe) nella stesura della composizione di Patrice, ideata in occasione della celebrazione dell’Unione Europea.
Alla fine Julie, che non ha quasi versato lacrime per la sua immensa perdita, si ritroverà a rapportarsi con quella vita della quale ha tentato di “liberarsi”, vedendosi costretta ad affrontare il dolore in pieno viso e a tentare se non di superarlo, di conviverci.

Film blu è una secca e al contempo poetica visione psicologica della tematica del dolore e del conseguente desiderio di libertà che questo fa nascere in chi ne viene “impossessato” a causa di una perdita o di un avvenimento tragico. Una sorta di liberazione e di fuga da tutti coloro che tentano invano di comprendere ed aiutare, ma che non fanno altro che inasprire il dolore enfatizzando il ricordo, l’unica cosa che, invece, si vuole allontanare.
Film blu è la storia di una battaglia quella che Julie ingaggia con la sua vecchia vita fatta di ricordi dolorosi. Una battaglia che non ha né vincitori, né vinti, dalla quale Julie non ne esce sconfitta e nemmeno vittoriosa, ma consapevole e preparata ad affrontare il futuro.
Il blu contrassegna gran parte della pellicola:  la stanza della bambina è blu, la carta del leccalecca della bambina è blu, il lampadario (l’unico ricordo della sua vecchia casa che Julie conserva) è blu, l’atmosfera della piscina nella quale Julie si reca a riversare il suo dolore è blu, i riflessi che compaiono ogni tanto sul suo volto sono blu. Volto attraverso il quale veniamo a conoscenza di un mondo interiore così profondamente straziato da tentare di annullarsi per rigenerarsi e rinascere dal nulla. Volto contrassegnato da occhi che scrutano attentamente l’interlocutore quasi a volerne carpire i più profondi segreti (addirittura in una scena vediamo il dottore che sta parlando con Julie, proprio all’interno delle sue pupille). La Binoche riesce a recitare solo con gli occhi e lo fa in maniera egregia, fornendo un’interpretazione magistrale tutta incentrata, al di là degli sguardi, sulle espressioni del viso. La regia poi, a parte lo strabiliante studio cromatico su cui gioca, ci regala dei momenti a dir poco particolari, come le cinque dissolvenze in nero ogniqualvolta a Julie viene chiesto di rapportarsi in un modo o nell’altro con il suo interlocutore, come quando il ragazzo che aveva assistito all’incidente vuole restituirle la collanina che le aveva trovato al collo quando era in stato confusionario o come quando l’amico Olivier le chiede come intende comportarsi con l’amante del marito.

Inutile accennare all’estrema intensità dei dialoghi che contribuiscono ad accrescere lo spessore della sceneggiatura e a sottolineare la profondità poetica della storia di Julie accompagnata dalle stupende note musicali che riecheggiano nei ricordi e negli occhi della protagonista che ripensa all’opera incompiuta di Patrice e che nel finale della pellicola, terminano con un coro di voci angeliche che ripetono le parole della lettera di San Paolo ai Corinzi, metafora della rinascita di Julie che ritorna tra i “vivi”.


Regia
: 9
Sceneggiatura: 9
Recitazione: 9
Fotografia: 9
Colonna sonora: 9
Ambientazione: 9
Voto finale: 9


CITAZIONE DEL GIORNO

Giornalista: "Sembra che aboliranno il proibizionismo, cosa ne pensa?". Ness: "Mi andrò a fare un bicchierino!". (Da "Gli intoccabili")


LOCANDINA


16 commenti su “Film blu

  1. Eh Filippo, questo è stato il primo per me! E non vedo l’ora di vedere tutti gli altri adesso, fai un pò te!!!

    Trinity, ti aspetto! ^_-

  2. E’ difficile scegliere. Nel mio caso è proprio la Binoche a fare la differenza perchè i tre film sono uno più bello dell’altro e costruiti attorno a tre figure femminili molto forti

  3. Un altro capolavoro. Kieslowski firma forse il suo miglior film e concordo pienamente con il tuo 9. Dei tre colori mi piace molto anche il Rosso e un altro film che mi ha appassionato è La doppia vita di Veronica. Ma è inutile: i Kieslowski sono tutti belli compresi quelli del suo periodo polacco.Ciao e grazie.

  4. D’accordo con te: si tratta di un vero gioiello. Mi ricordo a Venezia quando vinse ex aequo con America Oggi di Altman. Un altro capolavoro

  5. Destino: obliterare il biglietto, salire in carrozza, lasciar scorrere i binari, stazione dopo stazione, passeggeri della vita.

    Volontà: mordere i tornanti con i gomiti schiacciati sul volante, ballare un tango solitario sulle lastre sdrucciolevoli di solido ghiaccio di montagna.

    Tante ipotesi, innumerevoli sintesi. Una di questa è il concetto di “dio”, la volontà suprema che assurge a ruolo di destino. Un’altra è il “caso”, l’ipotesi laica per eccellenza. Ed è a quest’ultima che la mia mente corre ripensando alle opere del grande maestro polacco Krzysztof Kieslowski (1941-1996), che al cinema del caso ha dedicato gran parte della vita.

    Il confronto con la religiosità e la dottrina cattolica è comunque importante. Interlocutrice, a suo modo, del tema del caso. E Kieslowski prende di petto il problema andando a toccare i principi primi, i più sacri, di quell’antica dottrina: i dieci comandamenti. Con dieci piccoli film di un’ora scarsa ciascuno: il Decalogo, girato nel 1989. Dieci casi di cronaca, o casi giudiziari, che raccontano piccole storie di piccoli personaggi. Grandi conflitti di minuscole anime inquiete, le anime dei protagonisti ma anche degli spettatori. Dieci mediometraggi dedicati ciascuno ad un comandamento. Dal Non uccidere, che si trasforma in una denuncia della pena di morte (nella Polonia precedente alla caduta del Muro era ancora in vigore la punizione capitale tramite impiccagione), al Non compiere atti impuri, che muta di significato e di prospettiva andando a delineare una fredda riflessione sull’amore (forse i due pezzi migliori della serie; gli unici, comunque, da cui Kieslowski ha tratto delle pellicole più lunghe: Breve film sull’uccidere e Breve film sull’amore). Per finire, ironico e lucidamente distruttivo, con il Non desiderare la roba d’altri dell’ultimo capitolo: dove l’avidità e il desiderio smodato travalicano ogni parametro di buon senso per crogiolarsi in un vortice di sana e normale pazzia. Un osservatore esterno, l’attore Artur Barcis, si pone come testimone discreto di questo sottile filo conduttore, attraverso le dieci splendide manifestazioni di dio, o del caso, che corrono sulle ali del Decalogo.

    Ma Kieslowski non è solo ricerca dell’etica al di là, o al di qua (non ci è dato sapere), della religione. È molto di più. Il regista polacco è un attento osservatore dei trucchi e delle menzogne della vita, di quell’esistenza beffarda che si prende gioco della volontà e dell’autodeterminazione di ciascuno di noi, portando al guinzaglio le illusioni e le presunzioni umane. Come ne Il caso (1982), un lungometraggio dal titolo emblematico, portato in Italia sotto le mentite spoglie di Destino cieco. Un film che dà modo di raccontare, ad un Kieslowski “giornalisticamente” invisibile, come siano le piccole variabili della vita a piegare l’ago della bilancia di ciascuna esistenza verso un punto piuttosto che un altro dell’oscuro mappamondo che ci lega al buio delle nostre scelte. Un tema, una trama, una prospettiva sulla realtà, che quasi vent’anni dopo saranno ripresi da Peter Howitt in Sliding doors (1998). Pellicola anglo-americana, in stile commerciale, che vede la nascente stella Gwyneth Paltrow protagonista di due vite diverse che magicamente si separano sulla banchina di una stazione di metropolitana.

    Ma è negli anni ’90 che il cineasta dà il meglio di sé. Ne La doppia vita di Veronica del 1991, un’inebriante Irène Jacob interpreta due ragazze di due mondi diversi, la polacca Weronika e la francesina Veronique, entrambe frutti del dolce albero della musica, entrambe malate di cuore, in una dimensione simbolica che evoca mistero e fascinosi sentieri del destino. È ancora il caso a tessere le fila dell’universo: quel piccolo universo rappresentato dalle vite e dalle esperienze di queste due ragazze che ignorano l’una l’esistenza dell’altra.

    Nei tre anni successivi Kieslowski dà alla luce la sua celebre trilogia Tre colori, ispirata alla bandiera francese e ai suoi principi di libertà, uguaglianza e fraternità (senza estrarli dal contesto e dall’ideologia liberale che li ha prodotti), che riprende in parte il discorso lasciato a metà con il Decalogo. La libertà incarnata nell’amore del Film blu, interpretato da Juliette Binoche; l’uguaglianza, intesa come giustizia ma vestita di ingiustizia, del Film bianco; e la fraternità filtrata attraverso il destino di Irène Jacob, ossessionata dall’idea di doversi prendere cura del prossimo, che si intreccia con una più laica e disincantata visione del mondo di un sempre grande Jean-Louis Trintignant, in Film rosso.

    Il destino, dunque, protagonista della storia del cinema dai fasti de La vita è meravigliosa di Frank Capra (1946), procede a braccetto del suo più silenzioso fratello, il caso. Un tema immortale che insegue le ansie dell’uomo fin dalle avventure de I dimenticati di Preston Sturges (1942) e che recentemente è tornato sugli allori grazie ai trionfi de La stanza del figlio di Nanni Moretti (2000).

    ciao Ale55andra.

    Alteredo

    p.s.

    Ho messo su una succosa intervista ad Asia Argento

  6. Wow che bel commento! Grazie mille!

    Non appena trovo un pò di tempo, verrò sicuramente a leggere la tua succosa intervista ^_-

  7. AMO. Se qualcuno mi dovesse puntare una pistola alla tempia allora sceglierei FILM ROSSO, non fosse altro per la cura al dettaglio stupefacente sia da un punto di vista della costruzione dell’inquadratura (il cartellone pubblicitario!) sia per la storia. Ma sono davvero tre straordinari capolavori, forse la migliore trilogia che il cinema abbia mai avuto.

  8. Davis nn ho visto ancora Film Rosso, ma mi hai messo una curiosità ora!!! Non appena avrò dato questo maledettissimo esame mi dedicherò al cinema a tempo pieno! ^^

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