Flightplan

REGIA: Robert Schwentke

CAST: Jodie Foster, Sean Bean, Peter Sargsaard, Greta Scacchi

ANNO: 2005

TRAMA:

Kyle Pratt, ingegnere aeronautico, prende un volo con la sua bambina di 6 anni per tornare a casa dopo aver perso il marito, caduto dal tetto della loro abitazione. Durante il volo, la bambina scompare, ma nessuno l’ha vista e non è presente sulla lista dei passeggeri. Dunque, tutti pensano che sia un’invenzione della donna shockata dalla perdita del marito, ma lei non si arrende e fa di tutto per ritrovare su figlia.

 

 


 

ANALISI PERSONALE

Se non sei de Palma è difficile che puoi riuscire a citare e omaggiare il genio di Hitchcoock senza cadere in qualche falla o senza fallire inesorabilmente. Schwentke non riesce a creare un prodotto soddisfacente o perlomeno sufficiente, impigliandosi in meccanismi fin troppo semplificati e poco approfonditi e lasciandosi andare ad un manierismo fine a se stesso che ottiene il risultato di straniare lo spettatore per la completa inadeguatezza di alcune soluzioni registiche (alcuni ralenti davvero insopportabili ad esempio) e per l’incompiutezza di alcuni passaggi narrativi, colpa sicuramente di una sceneggiatura non proprio di ferro. Se l’idea di fondo, seppur non originale, può sembrare sicuramente interessante (la scomparsa di una persona in un luogo chiuso come un aereo in volo), è la messa in scena della stessa e la risoluzione fin troppo palesata e scontata a rovinarne l’effetto. Il dubbio che si insinua nello spettatore e in alcuni personaggi della pellicola poteva essere affrontato in maniera più efficace e meno frettolosa, visto che era perlomeno plausibile. Può darsi che una donna a causa della morte di marito e figlia possa “sognare” di essere ancora con loro (in questo caso solo con la figlia) per soffrire di meno e per dimenticare la perdita? Il quesito è interessante, il modo di affrontarlo un po’ meno. Perché lo spettatore si rende conto in maniera subitanea che non è affatto questa la soluzione del mistero che accompagna la scomparsa o l’apparente scomparsa della piccola bambina. Man mano che si procede con la narrazione, si intuisce subito che c’è qualcosa che non va in alcuni passeggeri di questo aereo e soprattutto si comprende immediatamente che la forte e coraggiosa protagonista non è affatto turbata psicologicamente al punto di arrivare ad immaginarsi una figlia che non c’è più. Eliminata l’ambiguità sulla sanità mentale della protagonista, allo spettatore non rimane altro che accontentarsi di assistere ad una serie di sequenze poco interessanti e scarsamente adrenaliniche (la ricerca della figlia da parte della madre ha di buono solo la scenografia e l’ambientazione di questo aereo ultramoderno e incredibilmente enorme, costituito di zone che mai avremmo immaginato), che giungono tra l’altro ad un finale più retorico e buonista che mai, che lascia a bocca asciutta in quanto a colpi di scena o a sorprese di nessun genere. Nonostante l’ottima interpretazione di Jodie Foster , qui impegnata nel ruolo di “eroina” sola contro tutti, il film non riesce a distinguersi per nessun particolare interessante e, volendo offrire anche una riflessione sul mondo americano post 11 settembre, rischia di cadere in trappole di infondatezze e incongruenze narrative. Che fine fa il sospetto della donna verso due uomini iraqueni a suo avviso presenti il giorno prima fuori dalla finestra di sua figlia? Sospetti che finiscono nel nulla alla luce della reale risoluzione del mistero, ma che proprio per questo non trovano una spiegazione plausibile se non appunto la paura verso coloro che hanno causato il disastro più doloroso per gli Stati Uniti, se non fosse però che la protagonista portatrice di questo sospetto tutto è fuorché quel genere di persona che si lascia andare a simili “razzismi”. Molto superficiale e a tratti addirittura macchiesttistica la descrizione di alcuni passeggeri dell’aereo (primo su tutti l’uomo che si pone dalla parte della protagonista, seguito dalla psicologa interpretata da Greta Scacchi), ad esclusione del capitano che riesce a comunicare una certa ambiguità di atteggiamenti anche grazie all’ottima interpretazione di Sean Bean. Meno riuscito il personaggio interpretato da Peter Sargsaard, il responsabile della sicurezza dell’aereo, forse anche per la perenne monoespressività dello stesso e per una certa prevedibilità della sceneggiatura che sin da subito ci fa quasi intuire quali siano i reali ruoli di alcuni personaggi che compaiono sullo schermo. Dalla sua parte il regista ha il fatto di essere riuscito a giostrare senza scivoloni la difficile unità di tempo e di azione, senza però riuscire anche a creare la giusta suspance e il giusto carico di ragionevoli dubbi nello spettatore. Tutto si risolve nella più semplicistica e facilmente intuibile delle maniere. Un peccato non aver sfruttato al meglio un’idea di base che poteva dare spazio a soluzioni estetiche e narrative molto interessanti oltre che a riflessioni più profonde e calzanti, come ad esempio il crearsi di una sorta di comunità tra persone che si ritrovano costrette nello stesso luogo e che devono affrontare un’avventura non usuale. Un peccato non essere riusciti a rendere il giusto omaggio al mitico Hitchcoock.

 

VOTO: 5

 

 


 

CITAZIONE DEL GIORNO

"Sei in una pozzanghera di merda e non hai le scarpe adatte!" (The Bourne supremacy)



LOCANDINA

12 commenti su “Flightplan

  1. Non l’ho visto questo film, anche perchè non mi attirava per niente. Visto il tuo giudizio ho la conferma di ciò che pensavo. E, come dici tu, per omaggiare Hitchcock ce ne vuole eh, a meno che non ci sia De Palma per l’appunto, o meglio ancora Polanski.

  2. Classico plane-movie che una volta che te lo vedi basta e avanza, qualche colpo di scena, brava la Foster, ma troppo lento secondo me.

    Sul genere un gran filmazzo è Red Eye, ma con Craven è tutto un altro discorso! 😉

  3. In effetti buone premesse, sopratutto riece ad esprimere l’asetticità delle hostess e l’indifferenza dei passeggeri e poi scade ma devo dire che sono segretamente innamorata di quell’aereo e quando Jodie Foster suona l’estintore in faccia al monoespressivo si merita un bell’applauso. da vedere con una coppa di gelato.

    Ma che ne pensi di Forgotten con Julianne Moore dove pure sparisce il figlio? là avrei voluto rompere la tv 🙂

  4. Mario, si non è uno sfacelo totale, su questo siamo d’accordo.

    Al, si può anche vedere sul divano con i pop-corn volendo.

    Ale, si, in effetti non ti lascia nulla.

    Drakoz, se ti ispira devi vederlo. Potresti trovarci qualcosa che io non ho trovato.

    Cine, Red eye non l’ho ancora visto. Me lo segno.

    Recensioni, (ma il tuo nome qual è?), quello con la Moore cominciai a vederlo in tv, ma poi dovevo uscire. Ricordo che non mi diede una buona impressione, ma dovrei vederlo tutto per dare un giudizio.

  5. Regia e sceneggiatura (colpevolmente) si sono piegate alle esigenze dello spettacolo tutto azione che piace tanto ai giovanissimi… ma che finisce con l’essere ripetitivo e quindi noioso.

  6. Cinemaleo, in effetti l’ho trovato anche alquanto ripetitivo.

    Cine, forse al cinema si riesce ad apprezzare ulteriormente la spettacolarità degli ambienti.

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