Freaks: la diversità come arma contro un nemico solo apparentemente normale

Chloe ha sette anni e da sempre vive segregata in una casa fatiscente insieme a suo padre che le vieta assolutamente di uscire e di avere una vita sociale, dicendole che è per il suo bene e che fuori dalla loro porta per lei c’è solo un percorso lastricato di pericoli. La voglia di conoscere il mondo e l’incontro con un gelataio ambulante, la porteranno ad esplorare una nuova realtà. Ma suo padre aveva ragione?

Girato con pochissimi mezzi Freaks continua una tradizione cinematografica che corre in parallelo rispetto a quella dei cinecomic mainstream e più spettacolari, raccontando in maniera dimessa più o meno le stesse cose. Stiamo parlando, infatti, di un thriller sci-fi in cui ben presto scopriamo che molti dei protagonisti, i freaks del titolo, hanno in realtà dei superpoteri e per questo motivo sono contrapposti ai “normali” che li temono e in qualche modo li combattono e li ostacolano.

Nel bel mezzo di questa lotta tra “fazioni” che assume giocoforza delle valenze socio-politiche, cosa che il cinema di genere ha sempre portato a galla, si pongono questo padre e questa figlia che sono al centro della narrazione per tutto il tempo, fino a quando non entra in scena l’anziano gelataio (uno scoppiettante Bruce Dern perfetto per la parte), che si pone nel mezzo tra le due visioni e costituisce l’altro ago della bilancia: da un lato il padre che preferisce trincerarsi e difendersi, dall’altro l’anziano che pensa che attaccare e non lasciarsi intimorire sia la miglior soluzione.

Gran parte della riuscita del film va sicuramente all’interpretazione dei due attori protagonisti, quell’Emile Hirsch che forse non risultava così convincente dai tempi di Into The Wild e la vera sorpresa della pellicola, la piccola Lexy Kolker, perfettamente in grado di incarnare pregi e difetti di una bambina a tratti petulante e inobbediente, a tratti coraggiosa e matura.

Bisogna anche aggiungere che la parte che funziona meglio è quella in cui siamo ancora rinchiusi, come i protagonisti, all’interno delle quattro mura senza sapere se ciò che dice il padre è frutto di paranoia o ben peggiori intenzioni o se è la realtà, così come risultano molto affascinanti i pochi momenti in cui la bambina riesce a guardare, anche se per poco, fuori dalla finestra o dallo spioncino della porta di ingresso, venendo illuminata da una luce fortemente innaturale che rende l’esterno decisamente più ambiguo rispetto all’interno, nonostante dentro si respiri disagio e fatiscenza.

Poi comincia il “viaggio” verso la consapevolezza, ma soprattutto verso l’autoaffermazione e la rivendicazione dei propri diritti e, nonostante si rimanga comunque sempre su alti livelli, si comincia a respirare un po’ meno di quell’aria malsana e misteriosa precedentemente trasmessa dal film e ci si avvia verso momenti decisamente prevedibili e poco originali, da tipico cinecomic che si rispetti, appunto.

Ma al di là di questo, nel complesso, Freaks risulta un film del tutto apprezzabile, soprattutto perché, pur senza far ricorso alla spettacolarizzazione a tutti i costi, riesce a trasmettere fortemente i concetti che vuole trasmettere e intrattiene con il giusto mix di profondità e di leggerezza (il personaggio impersonato da Bruce Dern, infatti, porta con sé un’ironia irresistibile).

E se il padre cerca in tutti i modi di insegnare alla figlia a passare per “normale”, la figlia fa di tutto per non nascondersi, passando attraverso ostacoli insormontabili e sacrifici di un certo peso. Che poi è quello che un po’ tutti i bambini si trovano a fare nel loro percorso di crescita, freaks o normali che siano.

2 commenti su “Freaks: la diversità come arma contro un nemico solo apparentemente normale

  1. Mi attirava questo titolo, ma per motivi di tempo l’ho lasciato momentaneamente indietro, tempo di dargli le giuste attenzioni dopo questo post, hai descritto una serie di cosette che nei film mi piace trovare. Cheers!

    1. Mi piacerebbe vedere qualche tua didascalia su alcune immagini di Bruce Dern all’interno del suo camioncino dei gelati 🙂

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