Galantuomini

REGIA: Edoardo Winspeare

CAST: Donatella Finocchiaro, Fabrizio Gifuni, Beppe Fiorello


Lecce, anni ‘60. Lucia, Fabio e Ignazio sono amici sin dall’infanzia, ma col passare degli anni le loro strade si divideranno. Ignazio diventerà un giudice e lascerà la sua città, Fabio si perderà nei meandri della droga e Lucia in seguito ad una relazione con uno spacciatore, si affilierà alla Sacra Corona Unita. In seguito alla morte di Fabio, le strade di Lucia ed Ignazio si incroceranno di nuovo, fino a giungere ad una inevitabile e necessaria separazione definitiva.

Un film fatto di gesti e di sguardi questo di Winespeare, ambientato nella più profonda Puglia, dove la criminalità la fa da padrone. Andandosi ad allineare ad una folta schiera di film che si occupano delle “mafie italiane”, riesce comunque a colpire soprattutto grazie alle interpretazioni di Donatella Finocchiaro e Fabrizio Gifuni, ottimi attori che danno volto e vita a due personaggi molto complessi e molto profondi, portatori di due storie particolari e complicate, che però terminano nelle più prevedibili delle maniere. Al di là dell’importanza del non detto nell’espressione dei sentimenti e delle sensazioni che intercorrono tra i due sempre contrassegnati da una sorta di tensione che li rende incapaci di avvicinarsi quanto vorrebbero, il film è interessante anche per le ottime scene d’azione e di sparatorie che spezzano i momenti di più alta riflessione o contemplazione e scoppiano improvvise immobilizzando lo spettatore. Evitando qualche clichè tipico di questo genere di narrazioni, questa storia d’amore impossibile e sofferto (lui è un giudice lei è affiliata alla Sacra Corona Unita) e per questo motivo anche molto romantico (i due si inseguivano tra le straordinarie stradine leccesi sin da bambini), riesce comunque ad emozionare e coinvolgere, nonostante il contesto per niente rassicurante. La faida tra le bande rivali, quella di Lucia, che nonostante sia una donna è a capo di molti suoi “colleghi” grazie ad una paventata scappatella col boss e quella dei baresi che non ci stanno ad affiliarsi e a sottostare alle regole dei leccesi; assume un significato particolare quando il personaggio di Infantino (Giuseppe Fiorello), il padre del figlio di Lucia, in seguito al rifiuto della sua donna, decide di passare dalla parte opposta, rischiandoci le penne. In questo momento avviene la vera e propria svolta del personaggio di Lucia, fino a quel momento rimasta ai margini dell’organizzazione criminale, evitando di sporcarsi le mani, ma dopo l’avvenimento costretta a “immegersi” nel sangue. In realtà tutto comincia con la morte del suo carissimo amico Fabio inghiottito e sconfitto da una realtà circostante del tutto desolante (nonchè dalla droga venduta dalla stessa banda di Lucia, motivo per il quale lei incolperà il suo compagno Infantino piuttosto che se stessa), ragione per la quale Ignazio torna in città. La terribile perdita per entrambi i personaggi principali, sarà il punto di partenza per un cambiamento interiore contrassegnato da moti dell’animo e da reazioni consce ed inconsce dapprima impensabili. Molto evocative e potenti le sequenze che ricordano l’infanzia dei tre amici cresciuti tra le galline e le pietre leccesi, potentissima la sequenza nella quale Lucia e il suo piccolo bambino vengono aggrediti dalla banda rivale. Un pò meno riuscito, anche se forse inevitabile, il finale che si prospetta nei suoi contorni sin da quando Ignazio fa ritorno al suo paese natale, con due scene di sesso fin troppo esibite e insistenti che forse stonano col contesto e non trovano una sostanziale giustificazione. Tra la polvere e il sangue, la droga e le armi, i cadaveri e i proiettili, Galantuomini, racconta la storia di tre persone unite da un fortissimo legame che si ritrovano ad affrontare una vita non prevista e si rapportano ad essa nell’unica maniera a loro possibile, sopportandone inermi le tremende conseguenze e gli enormi sacrifici.

13 commenti su “Galantuomini

  1. ho un occhio di riguardo per Winspeare, ha sempre fatto un cinema stimolante per atmosfere e luoghi ma questo suo non mi ha convinto molto, concordo nelle scene insistite e aggiungo che fanno precipitare e cancellare quello che di buono mostra il film, poi le musiche del film le ho trovate poco azzeccate, per non dire terribili. Salvato più dall’impegno dei collaboratori (scenografia, costumi e fotografia, ottimi) e dalla Finocchiaro (sempre brava anzi di più).3/5

  2. Non conosco il regista, apprezzo molto la Finocchiaro e questo film è già segnato per una visione futura! Certo prima dovrei recuperare tutto quello che ho perso in questo periodo, mannaggia!

  3. Anche io ho perso un sacco di pellicole, ma forse in misura minore rispetto a te, perlomeno attenendomi al tuo blog. Comunque di Winespeare non ho visto nulla nemmeno io, a parte questo ovviamente.

  4. Non sbagli, in un mese e mezzo ho visto solo “In Bruges” e sono tornato in sala giusto qualche giorno fa per il film di Demme, che tra parentesi è splendido! ^^

  5. Anche io ho abbandonato le sale per un paio di settimane perchè ho avuto dei problemi. Comunque l’altro ieri ho recuperato Changeling (devi vederlo) e a breve ho intenzione di recuperare Nessuna verità, Rachel sta per sposarsi, Qualcuno con cui correre e magari se mi avanzano tempo e soldi anche Frontiers e Awake che so già che mi faranno schifo, ma che non posso fare a meno di vedere.

  6. A chi lo dite! In un mese credo di avere perso almeno sei film che mi interessavano. Li recupererò nel tampo ma non è come vederli in sala. Comunque questo sembra un film da non perdere. Sono compiaciuto. Un ottimo anno per il cinema italiano.

  7. E arrivo alle note dolenti… grossa delusione, per quanto mi riguarda. Sceneggiatura carentissima, regia piatta e banale (salvo il bel flashback iniziale), personaggi vuoti, Gifuni (Gifuno NO…), troppo Gifuni, sempre Gifuni… :))

    Peccato… “Il miracolo” era un piccolo capolavoro… peccato peccato peccato.

  8. Una grossa delusione, lento, volgare, inutilmente volgare, ridicolo per l’uso ostentato del dialetto ed i sottotitoli. Un grave danno per l’immagine del salento. Ma la critica cinematografica ne capisce di cinema?

  9. Ma io non l’ho trovato poi così volgare, anzi…poi lento nemmeno sinceramente. L’uso del dialetto non è ostentato, a Lecce, in quegli ambienti, si parlava così. I sottotitoli ovviamente servono per chi non è proprio di quelle parti. Comunque anche Gomorra è pieno di dialetto con i sottotitoli, eppure è un capolavoro.

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