Guida per riconoscere i tuoi santi

REGIA: Dito Montiel
CAST: Robert Downey Jr, Chazz Palminteri, Dianne Weist, Rosario Dawson, Shia LaBeouf, Erico Roberts
ANNO: 2007

TRAMA:

Dito Montiel è un noto scrittore divenuto famoso grazie alla pubblicazione del romanzo Guida per riconoscere i tuoi santi, nel quale rivisita autobiograficamente la sua adolescenza nel Queens, prima di scappare verso la Calfornia in cerca di un futuro diverso. Un giorno riceve la telefonata di sua madre che lo implora di tornare a casa perchè il suo amato/odiato padre è molto malato e non ne vuole sapere di farsi ricoverare. Per Dito il viaggio di ritorno verso casa sarà foriero di nostalgici ricordi e profonde riflessioni.


ANALISI PERSONALE

Tratto dal romanzo autobiografico di Dito Montiel, che poi ha firmato anche la sceneggiatura e la regia, Guida per riconoscere i tuoi santi è stato prodotto da Sting e sua moglie e fortemente voluto da Robert Downey Jr che dopo aver letto il romanzo ha preteso di interpretare il ruolo del protagonista da grande, seppur poco presente nel corso della pellicola. Premettendo che sono un’appassionata delle autobiografie, devo dire che questa pellicola mi ha colpito moltissimo, non solo per la storia in sè per sè, struggente ed emozionante, ma soprattutto per lo stile con la quale è stata raccontata. Stile che mi ha fatto venire in mente durante la visione della pellicola varie similitudini con Scorsese, ma anche con il Sergio Leone di C’era una volta in America e addirittura con Nuovo Cinema Paradiso. Già, perchè l’amicizia del giovane Dito con lo scapestrato Antonio (interpretato da Channing Tatum da giovane e da Eric Roberts da adulto) mi ha ricordato tantissimo quella tra Noodles e Max del grandissimo C’era una volta in America e l’ambientazione a tratti clautrofobica di un quartiere malfamato segnato dalla delinquenza mi ha invece rimandato ai migliori film di Scorsese, così come il personaggio di Dito da adulto che torna a casa dopo tantissimi anni con un bagaglio emotivo non indifferente mi ha fatto venire in mente il Salvatore de Vita di Nuovo Cinema Paradiso che tornava anch’egli a casa a ritorvare i suoi "santi".
Durante il viaggio verso il Queens, Dito ricorda gli eventi dell’estate del 1986 che segnarono la sua vita per sempre. Da ragazzino passava la maggior parte del suo tempo con alcuni compagni poco raccomandabili, tra cui spiccava il rissoso Antonio con suo fratello Giuseppe molto fragile ed emotivo. A completare il gruppo c’erano Nerf e alcune ragazze molto sguaiate tra cui Laurie (interpretata da adulta da Rosario Dawson), di cui Dito si innamora. Le giornate sono tutte uguali, contrassegnate da qualche rissa contro le bande rivali, o dalle liti con suo padre un pò troppo oppressivo. Un padre che non è mai uscito dal suo piccolo "mondo" e che pretende che suo figlio segua le sue stesse orme. Vuoi vedere il mondo? Se ti interessano i cinesi vai a Chinatown, se vuoi conoscere gli italiani vai a Little Italy. Sono queste le parole che ripete ogni giorno a suo figlio, ritenendo lo squallore e la delinquenza del suo quartiere di certo migliori ad altre realtà, però lontane da lui. Per Dito sarà difficile accettare l’oppressione del padre e la quasi "assenza" della madre. Fa conoscenza con un nuovo compagno di classe, l’irlandese Marc che gli aprirà nuovi orizzonti, facendogli sognare una vita lontano da lì, magari in California come musicisti. Insieme a lui comincerà a lavorare come dog sitter, alle dipendenze di uno strambo personaggio gay e si allontanerà dall’amico di sempre Antonio che però gli rimarrà sempre fedele, tanto da rovinarsi la vita per lui. Infatti, Dito si metterà nei guai con un ragazzo di una banda rivale che lo minaccerà di morte e poi lo picchierà pesantemente con un bastone. Antonio, ambiguamente affezionato a Dito, subito dopo aver seppellito suo fratello Giuseppe, morto suicida sotto un tram, si recherà dal ragazzo in questione per vendicarsi dell’amico, uccidendolo con una botta in testa. Dito e il suo amico Marc allora corrono verso casa ma un altro componente della banda rivale non tarderà a vendicarsi a sua volta del suo amico assassinato da Antonio e ucciderà con un colpo di pistola il povero Marc. Per Dito, già deciso a cambiare vita, questo sarà la causa scatenante la sua fuga. Tornato a casa avrà un’accesa discussione con suo padre, che gli dice a chiare lettere che lo "cancellerebbe" per sempre come figlio se abbandonasse la sua casa. Dito però abbandonerà tutto e tutti, persino la sua amata Laurie, per sfuggire alla stessa sorte che è toccata ai suoi compagni, che siano essi morti o in prigione. Per quindici anni nessun contatto, nessuna telefonata, niente di niente. Per Monty, il padre di Dito, suo figlio non esiste più, non solo per la sua completa assenza da casa ma soprattutto perchè non si è mai neanche degnato di andare a trovare il suo amico Antonio in prigione, quell’amico che si è "sacrificato" per lui.



Quando Dito torna a casa, si fa ospitare dal suo vecchio amico Nerf, non messo proprio bene, e stenta a tornare a casa sua. Durante una passeggiata passa sotto casa di Laurie e la trova affacciata alla finestra (dove solevano incontrarsi da ragazzini e dove lui le confessò il suo amore) col suo piccolo bambino. Una volta arrivato a casa si renderà conto che suo padre sta molto male, ma non riuscirà a superare le difficoltà che ci sono ancora tra di loro. Monty continuerà a rinfacciargl di aver abbandonato i suoi genitori e i suoi più cari amici e Dito andrà via chiudendosi la porta alle spalle. Ma un illuminante "colloquio" con sua madre prima e con Laurie dopo gli farà comprendere di essere stato forse troppo egoista, e di essere stato l’unica ragione di vita per i suoi genitori e che è forse arrivato il momento di prendersi cura di loro, nonchè dei suoi "santi" cioè degli amici che hanno segnato la sua vita per sempre.

Alla fine trova il coraggio di fare quello che avrebbe dovuto fare 15 anni prima: andare in prigione a trovare Antonio. L’uomo non sembra deluso e nemmeno arrabbiato, anzi è felice di ritorvare il suo vecchio amico e il tempo non sembra essere passato a giudicare dai loro sguardi che si incrociano.

Quello che più colpisce di questa rivisitazone nostalgica del passato è che viene fatta senza struggenti sentimentalismi o toni pateticamente melò. Le emozioni sono vere, pure, semplici, nude e crude e sono dovute principalemente all’abilità del grandissimo Robert Downey Jr che riesce a donare ad ogni sguardo una profonda emozione e a comunicare qualsiasi stato d’animo. Il momento più alto per lui è a mio avviso, oltre al faccia a faccia con suo padre morente, il dialogo con sua madre sugli scalini della vecchia casa di Antonio. Non sono da meno Chazz Palminteri, finalmente libero dal ruolo del boss mafioso, che riesce a dare vita ad un personaggio apparentemente molto forte e dominante, ma in realtà assolutamente fragile e "innamorato" di suo figlio e Dianne Wiest nel ruolo di una madre dimessa, fino ad arrivare a Rosario Dawson che, seppur fugacemente, riesce ad ottenere un buon risultato soprattutto nella scena sul terrazzo con Dito. Particolarmente interessante inoltre, l’interpretazione del giovane Shia LaBeouf (che si è perso strada facendo tra i vari Transofrmers o Disturbia) che si muove abilmente nel Queens degli anni ’80, tutto graffiti, musica e delinquenza. La sceneggiatura è alquanto discreta, seppur a volte un pò troppo marcatamente di "genere", ma contribuisce a rendere bene l’idea del luogo e del tempo in cui la vicenda si svolge. L’ambientazione a dir poco caratteristica riesce a trasmettere e comunicare il senso di claustrofobia provato da Dito, senso che lo spinge ad abbandonare i posti della sua infanzia e adolescenza per cercare qualcosa di "meglio", per vivere una vita lontano dalla delinquenza, dalla morte, dalla presenza di un quartiere, ma soprattutto di una casa opprimente.
Dito Montiel, all’esordio registico da un’ottima prova di sè, riuscendo a creare una pellicola che, seppur molto simile a molte altre dello stesso genere,  riesce ad essere alquanto originale ed innovativa con riprese a mano soprattutto negli interni e durante gli intesissimi scontri tra Monty e Dito e spaziando invece con la telecamera sugli esterni, tra piscine enormi e negozi pieni di videogiochi e caramelle, in puro stile anni ’80.
Guida per riconoscere i tuoi santi, premiato come miglior film al Sundance Film Festival, è un film intenso, emozionante, che quasi parla al cuore dello spettatore senza però cadere in facili sentimentalismi e che ci racconta in maniera pulita e commovente come un uomo possa ritrovare l’amore dei suoi cari, dei suoi "santi", nonostante gli errori, giustificati o meno, commessi.



Regia: 8
Sceneggiatura: 7
Recitazione: 8,5
Fotografia: 8
Colonna sonora: 7,5
Ambientazione: 8
Voto finale: 8 

"Alla fine ho lasciato tutto e tutti. Ma nessuno, nessuno mi ha mai lasciato".



CITAZIONE DEL GIORNO

Credo al doppio suono del campanello del padrone di casa che vuole l’affitto ogni primo del mese; credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere un padre e una madre che siano decenti con lui almeno finché non sta in piedi; credo che un’Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa; credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos’altro bisogna fare i conti con quello che c’è qua, e allora mi sa che crederò prima o poi in qualche Dio… (da "RadioFreccia")


LOCNADINA

7 commenti su “Guida per riconoscere i tuoi santi

  1. Altra carenza. Non l’ho visto. Ma ne ho sentito parlare un gran bene. Un mio amico cinefilo lo adora immensamente. Inoltre la tua sempre impeccabile recensione mi convince che dovrò recuperarlo.

    A presto.

  2. l’ho perso pur io, mannaggia

    e mi ero pure dimenticato di inserirlo tra i “recuperabili”!

    rimedio e ti ringrazio per avermi ricordato la carenza!

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