Harpoon: una malata e sanguinolenta, ma anche divertente, riflessione sull’amicizia

Richard si reca furibondo a casa del suo migliore amico, Jonah, che ha da poco perso i genitori e che non versa in buone acque, picchiandolo selvaggiamente perché crede che sia andato a letto con la sua fidanzata, Sasha. Lei, però, arriva giusto in tempo a separarli e a spiegargli che i messaggi che i due si erano scambiati segretamente riguardavano in realtà un particolare regalo da fargli per il suo compleanno: un arpione. Il ragazzo, allora, per farsi perdonare decide di partire tutti insieme per una gita a bordo del suo yacht, ma ben presto le cose precipiteranno notevolmente e i tre si ritroveranno dispersi in alto mare senza provviste e senza possibilità di tornare sulla terraferma.

Harpoon parte come una sorta di noir per diventare un vero e proprio survival-movie con una sanissima dose di splatter, dimostrandosi poi a conti fatti una vera e propria commedia horror con tanto di twist ending e con una caratteristica fondamentale: la straordinaria capacità di intrattenimento senza far ricorso a grandi mezzi, ma solo a tre ottimi attori, un’unica ambientazione e ad una sceneggiatura infarcita da dialoghi perfetti. L’unità di tempo luogo e azione di aristotelica memoria, tra l’altro, non è l’unico riferimento al filosofo greco, visto che il film si apre proprio con la distinzione che lo stesso ha fatto dei tre tipi di amicizia: quella per interesse, quella per piacere e quella inevitabile, perché sì.

Difficile riuscire a distinguere che tipo di amicizia intercorre tra questi tre personaggi che arrivano a ferirsi a vicenda, a pensare di potersi mangiare a vicenda, che provano ad ammazzarsi l’uno con l’altro, trovando nel mezzo anche il tempo e il modo di allearsi contro la minaccia di morte comune, tirando fuori delle verità che sembrano in parte separarli e in parte cementare, almeno apparentemente e temporaneamente, un legame ormai perso, sepolto da dubbi, incomprensioni, gelosie, risentimenti e cattive azioni.

La cosa positiva è che non c’è preferenza per il ricco e viziato piuttosto che per il ragazzo solo e senza mezzi o per la ragazza frivola e disinteressata, perché tutti e tre vengono raccontati con una ferocia inaudita, in grado di mostrarne la vera natura, meschina e opportunista. Inutile dire, insomma, che ciascuno dei tre è caratterizzato da tratti riprovevoli e che ognuno di loro nasconde ben altro che un semplice tradimento, dei messaggi o delle saltuarie scappatelle. Tra loro ci sono segreti ben più importanti che verranno a galla solo dopo che molto sangue sarà versato.

Nel mezzo la volutamente didascalica citazione di Edgar Allan Poe e la voce fuori campo del comico Brett Gelman che descrive le personalità dei protagonisti, le superstizioni che accompagnano la loro avventura e le situazioni più salienti in generale, espediente che stempera con ironia e sarcasmo l’orrore che ricopre le vicende narrate. La natura “comica” del prodotto, però, non prende il sopravvento su quella “orrorifica” e le due componenti si mescolano alla perfezione regalando sorrisi (il gioco di parole tra “harpoon” e “spear gun” è un delizioso leitmotiv), ma anche momenti altamente impressionanti.

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