Hereafter

REGIA: Clint Eastwood
CAST: Matt Damon, Cécile de France, Bryce Dallas Howard, Frankie McLaren, George McLaren, Derek Jacobi
ANNO: 2011
 
George, ex medium ora operaio, ha la capacità di mettersi in contatto con i morti, ma la vive come una condanna piuttosto che come un dono. Marie è una giornalista che ha avuto uno assaggio dell’aldilà dopo essere scampata alla morte a causa di un terribile tsunami che l’ha travolta. Marcus è un dodicenne sconvolto dalla morte del fratello gemello e dall’alcolismo della madre. Il primo vuole eliminare la presenza della morte dalla sua vita, la seconda vuole comprendere la natura di ciò che ha visto, il terzo vuole stabilire un contatto con l’aldilà per riunirsi al fratello.
 
Difficile riuscire a trovare un equilibrio nel giudizio dell’ultima fatica cinematografica di Clint Eastwood. E’ difficile perché così come nel film sono presenti elementi di apprezzamento, d’altro canto si rimane delusi da aspetti poco consoni al rigore, all’asciuttezza e al classicismo registico di Eastwood. Se, infatti, possiamo dirci soddisfatti dell’ennesima, ricca e profonda riflessione su un tema importante come quello della morte, ma soprattutto di come questa influisca sulla vita (è la vita, infatti, ad essere la vera protagonista, così come dimostra il finale concettualmente molto potente e pregevole, ma sostanzialmente e formalmente deludente), di contro non si può non notare che questa riflessione il più delle volte cede il passo a scivoloni narrativi e formali non indifferenti, come ad esempio le numerose, sfiancanti ed esagerate “apparizioni” di alcuni spiriti dell’aldilà (soprattutto quando abbiamo a che fare con i ricordi della giornalista francese e con le sedute del medium americano). Se ciascun filone narrativo ha il compito, tra l’altro ben portato a termine, di approfondire sotto tre diversi punti di vista l’influenza della morte, nelle sue varie sfaccettature, sulla vita di tre persone, il modo in cui poi vengono fatti confluire appare a dir poco semplicistico e affrettato, oltre che alquanto banale e per certi versi stucchevole, nonostante, come suddetto, l’idea alla base della scelta del finale è sicuramente apprezzabile, e cioè quella di allontanare la morte come presenza imperscrutabile e di dubbia consistenza, per concentrarsi totalmente sulla pienezza della vita e sul calore del contatto umano (il contatto, infatti, ha una valenza metaforica perché da condanna diventa poi vero e proprio dono per continuare a vivere).
E ancora, se è apprezzabile la volontà di non lanciarsi in assolutismi interpretativi e imposizioni di qualsivoglia punto di vista sull’argomento (il film è positivamente attraversato da una visione alquanto laica e intelligentemente equilibrata su un tema che lasciava largo spazio all’esagerazione di toni e soluzioni); non lo è altrettanto la decisione di ricorrere ad espedienti alquanto ruffiani per commuovere a tutti i costi lo spettatore con le disgrazie capitate ai tre protagonisti, sottolineandole forzatamente con la drammaticità della colonna sonora, usata a volte fin troppo didascalicamente, e con la reiterazione  di abbracci sofferenti, separazioni dolorose, sguardi lacrimosi, tradimenti e incomprensioni.
Anche dal punto registico, fatta salva la presenza di alcune sequenze dal forte impatto emotivo e visivo come quella iniziale dello tsunami e quella dei due fratelli gemelli che vengono separati per sempre, non si riconosce la grande mano di un regista che ci ha regalato capolavori indimenticabili e potentemente coinvolgenti, lasciandoci con la mera consolazione che “Hereafter” è sicuramente superiore rispetto al precedente e deludente “Invictus”, ma non rispondente agli standard a cui il “texano dagli occhi di ghiaccio” ci ha positivamente abituato.
Così come i tre protagonisti inseguono o vengono inseguiti dagli spettri del passato (il riferimento alla passione del medium per Dickens non è casuale e si rivela molto interessante e significativo), allora, non ci resta altro che sperare che con i prossimi lavori Eastwood cominci a resuscitare lo spirito del suo immenso e monumentale cinema fatto di vita e di morte, come “Hereafter”, ma anche di irreprensibile equilibrio contenutistico-formale e prorompente efficacia narrativa ed emotiva. Le stesse caratteristiche che ci hanno fatto gridare, giustamente, al capolavoro per alcune sue indimenticabili pellicole e che, per la loro mancanza nei suoi ultimi lavori, ci hanno lasciato con un senso di inappagamento da cui è difficile liberarsi, proprio come per i protagonisti nei confronti della morte che, sotto varie forme, li ha stravolti.
Eastwood ci lascia saggiamente con l’interrogativo sospeso sulla possibilità dell’esistenza di una “via di mezzo” tra la vita e la morte. Noi spettatori, però, non abbiamo dubbi sull’esistenza di una via di mezzo tra la totale approvazione e la completa insoddisfazione nei confronti della sua ultima pellicola.

VOTO:

Pubblicato su www.loudvision.it

23 commenti su “Hereafter

  1. Sono d'accordo in parte con quanto scrivi. Se è vero che questa nuova fatica di Eastwood è inferiore ai suoi film più riusciti come Mystic River e Gran Torino, è altrettanto vero che non ci si può attendere che un regista realizzi continuamente dei capolavori. Anche io – come te – ho apprezzato l'impostazione laica ed equilibrata del film, senza però – a tua differenza – trovare forzature ruffiane o passaggi stucchevoli. Ed è proprio questa la forza di un film che in mano ad un altro regista sarebbe probabilmente diventato un film di genere come tanti.

  2. Io invece un po' di ruffianeria qui e lì l'ho avvertita, così come in Invictus, cosa che invece è assente in molti dei suoi capolavori. Detto questo sicuramente non stiamo parlando di un film totalmente deludente.

  3. Ti dirò, questa è una buona pellicola, senz'altro meglio di molto ciarpame attualmente in circolazione, ma anch'io ho avvertito una sorta di "calo" e meno cura per i dettagli. In alcuni frangenti, poi, la pellicola sembra quasi trascinarsi. Ovvio che, dopo una sfilza di capolavori come Mystic River, Million Dollar Baby, Lettere da Iwo Jima, Gran Torino e Changeling, si può anche perdonare al vecchio Clint di sbagliare qualche colpo. Sono proprio curioso di sapere come uscirà il suo prossimo film, incentrato su J. Edgar Hoover.

  4. Non mi attira molto, ma essendo di Eastwood andrò a vederlo comunque… Non penso che possa raggiungere Invictus in quanto a delusione..

    Glore

  5. Drake, anche io ripongo moltissime speranze sul prossimo lavoro di Eastwood.

    Glore, sicuramente è un passo avanti rispetto ad Invictus.

  6. Per l'ennesima volta abbiamo avuto dimostrazione che le attese è meglio non averle, ma è impossibile rimanerne fuori.
    Ora dopo il capito(mbo)lo "Invictus", speravo nella "resurrezione" del caro e vecchio Clint. E invece mi ritrovo a visionare una pellicola che sembra già vista e soprattutto che dietro la macchina da presa non sembra esserci il nostro eroe.
    Meno patriottico del precedente film, questo è vero (ma sono anche due film completamente diversi), ma certamente più di maniera, più sconnesso (negativamente parlando), più convenzionale.
    E continuo per la mia strada, dicendo che pure quella sequenza iniziale è fuori dal cinema di Eastwood e non è nemmeno così emozionante. Poteva dirigerla chiunque, nello stesso modo.
    Poi magari su un giornale tra qualche mese scopriremo che quella sequenza l'ha girata Michael Bay senza rimanerne sorpresi.
    Bah, escluso il finale, che sembra una mezza ripresa rispetto al resto del film, "Hereafter" è senza dubbio uno dei capitoli meno felici della carriera di Eastwood. E una bella delusione per chi ammira un regista come lui.

    Un saluto.

  7. Per me è stato più deludente Invictus, anche se Hereafter non è affatto all'altezza del regista che l'ha girato. Ripongo grandi speranze, invece, nel suo prossimo progetto. Staremo a vedere…

  8. Io invece preferisco non aspettarvi troppo dal prossimo lavoro di Clint. Così magari alla visione sarà meglio.

    Quoto assolutamente Cineblob!
    Aridatece Gran Torino!

  9. Patetico è l'ultimo aggettivo che avrei scelto per un film come questo, onesto e molto sobrio nel trattare un tema che, come scrivi tu, si prestava a ben altri pasticci visivi e verbosi.
    Eastwood è sempre asciutto, invece, e l'uniformità crepuscolare del film mi sembra il minimo sindacale, visto il contesto. Questo rende anche più accettabile la conciliazione un po' forzata dei tre personaggi nel finale. Un barlume di luce dopo tanta oscurità.
    Lo definirei un film delicato nei toni, ma potente nella sostanza.
    Un saluto.

  10. Film onesto, senza lode e senza infamia, ben lontano dai grandi lavori che citi tu Alessandra; direi che sta sulla falsariga di Invictus, forse un po' superiore, ma con lo stessa caratteristica: l'abbandono (spero solo momentanea) della figura dell'"eroe" solitario  e spesso perdente.
    Va riconosciuta a Clint se non altro la capacità di evitare spiritualismi eccessivi, dissertazioni scientifiche, fanatismi vari,  che avrebbero facilmente potuto trovare spazio.

    Missile

  11. armapo, in certi frangenti a me è sembrato che si volesse spingere un po' troppo l'acceleratore sul patetismo per arruffianarsi la commozione del pubblico. Ma è una sensazione personale ovviamente. Al di là di questo, comunque, fermo restando il fatto che non si tratta assolutamente di un film scadente, secondo me Eastwood ha sicuramente più talento registico-poetico-formale rispetto a quello dimostrato in questo film.

    Missile, anche secondo me è sicuramente un passo avanti rispetto a Invictus. Il riconoscimento finale è sicuramente condivisibile.

  12. La tua analisi è ben articolata, come sempre.
    Sottoscrivo quasi tutto quello che hai detto.
    Anche per me l'incrocio "banale" e forzato delle tre linee narrative non è piaciuto, così come la descrizione dell'aldilà come un posto fisico con spettri-persone. Avrei scelto un modo più filosofico, o comunque astratto, per descriverlo.

    Ho preferito "Invictus" a quest'ultima fatica di Eastwood, anche se non di molto.
    Sul giudizio finale, io andrei giù più pesantemente, con un voto sotto la suffcienza, vista al caratura del regista: un 2,5/5.

    A presto!

  13. Siamo d'accordo, tranne sul fatto che "Invictus" sia meglio di questo. Per me "Invictus", più di "Hereafter", è stato davvero una cocentissima delusione.

  14. A mio avviso un ottimo film. Mi è piaciuto molto
    …purtroppo Clint ci ha abituati troppo bene e pretendiamo ogni volta un capolavoro !!!

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