Horse Girl: disturbi mentali o cospirazionismo fondato?

Sarah è una ragazza un po’ borderline con la passione per i fai da te, per una serie televisiva intitolata Purgatory, per i corsi di zumba e per un particolare cavallo che va spesso a trovare al maneggio dove vive. Le sue uniche amicizie sono rappresentate dalla sua collega del negozio di hobbystica dove lavora e dalla sua coinquilina che cerca di trascinarla fuori dalle sue stranezze e dalla sua solitudine. Il giorno del suo compleanno quest’ultima organizza un piccolo party dove invita il suo fidanzato e un loro amico, il quale entra subito in sintonia con Sarah. Ma da questo momento in poi la ragazza comincerà ad avere delle strane “visioni” e delle pericolose convinzioni.

I fratelli Duplass producono, Alison Brie recita da protagonista e scrive la sceneggiatura insieme al regista Jeff Baena. I primi cercano di portare avanti un’idea di cinema indipendente fondato sulle intuizioni e sulle persone piuttosto che sui mezzi; la seconda mette tutta se stessa in un’interpretazione esemplare che rappresenta il più grande punto di forza del film; il terzo dirige con ottime trovate visive un “testo” non molto convincente, riuscendo comunque a regalarci degli spunti interessanti durante i momenti onirici e visionari dell’opera.

Le atmosfere sono inquietanti solo all’inizio e alla fine, cioè nei momenti in cui l’indeterminatezza sulla situazione mentale della protagonista regna sovrana, dapprima perché non la conosciamo ancora e in ultimo perché il film vira bruscamente e anche poco coerentemente verso un finale aperto che lascia molto spazio all’interpretazione. Nel mezzo, purtroppo, tutto quello che vediamo pare trasmetterci palesemente che i deliri della protagonista sono frutto della sua malattia mentale, quasi sicuramente ereditata da mamma e da nonna, quest’ultima al centro delle sue ossessioni perché pensa di essere un suo clone e dopo, addirittura, di essere proprio lei, in viaggio in diverse linee temporali.

Tutto questo non risulta quasi mai “credibile” ai nostri occhi, nonostante i sogni della protagonista ci vengono mostrati in maniera molto vivida, proprio perché il regista sembra volersi soffermare in maniera alquanto ripetitiva sulla condizione psichica compromessa della protagonista, che quindi per tutto il tempo ci sembra piuttosto una complottista fuori di testa, con la quale in ogni modo empatizzare (questo grazie soprattutto, lo ripetiamo, alla bellissima interpretazione della Brie), ma mai una che potrebbe essere davvero coinvolta in storie di rapimenti alieni, clonazioni e viaggi nel tempo.

Quindi, per quasi tutta la sua durata Horse Girl sembra voler essere un thriller drammatico che sonda la psiche umana della sua protagonista e ci fa riflettere sulla solitudine e sull’alienazione di chi convive con disturbi mentali. E nel farlo non risulta mai graffiante al punto giusto o coinvolgente oltre il minimo. Dirigendoci verso il finale, però, il regista comincia confusamente e improvvisamente a dare fondo a questi complotti deliranti, lasciandoci, come suddetto, con un finale aperto che cambia le carte in tavola, ma non risolleva totalmente la piattezza precedente.

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