I Tenenbaum

REGIA: Wes Anderson

CAST: Gene Hackman, Anjelica Huston, Danny Glover, Gwyneth Paltrow, Bill Murray, Owen Wilson, Luke Wilson, Ben Stiller, Seymour Cassel, Alec Baldwin

ANNO: 2001

Dopo più di vent’anni da quando è andato via di casa Royal Tenenbaum cerca di riallacciare i rapporti con la sua ex-moglie e con i suoi tre figli ex-bambini prodigio, ora tutti vessati da varie problematiche che vanno dalla depressione, all’amore non corrisposto, alla vedovanza. Per farlo fingerà di essere sul punto di morte, ma qualcosa andrà storto.

 

Viene ricordato, giustamente, come film più rappresentativo della poetica del talentuoso e originale Wes Anderson. “I Tenenbaum” è una pellicola molto particolare che racconta qualcosa di apparentemente semplice, ma in realtà molto complesso: la famiglia e tutte le sfaccettature che la contraddistinguono. E’ questo il leitmotiv del cinema “andersoniano” e mai come in questo caso è stato ottimamente rappresentato, perché “I Tenenbaum” è proprio uno zoom molto accurato e approfondito del tema. Tutti i componenti della famiglia vengono fotografati singolarmente con i loro tic e le loro manie per poi entrare a far parte di una sorta di “fotografia di gruppo” nella quale è possibile ravvisare il filo indistruttibile che lega indissolubilmente i componenti che fanno parte di un nucleo familiare, stabilito certamente non dalle convenzioni sociali, ma dai legami affettivi ed emotivi, al di là di qualsiasi attrito o questione irrisolta. Ed ecco che spuntano puntuali come sempre i soliti outsider che però rientrano di diritto nel “quadro”, vedasi l’amico d’infanzia che ha sempre desiderato essere un Tenenbaum, il maggiordomo indiano, il nuovo marito e soprattutto la figlia adottiva.

La bellezza di questo “quadro” sta nella maniera in cui viene dipinto, costituita da pennellate di finissima e sofisticata ironia, oltre che di gusto delicato e raffinato. Il risultato è quello di una visione al tempo stesso leggera e impegnata in un ossimoro che diventa realtà durante la visione di questo affresco dalle tinte forti e colorate, grazie anche al singolare e inimitabile utilizzo della fotografia, dei costumi, delle scenografie e degli oggetti veri e propri protagonisti del film accanto ai personaggi che divengono un tutt’uno con essi. Ecco allora che senza la pelliccia o il dito di legno di Gwyneth Paltrow, senza le tute rosse dell’Adidas di Ben Stiller e figli (che diventano nere in fase di lutto), senza la fascia da tennista di Luke Wilson, senza il cappello da cow-boy di Owen Wilson, senza i tailleur color pastello di Anjelica Huston, non si riuscirebbe a comprendere fino in fondo l’anima della pellicola. Un’anima arricchita dalla bellezza e ricercatezza della straordinaria colonna sonora (costituita da brani dei Beatles, dei Ramones, di Bob Dylan, di Paul Simon, dei Clash, dei Velvet Underground, di Nick Drake), dall’impareggiabile interpretazione degli attori protagonisti (su tutti il mastodontico Gene Hackman nel ruolo del capo-famiglia e la perfetta Gwyneth Paltrow in quello dell’annoiata e depressa figlia adottiva), e sorretta da un robusto impianto registico che tramite carrellate, piani-sequenza, inquadrature geometricamente calcolate, angolature perfette, ci restituisce tutta la bellezza del racconto e l’importanza degli ambienti nel condizionamento degli umori e nell’evoluzione degli eventi, così come dimostra la bellissima sequenza nella tenda da campeggio in cui finalmente i due fratelli adottivi possono confessarsi il proprio amore reciproco. Amore raccontato magistralmente sin dal meraviglioso incipit che mostra tutti i Tenenbaum nelle loro occupazioni fisse, soffermandosi poi su quella del fratello che sin da ragazzino non faceva altro che disegnare il volto della sorella adottiva. Amore che intenerisce ed emoziona per il suo essere ostacolato dalle restrizioni sociali che hanno portato i due a vivere delle esistenze infelici: lei sposata con un dolce e strambo psicologo che però non ama (esilarante la sequenza in cui l’uomo interpretato da un compassato Bill Murray scopre che la moglie lo ha tradito e che ha vissuto una vita oltremodo sregolata, per poi alla fine stupirsi solo del fatto che fuma di nascosto); lui in giro per il mondo su una nave dopo aver abbandonato la sua carriera tennistica sconvolto dal matrimonio di lei. Non è da meno l’altro fratello, da piccolo inventore di topi dalmata e ricco imprenditore, da adulto uomo pieno di insicurezze dovute alla prematura scomparsa della moglie che lo porta ad essere iperprotettivo nei confronti dei figli. Ognuno di loro si ritroverà a dover affrontare di petto la propria esistenza e a riallacciare i legami recisi con l’altro, il tutto scatenato dalla “follia” del redento ma recidivo genitore che in qualche modo tira le redini del gruppo nel tentativo di riassumerne il comando (la figura del “gigantesco” padre che mette in ombra tutti gli altri componenti della famiglia è molto cara al regista come dimostrano i successivi “Le avventure acquatiche di Steve Zissou”, “Il treno per il Daarjeling” e “Fantastic Mr. Fox”).

Si giunge così ad un finale affatto risolutorio o consolatorio che però costituisce un punto di partenza per la ricostruzione del mosaico distrutto nel corso degli anni. Una fine, dunque, che non è una fine, ma un imperdibile occasione per cominciare a dipingere un nuovo affresco, dopo che Royal Tenenbaum ha completato il suo “capolavoro”.

 


Pubblicato su www.livecity.it

11 commenti su “I Tenenbaum

  1. Ciao Alessandra,
    complimenti per il blog, davvero ben curato e pieno di contenuti interessanti. Considero Anderson un regista molto talentuoso e questo (al momento) il suo film più riuscito. E' uno dei miei Cineconsigli! 🙂
    A presto!

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