Il Buco: disuguaglianza sociale e avidità umana tra ferocia e solidarietà “spontanea” da estorcere a viva forza

Goreng, accompagnato solo dal libro Don Chisciotte della Mancia, si fa rinchiudere volontariamente in una struttura che sta portando avanti un esperimento molto particolare. L’edificio, infatti, è diviso in piani separati da un buco centrale attraverso il quale ogni giorno passa una piattaforma con del cibo per potersi sfamare. Piattaforma che parte dal piano più altro, il piano 0, per poi scendere sempre più assaltata da chi ci si è avventato ai piani superiori, lasciando ben poco o nulla a chi si trova più in basso. Ad ogni piano ci sono due persone, alcune rinchiuse per espiare delle pene, che rimangono sempre insieme, a meno che una delle due non muoia, e ogni mese ci si risveglia in un piano nuovo, superiore o inferiore, indipendentemente dalla propria condotta. Per Goreng, cercare di stabilire un’uguaglianza tra piani diventerà questione di vita o di morte.

Il Buco è un film molto crudo, che non va affatto per il sottile e ci spiattella violentemente in faccia il suo assunto di fondo, senza lasciare adito a interpretazioni, ma mostrando fermamente, utilizzando l’arma del genere horror, il terrore insito nella disuguaglianza di classe e l’avidità estrema che contrassegna la maggior parte degli esseri umani, che si trovino alla vetta della scala sociale o ai piedi della stessa.

In un’ambientazione distopica e fortemente claustrofobica, in questo film ognuno pensa a se stesso, sgraffignando quanto più cibo possibile, indipendentemente dal fatto che quelli ai piani inferiori arrivano a morire letteralmente di fame. Ma del resto, questi ultimi, pur di sopravvivere non si risparmiano di ammazzarsi e mangiarsi tra loro e di ricorrere alle peggiori nefandezze possibili, in una vera e propria lotta tra poveri, conseguente a quella tra molto ricchi e meno ricchi.

Nel bel mezzo di questo orrore si pone la figura di Goreng, il protagonista che decide di portare con sé come unico oggetto, così come è permesso dall’organizzazione della struttura, un libro, cosa per la quale viene spesso deriso dalle persone con cui si ritrova nei vari piani in cui si sveglia mese dopo mese. Rifiutandosi di cedere alla logica della piattaforma, che trova ingiusta e abominevole, cercherà in tutti i modi di riuscire a lasciare qualcosa a chi si trova al di sotto di una certa soglia, venendo anche tacciato come comunista per questo, ovviamente da chi si trova comodamente rimpinguato ai piani superiori.

Pur prendendo spunto da altre opere che hanno deciso di porre al centro delle loro narrazioni la lotta di classe, tramite il cinema di genere (viene in mente soprattutto Snowpiercer di Bong Joon-ho, dove la suddetta lotta avveniva all’interno dei vagoni di un treno in perenne movimento attorno al mondo), Il Buco è una critica neanche tanto velata al capitalismo che permea la nostra società, all’egoismo dell’essere umano che, in condizioni di benessere, non si cura minimamente di ciò che avviene attorno a sé, anzi sfruttando a più non posso ogni situazione per far sì che questo benessere aumenti, a discapito di quello altrui.

Tutto questo viene raccontato in maniera molto vivida e coinvolgente, grazie all’ottimo utilizzo dell’unica ambientazione (ciò che cambia ogni volta è il numero scritto sulle pareti di ogni piano, ma ogni piano è uguale all’altro) e all’estrema violenza mostrata sullo schermo (atti di cannibalismo, di sopraffazione inaudita, accoltellamenti, lotte corpo a corpo o con armi bianche e via dicendo), stemperata di quando in quando da una perfetta ironia che mostra ancora di più le falle della nostra società e dell’uomo moderno (a un certo punto la panna cotta diventa il “messaggio”, per poi rendersi conto che il vero messaggio da fare arrivare al piano 0, quello in cima alla scala sociale, è costituito da qualcosa di molto più importante, da una speranza che fa ancora credere che possa esserci un futuro per il genere umano).

Al suo primo lungometraggio, il regista spagnolo Galder Gaztelu-Urrutia, stupisce con un film di genere potentissimo e fa imparare al suo protagonista, forse fin troppo idealista, che spesso per ottenere ciò che si vuole, trattasi pure di uguaglianza, solidarietà tra esseri umani, giustizia e libertà, è necessario ricorrere alla coercizione e alle maniere forti, perché la solidarietà “spontanea”, quella che una sua collega di piano cercherà di infondere a quelli dei piani superiori e inferiori, risulta purtroppo un’utopia.

6 commenti su “Il Buco: disuguaglianza sociale e avidità umana tra ferocia e solidarietà “spontanea” da estorcere a viva forza

  1. Ciao Alessandra,
    Finalmente ho “realizzato” chi sei e ho scoperto il tuo bellissimo blog… scusami ma dai commenti che lasci sul mio appare scritto “utente sconosciuto” e non capivo: credo dipenda dal fatto che operiamo su due piattaforme diverse (blogger e altervista). Infatti volevo inserirti nella mia blogroll ma non me lo consente… peccato. Comunque adesso ti ho trovata e ti seguirò con grandissimo piacere!
    Un caro saluto.
    Sauro (SOLARIS)

  2. Anch’io, nonostante la violenza e la crudezza, ho amato questo film, che alla fine della tragica carneficina lascia aperto uno spiraglio di speranza. Una cosa di cui c’è un gran bisogno in questi giorni! Grazie per la bella recensione e per aver sottolineato il fatto che il protagonista aveva con sé il Don Chisciotte, scelta certamente non casuale se si pensa alla fantomatica “amministrazione” come ai famosi mulini a vento.

    1. Infatti risulta sicuramente inquietante e angosciante perché ci fa pensare alla nostra condizione attuale di “reclusi” e generale di esseri umani avvolti dall’egoismo e dall’individualismo. Però dall’altro lato, lascia comunque uno spiraglio per sperare nell’essere umano.

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