Il discorso del re

REGIA: Tom Hooper

CAST: Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pierce, Michael Gambon, Timothy Spall, Derek Jacobi, Eve Best
ANNO: 2011
 
Alla morte di Giorgio V, re d’Inghilterra, il trono passa nelle mani del figlio Edoardo VIII. Questi però è costretto ad abdicare per sposare la sua amante Wallis Simpson, con alle spalle altri due matrimoni. L’erede al trono, allora, diventa Giorgio VI che però è affetto da un difetto di balbuzie, grave ostacolo ad uno dei vari compiti che è chiamato ad assolvere: i discorsi in pubblico. Per risolvere questo suo problema si affida ad un particolare logopedista che diventerà prima di tutto suo amico.
 
“Il discorso del re” pur essendo un film su una figura storica e regale come quella di un erede al trono prima e di un re dopo, in realtà racconta una storia molto particolare e interessante. Non si concentra, infatti, se non di striscio, sui meccanismi soliti di questo genere di film, ma si propone come lo zoom, l’approfondimento di una determinata, singolare, caratteristica che riguarda il protagonista. Si parla della balbuzie del re Giorgio VI che gli impediva di fare discorsi articolati in pubblico e gli rese difficile l’accettazione del ruolo di monarca alla morte del padre e all’abdicazione del fratello. Va da sé che, nonostante la convenzionalità del genere, ci si aspetti, prima della visione, di trovarsi di fronte ad un film che quasi sicuramente ne eluderà in qualche modo i canoni e i topoi. In parte ciò avviene, perlomeno in una prima parte entusiasmante e promettente, nella quale si pone l’accento sul rapporto emblematico e alla fine quasi simbiotico che si viene a creare tra il futuro re e il suo strambo logopedista con aspirazioni d’attore. Si gode di molte sequenze dal sapore gustoso e delicato, gradevole e spassoso, come quella del primo incontro tra i due o quelle delle prime sedute (caratterizzate da un ottimo montaggio e da un delizioso accompagnamento musicale), che fanno pensare ad una pellicola tutt’altro che tradizionale, ma piuttosto originale e in qualche modo positivamente eccentrica, capace di allontanarsi con ironia e intelligenza dai canoni e di assestarsi su un’indipendenza non indifferente. La sensazione, però, viene purtroppo spazzata via dal sopraggiungere di una seconda parte che si concentra forzosamente e insistentemente sul dramma del protagonista, a partire dalle origini della sua balbuzie, fino ad arrivare al peso di dover reggere un regno sulle sue spalle. Il problema è che, oltre a non esserci un grande equilibrio tra le due anime della pellicola, quando si propende per quella più seriosa e impegnata, lo si fa in maniera fin troppo convenzionale e soprattutto didascalica, pericolo sventato inizialmente. Le note della colonna sonora, allora, diventano ruffiane e insistenti, concentrandosi in una fastidiosa ripetizione ad ogni sequenza dall’alto impatto emotivo, e così la regia di Tom Hooper (inizialmente molto interessante, soprattutto quando mostra entrambi che si confrontano e affrontano con una serie di pungenti dialoghi, riprendendoli alternativamente negli angoli opposti dell’inquadratura), diventa particolarmente invadente, concentrandosi su una pressante riproposizione di primi piani del re in difficoltà per i discorsi pubblici e del logopedista in apprensione per la riuscita degli stessi. Si assiste anche ad una sorta di arresto repentino del ritmo, causato da una certa ridondanza di temi e situazioni (come il “tira e molla” tra i due che poi si risolve ovviamente in positivo), che appesantiscono la visione e acuiscono lo statuto di una seconda parte fin troppo tradizionale, nello stile, nella forma e nel contenuto. Tutte le componenti del film si allineano a questa sorta di stereotipizzazione che risulta a tratti stucchevole e retorica (l’apice di questa sensazione si raggiunge nelle sequenze in cui il re allontana il logopedista ogniqualvolta questi si avvicina troppo a lui o gli suggerisce più fiducia nelle sue capacità e nelle sue possibilità), riducendo il livello di gradimento generale.
Venendo dunque a patti col fatto che in realtà “Il discorso del re”, a discapito di ciò che dà a vedere all’inizio, è un film comune e poco lontano dall’ampollosità tipica del genere, ci si può comunque intrattenere piacevolmente con la simpatica interpretazione di Geoffrey Rush nel ruolo del logopedista  e con quella intensa e convincente di Colin Firth nel ruolo del protagonista affetto da balbuzie, ma prima di tutto da mancanza di fiducia da parte dei suoi cari (ad esclusione dell’amorevole moglie). Inoltre, trattandosi sostanzialmente del racconto di questo rapporto, tutte le figure che ruotano intorno risultano solamente abbozzate, ed è per questo che le interpretazioni dei comprimari non risaltano particolarmente, nonostante si tratti di grandi attori come Helena Bonham Carter, Guy Pierce e Michael Gambon.
Concludendo si può affermare che all’asciuttezza e all’ironia inglese che contrassegnano positivamente la prima parte della pellicola, subentra un’enfasi e un’esagerazione del dramma tipicamente hollywoodiana. Sarà per questo che, esulando da qualsiasi tono polemico, il film è piaciuto molto da quelle parti, portandosi a casa addirittura 12 nomination agli Oscar?

VOTO:

26 commenti su “Il discorso del re

  1. Questo film vorrei proprio vederlo, anche perché gli amici che lo hano visto me ne hanno parlato molto bene. Anche se dopo aver letto la tua recensione qualche dubbio sulla qualità della pellicola lo nutro. Ti farò sapere.
    Ciao

  2. mi piacciono molto i film inglesi ambientati durante i vari regni,il migliore in assoluto che consiglio a tutti è :Il leone d'Inverno,con peter o'toole,anthony hopkins,katherine hepburn

  3. Pillole e Yvanie, dopo mi farete sapere.

    Glore, infatti mi sorprendono le 12 nomination agli Oscar. O perlomeno, ormai non dovrebbe sorprendermi più niente.

    viga, quello devo vederlo al più presto possibile. Ho come l'impressione che avrà una "statura" di gran lunga superiore a questo, che comunque, sia chiaro, è un film alquanto gradevole.

  4. il leone di inverno non è una commedia,ma un possente e memorabile film storico.Contano gli intrecci fra famigliari per il potere e la successione.
    Un po' come quel film con Richard Burton:Un Uomo per tutte le stagioni,su Becket se non sbaglio.

    Grandi film fatti in grandi epoche,comunque sia questo film-il discorso del re-lo guarderò con piacere.Le commedie british mi piacciono,hanno un senso graffiante ed elegante-spesso- che un po' invidio

  5. Questo l'ho visto in un piccolo cinema con degli amici, tra l'altro con posti orribili, ed ero pure arrivato con 10 minuti di ritardo! Eppure, questo film è stato in grado di "curare" il mio pessimo umore di quel giorno. Grandissimo Colin Firth nel rappresentare un Giorgio VI balbuziente, insicuro e anche un po' scorbutico. Le scenette col logopedista (Geoffrey Rush in atteggiamento molto british, anche se nel film è australiano) sono geniali. Mi piace anche lo stretto legame che viene a crearsi tra i due.
    Anch'io ho notato una piccola esasperazione melodrammatica, ma niente che possa pregiudicare la visione. Ma sono d'accordo: è un bel film che fa il suo dovere, ma non un capolavoro acchiappa-Oscar. E' non voglio affatto sminuirlo, resta senz'altro meglio di molto ciarpame.

  6. viga, sono sicura che indubbiamente Il leone d'inverno ha una statura del tutto diversa rispetto a questo film, che comunque è sicuramente gradevole.

    Drake, quindi diciamo che siamo sostanzialmente d'accordo.

  7. Per niente d'accordo, Alessandra. Il film ha un'anima interamente britannica che fa del minimalismo, appunto, la sua cifra vincente.
    Attori straordinari, come sempre sono gli inglesi (sarà che tutti si fanno le ossa con Shakespeare?) e dialoghi azzeccati. Ricostruzione puntuale, ma grazie a dio senza indulgere troppo alla cura filologica del dettaglio, che a volte in certi film finisce per prevalere.
    Tu parli di un'enfasi che cresce nella seconda parte, ma a me sembra ovvio visto che nell'ultima sequenza vengono a sovrapporsi due nodi cruciali: il discorso radiofonico, sempre temuto dal protagonista per la sua balbuzie, e la sostanza stessa di quel discorso, che è pur sempre la comunicazione di una nuova guerra al popolo inglese.
    Non mi pare eccessivo sottolineare il momento e concentrarlo drammaticamente: francamente trovo ci sia una certa coerenza, e nessuna nota stonata.
    Ciao.

  8. Bè, io ho percepito nella colonna sonora e in alcuni momenti registici una sorta di eccessiva enfasi, più del dovuto dato il tema ovviamente, che mi è sembrata a tratti didascalica, oltre che appunto pomposa. Ovviamente è una sensazione personale che potrebbe essere anche sbagliata.

  9. Ma no, ma no…
    Tutti parliamo e tutti, fatalmente sbagliamo.
    Però è utile confrontarsi anche sbagliando, no?
    Lo sai, Alessandra: sbagliando s'impara.
    La palla è rotonda.
    I negri hanno il ritmo nel sangue.
    Tanto va la gatta…
    Vabbé, mi fermo prima di farti tutto l'elenco 🙂
    Ciao.
     

  10. Bravissimi gli attori (probabilmente anche più bravi in lingua originale), bella fotografia, interessante storia.
    Però manca qualcosa per essere un capolavoro, forse alcuni mancati sviluppi della trama o qualche volo della regia, non saprei con precisione. Un film da vedere in ogni caso…

  11. Ho trovato questo film più che gradevole: direi che è un buon film. Però non comprendo l'assegnazione di quattro Oscar. Va bene premiare l'ottima performance di Colin Firth, ma gli altri tre riconoscimenti sono a mio avviso esagerati (miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura originale).

    A presto!

  12. Guarda l'anno scorso 8 Oscar a The millionaire, quest'anno 4 a Il discorso del re. Entrambi buoni film, per carità, ma assolutamente non meritevoli di tutti questi Oscar. Almeno secondo me…

  13. Concordo assolutamente. Buon film. Nulla più.
    Però è una riflessione sull'importanza della comunicazione.
    Alla prossima,
    Francès

  14. visto sta sera.. come ho scritto da me, un ottimo Colin Firth ma mi è piaciuto tanto anche G.Rush. il rapporto che si instaura tra loro.
    Il film è carino… la forza la danno loro.. ma non è un capolavoro.

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