Il grande Lebowski

REGIA: Joel Coen
CAST: Jeff Bridges, John Goodman, Steve Buscemi, Julianne Moore, John Turturro, Philip Seymour Hoffman, Ben Gazzara, David Huddleston, Peter Stormare, Sam Elliot
ANNO: 1998
 
Dude, così si fa chiamare da tutti, è un appassionato di bowling, oltre che un pigro cronico e un disoccupato “organizzato”. Di rientro da una partita si ritrova dei brutti ceffi in casa che gli rovinano il tappeto nuovo e pretendono da lui la restituzione di un debito contratto da sua moglie. Ma Dude non è sposato, infatti è stato scambiato per un milionario, suo omonimo, che presto gli chiederà di aiutarlo a ritrovare la moglie rapita.
 
Un film che si può definire con una sola parola: cult. “Il grande Lebowski”, infatti, non può non essere tra i film preferiti in assoluto di cinefili e appassionati di cinema in generale. Il suo statuto di film mitico se l’è guadagnato a piene mani, grazie alla dimensione grottesca, surreale, irresistibile e assurda che spesso accompagna le pellicole dei geniali fratelli Coen e che, in questo caso particolare, risulta davvero straordinaria, oltre che perfettamente mixata con i vari elementi di stile, forma e contenuto che rendono il film, non solo superficialmente godibile, ma anche decisamente importante dal punto di vista cinematografico. E’ impossibile, allora, resistere alla variegata galleria di mitici personaggi che compongono questo puzzle intricato e folle. A partire dal fantastico protagonista, Dude (in italiano stranamente tradotto con Drugo) sempre in shorts e camicie larghe, o in accappatoio, alla continua ricerca di un white russian da sorseggiare, di una canna da fumare o di un trip da ingurgitare. Lui è l’inarrivabile Jeff Bridges che qui dà vita ad uno dei suoi personaggi migliori, nonché ad uno dei più rappresentativi di un certo tipo di cinema indipendente e lontano dai canoni tradizionali e convenzionali. Ad accompagnarlo c’è l’incredibile Walter, veterano del Vietnam, convinto che con una pistola e con la prepotenza si trovi la risposta a tutto (un’imperdibile e straripante John Goodman) e il silenzioso e timido Donny (il perfetto Steve Buscemi).
Tutti e tre passano il loro tempo a giocare a bowling, l’unico sport che gli permette di chiacchierare infinitamente su qualsiasi argomento e, a volte, di correlarsi con strani tipi, come il viscido Jesus, pederasta strafottente (un fantastico John Turturro). All’improvviso, però, a causa dello scambio di persona in cui incappa Dude, i tre si ritrovano in una spirale di rapimenti, ricatti, riscatti, minacce e ritorsioni, da far girare la testa. A partire dalla figura del ricco miliardario che si rivolge a qualcuno per risolvere i suoi affari sporchi, infatti, si nota una sorta di riferimento al grande capolavoro letterario di Philip Marlowe, “Il grande sonno”, romanzo pieno di intrighi, rivolgimenti e cambiamenti di prospettive. Tutto ciò avviene anche ne “Il grande Lebowski”, con la differenza che a contornare il caos degli avvenimenti, c’è anche il caos dei personaggi, dei generi cinematografici mescolati in maniera abilissima (come solo i Coen sanno fare) e delle situazioni collaterali. Ecco che fanno la loro comparsa sullo schermo la figlia del miliardario, pittrice in movimento fissata con la vagina e con il desiderio di diventare madre (una splendida Julianne Moore), un produttore di film porno del tutto deciso a riavere i suoi soldi (un Ben Gazzara più sornione che mai), un cow-boy che ci racconta la storia e che tenta di districare il filo della matassa (un enigmatico Sam Elliot) e un trio di nazisti-nichilisti più allucinante che mai.
Parlare di allucinazioni, tra l’altro, non è affatto casuale, visto che all’interno della narrazione sono inseriti anche dei travolgenti inserti onirici col protagonista che vola sul tappeto tanto agognato o che si ritrova nel bel mezzo di un musical sul bowling. Il tappeto, vero e proprio deus ex machina della narrazione, verrà più volte posto al centro dei deliri del protagonista e dei suoi compari, tanto da diventare vero e proprio leitmotiv della pellicola (del resto “dava un tono all’ambiente”, come ripete infinitamente Dude), che si distingue anche per questa attenzione maniacale e a tratti paradossale per determinati oggetti (non solo il tappeto, ma anche il succitato white russian, un’automobile scalcinata, una valigetta piena di mutande sporche, un dito mozzato con l’unghia dipinta di verde, una musicassetta dei Creedence).
Accompagnato da un’eccezionale colonna sonora (i Creedence appunto, ma soprattutto Bob Dylan) e costellato di grandi attori (da non dimenticare anche Philip Seymour Hoffman nel ruolo del servizievole segretario di Big Lebowski), “Il grande Lebowski” è uno dei film più profondamente coeniani, con uno stile sicuramente inconfondibile, ma soprattutto un’anima sovversiva, trascinante, intelligentemente ironica e, soprattutto, deliziosamente folle.

Pubblicato su www.livecity.it

23 commenti su “Il grande Lebowski

  1. un cult sublime e una grandissima lezione su come si deve maneggiare il Grottesco.
    Il mio personaggio preferito è quello di John Goodman,rappresentazione perfetta del cuore pulsante yankee-prima mena e poi chiediti perchè-
    la scena a casa dello studente dodicenne con relativa distruzione della ferrari è mitica!

  2. Assolutamente d'accordo. Aggiungerei che lo status di cult il film lo ha fatto ancor più proprio quando, recentemente, è diventato il manifesto di un movimento religioso, chiamato dudeismo, che pare conti già più di 100.000 adepti.

  3. viga, personaggio davvero fantastico. Ma c'è da dire che anche il grande Dude è indimenticabile.

    Rear, non sapevo affatto di questo "culto". Fantastico!

  4. Quello che è grandioso in questo film, a parte i personaggi secondari, tutti "strambi" e ottimamente caratterizzati, è l'atteggiamento di Drugo stesso: mantiene sempre la calma, è rilassato, quasi indifferente, e si fa trascinare dagli eventi senza quasi accorgersene, senza perdere il proprio senso dell'umorismo.

  5. Giusto, anche quelli di contorno. Ma del resto grande pregio di tutti i film dei Coen è sempre la perfetta, calibratissima e irreprensibile sceneggiatura.

  6. drake, infatti la flemma del drugo (preferisco chiamarlo dude però), è davvero straordinaria, oltre al fatto che il suo personaggio è ovviamente speculare a quello del Big Lebowski (affarista, arraffone, ecc…). Io lo trovo veramente adorabile.

  7. Come hai scritto nalla recensione: un cult! Ormai è entrato a far parte dell'immaginario (e, aggiungerei, dell'onirico)  di tanti cinefili. Dalle mie parti tempo fa c'era (e forse c'è ancora) persino una squadra di calcio con il nome del film. Ogni volta che lo vedo provo sempre nuove emozioni.

  8. "Questo non è il Vietnam, è il bowling, ci sono delle regole!", dice Walter Goodman.
     
    siamo a livelli stratosferici, quasi come "Nessuno è perfetto".

  9. In effetti anche per me la traduzione Drugo e quanto mai misteriosa (forse di origine dialettale?), ma il film resta grandioso anche col doppiaggio italico! 😉

  10. La scena delle ceneri è epica. Come quella in cui entrano in casa per spaccare tutto e trovano quel tizio dentro un polmone d'acciaio…

  11. Il bello della storia è che tutto si scatena perché Drugo voleva solo il suo tappeto… insomma, dava davvero un tono all'ambiente!

    Avete poi notato che, nonostante il trio di amici passi le giornate sulla pista da bowling, alle prese con tornei e altro, non vediamo MAI il protagonista giocare a bowling? Voglio dire, assistiamo a ben due lanci di Donny, a Walter che assume la posizione prima di scagliare la boccia (ma a quel punto esce dall'inquadratura), non parliamo poi del siparietto con Jesus che lecca la palla, ma Drugo (o Dude, se preferite) non lo vediamo mai giocare.

  12. Lilith, sicuramente Drugo l'hanno preso da Arancia Meccanica.

    bruno, la scena delle ceneri è fantastica!!!

    drake, geniale anche quello comunque!

  13. Il migliore film dei Coen in assoluto. Non potranno mai più ripetersi..

    Aggiungo che, se accompagnato da una canna è ancora più stupendo… xD

    Glore

  14. Glore, non saprei, non fumo. Detto questo i miei preferiti in assoluto dei Coen, insieme a questo, sono Fargo, L'uomo che non c'era e Non è un paese per vecchi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarĂ  pubblicato.