Il nastro bianco

REGIA: Michael Haneke

CAST: Susanne Lothar, Christian Friedel, Leonie Benesch,Ulrich Tukur, Ursina Lardi

ANNO: 2009

 

In un villaggio rurale del nord della Germania, nel biennio precedente la Prima Guerra Mondiale, avranno luogo degli strani avvenimenti che getteranno dubbiosità e scompiglio tra i vari abitanti.

 

Un film letteralmente raggelante, il vincitore della Palma D’oro all’ultimo Festival di Cannes. E non solo per l’algido bianco e nero che contrassegna la straordinaria fotografia (che a tratti ci regala degli squarci paesaggistici, ma non solo, veramente magnifici), ma anche per lo strisciante e sottinteso suggerimento di interpretazione alle vicende narrate. Impossibile non cogliere la volontà del regista di fotografare in maniera quasi inedita la genesi e i più profondi meccanismi della nascita dei principi nazisti che una generazione successiva rispetto alle vicende raccontate, sarebbero dilagati nella triste e indimenticabile pagina storica che noi tutti conosciamo. Ecco che allora, facendoci riflettere ampiamente (trattasi infatti, così come il cinema in generale di Haneke, di un film sostanzialmente cerebrale e partecipativo) sulla responsabilità dei “padri”, ci presenta dei “figli” al tempo stesso vittime e carnefici, in un interscambio che trova la sua ragione di esistere proprio nella messa in atto dei rigidissimi e intransingenti insegnamenti ricevuti. Ecco che allora il nastro bianco del titolo, quello che viene fatto indossare a due ragazzini colpevoli di aver disatteso una norma educativa del severissimo padre, assume un rilievo emblematico. L’innocenza che contrassegna il colore e che quindi deve ricordare ai portatori del nastro la loro purezza di giovani creature, si trasforma, anche se questo viene lasciato alla nostra libera interpretazione pur essendo quasi palese nonostante l’alone dubbioso che circonda i sospetti sui vari colpevoli, in una sorta di cieco e spaventoso apprendimento dei valori ricevuti. Così come ad un ragazzo vengono legate le mani di notte per evitare di indulgere in atteggiamenti tipici della sua giovane età, o un altro viene picchiato crudamente per aver rubato uno zufolo ad un bambino, o una bambina viene umiliata davanti a tutti per un po’ di baldoria in classe; allo stesso modo, per una sorta di allarmante coerenza, anche gli adulti che decantano un rigore così estremo, vanno puniti per la loro condotta non perfettamente rispondente all’educazione cattolica e puritana, oltre che estremamente intransigente, che impartiscono ai propri figli, a quelli che sempre più chiaramente ci appaiono come i componenti della futura generazione nazista. Ecco che allora non è difficile immaginare i componenti delle SS, che abbiamo visto solitamente adulti sugli schermi, come dei bambini o ragazzini che decapitano uccellini, picchiano a sangue degli innocenti bambini per punire i genitori colpevoli di aver disatteso le norme morali e civili che vigono nel villaggio, incendiare granai e via di questo passo. Tutto per una sorta di vocazione alla punizione (la stessa che i genitori hanno nei loro confronti) per atteggiamenti che si allontanano dall’educazione che viene loro impartita: genitori che hanno interessi fin troppo morbosi per i figli, relazioni clandestine, sfruttamento dei più deboli, tradimenti.

Dunque, al di sotto della rigidità e del perbenismo che contrassegnano fortemente, ma solo apparentemente, questo villaggio, si nasconde una realtà ben diversa, che conduce agli avvenimenti di agghiacciante portata a cui noi spettatori, e anche il maestro del villaggio narratore onniscente della vicenda,  siamo chiamati ad assistere.

Lo stile registico di Haneke non si discosta poi tanto dal suo solito modo di girare, con una precisione quasi geometrica delle singole inquadrature e con l’utilizzo funzionale del fuori campo per le violenze più inaudite che vengono lasciate alla nostra immaginazione, riuscendo nell’intento di turbarci e inquietarci maggiormente. Il grande utilizzo della profondità di campo, delle inquadrature fisse, dei primi piani, oltre che l’attenzione minuziosa agli ambienti e ad ogni singolo oggetto, fanno il resto, regalandoci un film tecnicamente quasi perfetto, che si avvale anche di espedienti estetici e narrativi di non poco conto. Al di là della succitata fotografia, a colpire è anche la totale mancanza di colonna sonora (al di là di alcuni momenti in cui la musica è utilizzata in maniera diegetica) che in questo caso contribuisce a farci respirare ampiamente l’aria malsana che contraddisingue il villaggio e quasi tutti i suoi abitanti.

Fermo restando che ci viene mostrato il generale e indistino orrore che precede e dà il via al successivo sconvolgimento storico-sociale della Germania, e poi di rimando del resto del mondo, rimane difficile asserire cosa sia più terrificante e angosciante: l’ipocrisia e l’estrema rigidezza degli educandi e dei loro insegnamenti o la mostruosa e cieca obbedienza degli educati ad essi?

 

VOTO:



34 commenti su “Il nastro bianco

  1. Al di là del fatto che non è detto che se un film non emoziona, allora è un brutto film, secondo me in questo film ci sono alcuni momenti che coinvolgono enormemente.

  2. Assolutamente il primo grande film di questa stagione cinematografica… Fantastico.. E’ stupendo il fatto che una vera soluzione plausibile allo pseudo-giallo della pellicola non venga mai rivelata, soprattutto per come costruisce il tutto…

  3. Non sai quanta voglia mi hai fatto venire di andare a vederlo. Accidenti stasera dovrei andare a vedere Nemico Pubblico, ma lo baratterei volentieri.
    Spero di andare in settimana.
    Ciao

  4. Cavolo. Non ne avevo sentito parlar bene (certo ha vinto la Palma d’oro, ma il fatto che abbia vinto questo premio non è sempre una sicurezza no?). Invece ora ho letto la tua analisi e hai ribaltato tutto. Cavolo! Credo che se mi sarà possibile, dovrò assolutamente recuperare questo film. Oltretutto Haneke non mi dispiace, anzi lo avevo apprezzato molto per il suo autoremake di "Funny games". Di sicuro se non lo riesco a vedere al cinema lo recupero in dvd.
    Saluti Ale.

  5. Glore, mi fa piacere che ti sia piaciuto.

    Pillole, anche Nemico Pubblico va assolutamente visto.

    Ale, se riesci a vederlo poi fammi sapere.

  6. Davvero? Non hai neppure una multisala vicino dove possano trasmetterli? [Io le disprezzo abbastanza, ma molti film arrivano soltanto lì]

  7. avevo già intenzione di vederlo, ora poi dopo aver letto la tua bella recensione ^^ spero di trovare un po’ di tempo per andare al cinema anche per questo, ma ne dubito.. mi sa che dovrò percorrere altre strade -_-

    *Asgaroth

  8. Glore, si nei multisala sono arrivati, ma siccome sto avendo problemi all’auto e non c’è altro mezzo per raggiungere il multisala più vicino a me…mi tocca rimaneremene isolata nella mia impossibilità di vedere due pellicole che aspettavo particolarmente…comunque vedrò di rimediare in questi giorni se possibile.

    Asgaroth, questo è un film che ha diviso parecchio, ma secondo me è di grande valore.

  9. Anche da me non è arrivato. E ci tenevo così tanto a vederlo. Pensa… anche solo la foto che hai pubblicato in calce al tuo post è sufficiente per entusiasmarmi, per non parlare della tua recensione che mi ha già trascinato dentro il film. Attendo con pazienza.

  10. Un gran film, sia per icontenuti (che tu ben sottolinei) sia per lo stile: se è vero che è perfettamente in linea con le opere precedenti di Haneke (prende anche la struttura misteriosa e ambiguamente aperta di "Cache"), mi è parso che la fotografia in bianco e nero, fredda e algida, abbia un qualcosa di bergmaniano. C’è persino chi lo ha definito un incrocio fra "Fanny e Alexander" e "Il villaggio dei dannati"! ^^

    Ciao
    Christian

  11. Luciano, la fotografia in generale della pellicola è veramente straordinaria. Ma non è l’unico punto di forza del film.

    Christian, tutti riferimenti che non possono che confermare la grandezza di questo film.

  12. Da me è arrivato…ma non nelle multisale maggiori… lunga vita all’apollo…dopo questo inciso campanilista…  cerebrale mi sembra la parola giusta..si potrebbe spezzettare il film e ragionarci in maniera "tomizzata"….una scena che mi ha entusiasmato è quella in cui il contadino vede il cadavere della moglie, scena in cui il corpo della donna e la parte anteriore del busto del marito (ed il rispettivo dolore) sono nascosti da un muro, muro dove impercettibilmente si muove un insetto (una mosca) prima che la stanza venga riempita di mosche…. anche se per me una delle scene madri è stata quella in cui il dottore vomitava veleno sulla levatrice…

    Ivan

  13. Ivan, quella scena di cui parli (quella del marito che va a fare visita al cadavere della moglie), secondo me è veramente monumentale…e sarò strana io, ma mi ha colpita ed emozionata, quindi si un film cerebrale, ma non per questo poco coinvolgente.

  14. Un film che non emoziona, nel senso che non spettacolarizza ciò che mette in scena. Brechtianamente quasi, lo raffredda nella forma, per far deflagrare una violenza tutta culturale e psicologica che opprime la comunità protagonista.
    Così facendo, però, Haneke firma un film davvero inquietante, algido e intellettuale nei toni quanto terribile nella sua essenza: quasi la genesi del nazismo in una società schiacciata da una distorta concezione di "ordine" e "disciplina".
    A mio modo di vedere, un film esemplare.
    Ciao Ale, complimenti.

  15. haneke è il più grande bluff della storia del cinema recente.
    il fatto che faccia dei film dal contenuto nobile non significa che faccia dei bei film.
    solo che molto spesso la potenza della provocazione (spesso gratuita) porta il pubblico a sopravvalutarne le capacità.
    a me sembra uno che non ha alcun tipo di amore verso il cinema (non dico verso l’umanità, quello mi sembra evidente!), e che anzi lo tratta in modo eccessivamente paternalistico.
    tipo "piccolo mio, non vali un cazzo, ma adesso ci sono io, che sono tanto di filosofo e tanto di psicologo, che ti faccio dire qualcosa di interessante, non come quei cattivi americani!"
    emanuele

  16. Questa volta non ci troviamo d’accordo. Pur tenendo conto della supponenza, credo che tu parli di questo, (allora sai quanti registi dovremmo definire dei bluff?), non bisogna negare che Haneke sia un ottimo regista che con la macchina da presa riesce a teorizzare e allo stesso tempo a mettere in pratica le sue teorie e non è poi così scontata come cosa…

  17. ma io nego proprio questo.
    secondo me haneke non è nemmeno un grande regista.
    se restiamo alla tecnica, gente tipo sam raimi o quentin tarantino – per dire due nomi che haneke sicuramente disprezza per il loro approccio principamente ludico all’arte cinematografica – ma anche come paul thomas anderson o james gray – per dirne due che invece hanno seguito un percorso un po’ meno mainstream – gli da una pista, e il nostro nemmeno potrebbe allacciargli le scarpe.
    i film di haneke hanno pochi elementi di novità formale.
    si presentano con inquadrature rigide e una nitidezza formale che si fonde nel distacco emotivo da quanto è narrato: sono sempre state le stesse, con pochissime novità.
    haneke non è un tecnico eccelso, i suoi film si fanno notare più per le enormi provocazioni (le automutilazioni della huppert ne la pianista) che non per un qualche talento visivo.
    è semmai un filosofo/psicologo (anche in questo campo, le sue teorie mi sembrano piuttosto stucchevoli) che ha deciso di comunicare non con i saggi, ma con il cinema.
    forse perchè è un’arte borghese per definizione, e lui la odia al punto da volerla annullare (così si spiegano i numerosi tentativi di assassinio semiotico che si osservano nei suoi film).
    puoi sinceramente affermare che haneke sia uno che abbia mai dimostrato di amare il cinema (tipo vederlo, o farlo, o ricordarlo)?

  18. Molto probabilmente questo distacco emotivo è presente nei film di Haneke, ma a parte che è voluto (e io non faccio mai processi alle intenzione, ma ai risultati), secondo me non è del tutto vero, perchè molto spesso i suoi film suscitano angoscia e inquietudine che per me sono delle emozioni, dunque tutta sta freddezza poi neanche è totale. Al di là del fatto che comunque il coinvolgimento io lo provo sempre, perchè mi sento sempre chiamata in causa in prima persona da Haneke, e non solo perchè mi provoca (e uno può giustamente accettare e apprezzare o meno le provocazioni), ma anche perchè mi mette proprio di fronte ad una serie di questioni che io reputo interessanti e che mi fanno riflettere su molti argomenti che mi stanno a cuore o che se non mi stanno proprio a cuore, sono comunque suggestivi. Ora, ovviamente non è un cinema così pulsante e vitale (anche se è vitale a modo suo per quanto dicevo sopra), come quello di altri registi che io amo a dismisura, ma questo non vuol dire che non si possa apprezzare un modo di fare cinema e anche l’altro. Una cosa non esclude l’altra secondo me. Questo cinema mi piace per questi motivi, quell’altro cinema mi piace per quegli altri motivi, ecc…

  19. Mi colloco tra gli estimatori di Haneke e concordo con tutte le considerazioni di Ale55andra, tranne con quella sull’individuazione dei bambini come future SS. Questa e’ solo una possibile lettura, ma non mi sembra esplicitata da nessun momento nel film.

  20. Avevo letto la recensione qualche tempo fa, il dibattito che ne è seguito invece me lo ero perso, meno male che sono tornato qui perchè sarebbe stato un peccato.
    Come hai già detto tu dal punto di vista formale è perfetto, o almeno anche per me lo è. Sul contenuto invece sono un po’ perplesso. La tesi del film mi sembra discutibile, o comunque non credo che l’avvento del nazismo si possa spiegare esclusivamente con l’educazione eccessivamente rigida, anche se è molto affascinante, ed in generale Il nastro bianco (fresco vincitore di Golden Globe), mi è sembrato troppo freddo per potermi far accendere delle lampadine in testa.
    Dall’altro lato però la storia non può non coinvolgere, perchè la domanda che chiede come sia stato possibile il nazismo è uno dei grandi interrogativi della storia.
    La faccia di bronzo dei bambini è da annali, alla fine, quando vengono sorpresi per l’ennesima volta a spiare e per l’ennesima volta educatamente salutano come se niente fosse, mi è anche uscita una risatina nervosa.
    Insomma io lo promuovo, ma sinceramente mi aspettavo qualche cosa in più.
    Ciao

  21. Pillole, questo aspetto della fredezza del film è stato riportato da più di uno spettatore. Io sinceramente mi sono sentita totalmente coinvolta, magari non emotivamente, ma intellettualmente dalla pellicola.

  22. io sono rimasta a bocca aperta!a mezzanotte avrei tanto voluto chiamare haneke e fargli i miei complimenti perchè non mi ha fatto dormire la notte,altro che questi squallidi horror,le solite americanate.Haneke riesce a spiazzarti con i suoi racconti crudeli,masochisti,agghiaccianti,e purtroppo così realisti,come anche in funny games,ora non vedo l'ora di vedere il primo funny games del 1997. questo film mi sta tormentando da due giorni,mi ha trasmesso un senso di angoscia e soffocamento assurdo! trovo che sia un film che non a tutti può piacere,non so se mi ha colpito in positivo o in negativo,ma in ogni modo mi ha colpito!
    solo una curiosità,che idea avete avuto del non ritorno dell'allevatrice?

  23. "…tranne con quella sull'individuazione dei bambini come future SS. Questa e' solo una possibile lettura, ma non mi sembra esplicitata da nessun momento nel film."

    e secondo voi quel nastro sul braccio cosa potrebbe significare? 😉

    "Così come ad un ragazzo vengono legate le mani di notte per evitare di indulgere in atteggiamenti tipici della sua giovane età,"

    inoltre, sul finale si potrebbe pensare che la storia della masturbazione potrebbe essere tutta una montatura del padre per coprire i veri sensi di colpa del figlio, colpevole di aver fatto cose "molto brutte".

    Il film è a tratti angosciante e forse troppo crudo, ma a me è piaciuto.

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