Il pianeta delle scimmie 1968 Vs Il pianeta delle scimmie 2001

La pessimistica, terribile e inevitabile distopia della scimmia-uomo


Il_pianeta_delle_scimmie1Tre astronauti, Taylor, Landon e Dodge, approdano con la loro navicella spaziale su un pianeta in cui a governare sono le scimmie nel ruolo di vere e proprie persone, mentre ad essere sottomessi sono gli uomini, considerati degli animali. Taylor, imprigionato e impossibilitato a parlare perché ferito alla gola, lotterà per far comprendere alle scimmie la sua vera natura di persona, ma dovrà scontrarsi con l’ostracismo di alcune di loro nel voler nascondere la reale linea evolutiva della specie vivente.

Straordinario film di fantascienza del 1968, anno emblematico della contemporanea uscita del capolavoro “2001 – Odissea nello spazio”, “Il pianeta delle scimmie” è figlio di quel periodo storico e sociale, visto che si incentra, tra le altre cose, anche sulla paura del nucleare dovuta agli anni della Guerra Fredda. Ma al di là di questo sottotesto contestualizzabile in quel periodo storico-sociale, la vera valenza concettuale e teorica della pellicola assume dei contorni universali e senza età in una sorta di “fantascientifica” immortalità, quasi come quella da cui sono colti i protagonisti del film. Nel loro viaggio spaziale, infatti, ci raccontano che se sulla navicella sono passati sei mesi, sulla terra sono più avanti di 700 anni. E quando cadranno sul pianeta teatro delle loro avventure, ne saranno passati molti di più.

Ecco che allora, metaforizzati in maniera esemplare ed estremamente efficace dalla contrapposizione uomo-scimmia, ma soprattutto dal ribaltamento dei due ruoli, all’interno della pellicola è possibile ravvisare numerose tematiche sociologiche, etiche e persino politiche di non poco conto. Si arriva persino a riflettere sul ruolo della fede e della scienza e sull’interscambio tra le due entità che spesso non avviene a causa dell’oscurantismo di ognuna di esse nei confronti dell’altra, a seconda della convenienza di chi le propugna. Ad aggiungersi una riflessione profonda, intensa ed emozionante sulla natura dell’uomo, proclive alla malvagità, alla guerra, all’odio nei confronti dei suoi simili, così come efficacemente intuiamo dai brillanti dialoghi e, soprattutto, dalle caratteristiche principali del protagonista, straordinariamente interpretato da Charlton Heston. Egli ha intrapreso questo viaggio spaziale perché speranzoso di riuscire a trovare in qualche altro pianeta qualcosa di migliore dell’uomo, da lui disprezzato per la sua tendenza agli aspetti negativi succitati.

E se durante la narrazione ci ritroveremo a sperare, insieme a lui, nell’esistenza tutto sommato di un barlume di “bontà” insito nel genere umano, così come dimostrano i vari tentativi di Taylor di affermazione in questo senso, il finale, straordinariamente toccante, coinvolgente e comunicativo (oltre che sorprendente e al tempo stesso terrificante nel suo inaspettato colpo di scena), ribalterà nuovamente le carte in tavola, restituendoci un pessimismo cosmico non indifferente circa la natura dell’uomo, e di conseguenza, il futuro che spetta al genere umano proprio a causa di questa sua natura.

“Il pianeta delle scimmie” ci restituisce, inoltre, la forza delle idee, dato che partendo dalla semplice contrapposizione di ruoli (resa peraltro visivamente in maniera egregia, grazie non solo alle maschere delle scimmie, ma soprattutto al loro modo di esprimersi e di comportarsi, davvero modellato su quello dell’uomo, e viceversa per quanto riguarda gli uomini “animalizzati”), riesce a comunicare una complessità di contenuti non indifferente, oltre ad essere decisamente apprezzabile dal punto di vista prettamente “ludico” con una serie di scene d’azione davvero ben congeniate (la prima in cui i tre vengono catturati, ma anche quella in cui il protagonista cerca di scappare dal villaggio delle scimmie, o quella finale di fuga verso l’apparente libertà), arricchite anche da straordinarie scenografie.

Oltre ad essere un film di genere, dunque, “Il pianeta delle scimmie” è soprattutto una pellicola stimolante e suggestiva che permette allo spettatore di soffermarsi su argomenti di portata monumentale. E parlare di monumenti, soprattutto in riferimento a ciò che si vede nel finale, non è affatto casuale…

 

Come ridicolizzare un perfetto impianto concettuale

Il_pianeta_delle_scimmie2Questo “Planet of the apes” di Tim Burton può concorrere a pieno titolo alla gara di remake più inutili e irrispettosi della storia, oltre ad essere, bisogna dirlo, il punto più basso della carriera di un regista abilissimo e molto particolare. Un passo falso imperdonabile se si considera in correlazione al suo originale, ma più sopportabile se si pensa ai grandi film che Burton ci ha donato nel corso degli anni.

Ciò che rende “Planet of the apes” davvero insopportabile in sé per sé, però, è la pesante patina di ridicolo involontario che aleggia su tutta la pellicola a partire dalla contrapposizione uomo-scimmia, fulcro essenziale dell’idea originale e del romanzo di Boulle da cui è tratta, oltre che involucro del bagaglio teorico e metaforico della stessa, qui resa nella peggiore delle maniere con le scimmie che si arrampicano ai lampadari e si esibiscono i riti sessuali davvero assurdi.  Non si comprende, ad esempio, perché mai gli uomini di questo film sono in grado di parlare e di capire i ragionamenti delle scimmie o addirittura di assurgere al ruolo di servitù in una sorta di didascalismo estremo nella riproposizione della tematica. O perlomeno non si vorrebbe comprendere, dato che l’intento sembra essere quello di trasmettere una sorta di prigionia umana da parte di questi “mostri” che hanno preso il potere, mentre il concetto che sta alla base di questa brillante idea è proprio quello di ribaltamento della scala evolutiva, dovuto alla naturale regressione dell’uomo allo stadio animale e, di conseguenza, dell’altrettanto inevitabile ascesa dell’animale allo stadio umano.

Da denuncia, poi, l’evoluzione dei rapporti tra i vari protagonisti, con l’improponibile innamoramento di una scimmia nei confronti del protagonista, laddove nell’originale avevamo una scena di squisita e arguta ironia a questo riguardo, quella in cui Heston per ringraziare la scimmia-dottoressa che l’ha aiutato le si avvicina per darle un bacio e questa quasi inorridita gli dice chiaramente che per lei è bruttissimo, come è naturale pensare per una persona che debba baciare un essere che considera un animale. Ma anche tutti i dialoghi e le situazioni che man mano si propongono sono davvero banali, oltre che altamente stereotipati, a partire dal soldato-scimmia, fino ad arrivare a tutti i personaggi di contorno.

Tralasciando, dunque, lo scempio fatto sulla qualità primaria e straordinaria del principale concetto trasmesso dall’originale, a non convincere ci sono anche le interpretazioni dei protagonisti, soprattutto di quelli secondari nel ruolo degli uomini sottomessi, che risultano a dir poco affettate e sopra le righe, senza considerare che Mark Whalberg, comunque apprezzabile come attore, non riesce minimamente a raggiungere la grandezza recitativa del suo predecessore Charlton Heston.

Grande, e non ultimo, “delitto” compiuto da questo remake, inoltre, è il completo stravolgimento sia dell’incipit che del finale, due tra le sequenze più fenomenali della storia del cinema, in grado di esprimere in maniera concisa e profonda tutto l’universo di tematiche e sottotematiche insite nell’intera pellicola: nell’incipit avevamo il protagonista che comunicava con la terra esprimendo i suoi pensieri circa la natura dell’uomo e la sua speranza circa la sua missione, nel finale, con un semplice allargamento di prospettiva si arriva ad una terribile e insperabile consapevolezza. Uno stravolgimento che si traduce in vero e proprio impoverimento, nel tentativo di alleggerire e modernizzare una pellicola che assume solo ed univocamente la natura di film d’avventura, senza contenere al suo interno tutto ciò che di interessante e intellettualmente coinvolgente c’era nell’originale.

Pubblicato su www.supergacinema.it

18 commenti su “Il pianeta delle scimmie 1968 Vs Il pianeta delle scimmie 2001

  1. …poco tempo fa ho rivisto con piacere l'originale del '68 e posso dire che si tratta di uno splendido capolavoro !!!
    Il remake di Burton è decisamente una fetecchia. Confermo, forse il punto più basso del regista americano…

    Questa moda del "remake" non mi piace molto…mi da l'impressione di una mancanza generale di idee…

  2. un gran bel film quello del '68, un cult, un classico, però a mio parere oggi risulta un pochino pochino datato; e un film secondo me per essere un capolavoro dovrebbe superare l'esame del tempo, per cui dico che è si un gran bel film, ma non un gioiello. pessimo il remake di burton (anche se alice e la fabbrica di cioccolata secondo me sono peggio), anche se l'idea di stravolgere il finale non mi è dispiaciuta, poichè è in linea con lo stravolgimento totale della pellicola originale; cioè, immagina se dopo aver fatto un film di merda, burton ci metteva lo stesso finale dell'originale! allora lì mi sarei proprio suicidato 🙂

  3. Il film del '68 è ancora uno dei migliori film di fantascienza della storia del cinema e non lo trovo affatto datato come dice Verdoux. Tocca tematiche ultra moderne e non ancora risolte e poi contiene scene memorabili con un Heston al meglio.

    Nella tua recensione ale55andra, bellissima la nota sugli "innamoramenti", punto in cui la differenza fra originale e remake raggiunge veramente la massima distanza.

    Il film di Burton, diciamolo, è bruttissimo ma make up (soprattutto) e effetti speciali sono eccellenti. Insomma, un pacco regalo sluccicante con dentro il niente.

    Sonny

  4. Verdoux, per me non è datato affatto Il pianeta delle scimmie, anzi. Per quanto riguarda i film di Burton, non ho visto La fabbrica di cioccolato ancora, ma sicuramente per me Alice è superiore a questo.

    Sonny, è molto bella anche la colonna sonora, oltre agli effetti speciali e al make-up, però diciamo che tutto questo non basta soprattutto quando si vanno a scomodare pellicole come l'originale del '68 che è davvero straordinario.

  5. burton come tarantino sono assolutamente sopravvalutati.Certamente il primo ha diretto anche grandi storie e creato personaggi memorabili,poi declino che ha colpito a fondo la sua capacità di essere "originale".
    Si,ma queste son parole frutto di opinionismo e soggetivismo ,per cui..

    Il primo della serie,quello del 68, è un gioiello.Mi piace anche il seguito diretto da post con il finale nucleare-nei 70 poteva capitare di evitare il solito finale:eroe tamarro bacia la plastica facciale di attricetta rifatta,dolly svolazzante e nnamo a casa a magnà-

    se ti va di fare un giro sul mio blog,c'è una cosa che riguarda il cinema….ciao!

  6. Secondo me non sono sopravvalutati, perchè entrambi hanno sfornato dei capolavori davvero indimenticabili. Detto questo nessuno è perfetto, o quasi nessuno, e dunque qualche passo falso si può anche concedere.
    Ho visto il post che hai scritto, davvero interessante anche perchè stimola alla riflessione: quali sono le pellicole che avrei voluto girare io? Se comincio a pensarci, però, non mi fermo più!!

  7. la parte migliore dei generi artistici è proprio quella di creare immedisimazione e stimolo di simulazione o riflessione.Una cosa naturale quella di dire:ah,se l'avessi scritto io !

    A me Tarantino e company proprio non mi piace,sono in nettissima minoranza e me ne faccio una ragione.Pazienza.
    Ero un suo moderato ammiratore,ma più avanza il tempo meno sopporto il suo modo di fare cinema.

    Burton credo che abbia un grande talento,ha avuto dei cali pazzeschi,ma la sua zampata la mette quasi sempre!

  8. Ottimo film di fantascienza (l'originale). Quando lo vidi per la prima volta (per mia fortuna al cinema) rimasi senza parole (e pensieri). Un epilogo sconvolgente. La scoperta della Terra nel peggiore dei modi come peggiore dei mondi. Un cuilt. Il remake deve essere stato girato per raccimolare danaro, alrimenti proprio non rieco a capire come abbia potuto un grande regista come Burton ridursi a girare un film del genere. Forse esagero, anche perché ho visto il remake una sola volta.

  9. Anch'io ne feci una recensione un anno fa e in effetti è un bel film…..
    come altri blogger, anch'io non sono d'accordo su quello che dice MonsierVerdoux…..questo film sarà sempre bello e non lo trovo affatto datato, altrimenti non lo guarderei……
    Straordinario Heston nel finale (scena da vedere in lingua originale) con una colonna sonora paurosa (figlia di un certo Edgar Varese che magari molti manco sanno chi è) scritta da Goldsmith e che di certo non è datata……
    senza la colonna sonora il film perderebbe un pò…..come American Beauty del resto….

    Buona serata!

  10. Da grandissimo ammiratore di Tim Burton quale sono
    (e continuo ad essere, nonostante lo "scivolone" piu'
    recente che ha rappresentato per me l'appena" decente
    "ALICE IN WONDERLAND"…)

    ….sono del tutto d'accordo con te su quanto dici a propositoù
    di questo "INUTILE E BRUTTISSIMO REMAKE"……

    ….perchè, pare evidente, che se Tim pensa in grande
    "fa grandi cose"…
    ……ma se "pensa PER I GRANDI", (Le Major…) allora le cose
    purtroppo prendono una brutta piega…

    FRANCO

  11. Inutile dire che preferisco l'originale… Quello di Burton è decisamente poco Burton, ancora non mi sono spiegato questa debacle. Comunque il finale, per quanto decisamente meno efficace della Statua della Libertà, è molto più fedele al romanzo originale…

  12. bisogna dire anche che era uno dei remake più difficili da fare. uno di quelli impossibili. perchè diciamocelo, il colpo di scena dell'originale era irripetibile.

    quel che più dispiace è che Tim l'abbia diretto come un blockbuster d'azione ed effetti speciali, addentrandosi in un campo che, sottratto alla forza dei suoi tocchi visionari, si è rivelato debole.

    quello che delude del remake non è il finale in se, ma tutta la forma, la "confezione" e lo stile, che da Tim ci si aspettava decisamente diverso

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarĂ  pubblicato.