Il testamento del mostro

REGIA: Jean Renoir

CAST: Jean-Louis Barrault, Jean Topart, Michel Vitold, Teddy Billis
ANNO: 1959

TRAMA:

Il notissimo psichiatra Cordellier redige un testamento lasciando tutti i suoi cospicui averi allo sconosciuto signor Opale, che si rivela essere molto presto un individuo davvero raccapricciante.

 



ANALISI PERSONALE

Non più dottor Jeckyll, ma dottor Cordellier. Niente Mr. Hyde, ma Monsieur Opale. Scordiamoci di Londra e catapultiamoci a Parigi. E’ chiaro che il grande Renoir si è ispirato al noto romanzo di Stevenson per girare questa sua pellicola, anche se ha stravolto, rendendolo del tutto personale, il punto di vista dello scrittore. Tralasciando l’opinabilità o meno del messaggio insito nelle vicende di Cordellier/Opale, il testamento del mostro è un ottimo film girato perfettamente (con l’uso contemporaneo di diverse macchine da presa ) e recitato in maniera quasi sublime. A farla da padrone è ovviamente l’attore protagonista, Jean-Louis Barrault che riesce a conferire al dottore un aspetto quasi più viscido e antipatico del mostro suo doppio. “Cordellier è un paranoico”, dice lo psichiatra suo rivale, e non si stenta a crederci durante il corso della visione, dato che il dottore appare quasi sempre più estraneo alla realtà, così come dimostra il dialogo finale nel quale Opale afferma: “E’ il testamento di un mostro a favore di un altro mostro”.

Il notaio Jolie (Teddy Billis) sta aiutando il suo amico Cordellier a redigere il suo testamento. Il dottore ha lasciato tutti i sui averi al signore Opale, che Jolie non ha mai visto né conosciuto. Subito dopo, lo stesso notaio, dalla finestra della sua abitazione scorge uno strano individuo mentre aggredisce una bambina e si precipita per strada in modo da poterlo acciuffare. L’uomo, dall’aspetto quasi mostruoso, riesce a scappare e si nasconde proprio nel retro della villa del dottor Cordellier.
Quando Jolie avverte il suo amico del pericolo che sta correndo, questi gli confessa che si tratta proprio del signor Opale, il beneficiario del suo testamento. Jolie rimane allibito e sconvolto e tenta di dissuadere l’amico a far arrestare il malefico individuo. Ma Cordellier si oppone, dicendo che l’uomo si è prestato per farsi studiare da lui e che quindi merita di essere citato nel suo testamento. Il dottore è quindi deciso a continuare i suoi studi sul cervello del signor Opale, nonostante questo costituisca un pericolo per la società. L’uomo infatti continua a portare avanti le sue malefatte: aggredisce un uomo anziano, spia le coppiette negli angoli, toglie le stampelle agli infermi, maltratta le donne e via dicendo.
Il signor Jolie si reca dal dottor Severin, un tempo amico di Cordellier e ora suo strenuo nemico. Questi non si stupisce della notizia, dato che aveva sempre sospettato che qualcosa era cambiato nel dottore. Ed è proprio da Severin che Cordellier si recherà per dare dimostrazione dei suoi studi e quindi della sua superiorità sul rivale. Severin, però, in accordo con Jolie, ha chiamato la polizia,
deciso a far arrestare il terribile Opale, ma quando i poliziotti arrivano nel suo studio lo trovano morto. Opale ha collezionato un’altra vittima.
Jolie, disperato, si reca nuovamente alla villa del signor Cordellier, dove tutta la sua servitù è in apprensione perché dallo studio del dottore arrivano delle urla lancinanti. Il notaio si precipita nel laboratorio, temendo per l’incolumità del suo amico e vi trova il signor Opale, che gli farà una sconcertante rivelazione.

E’ palese che le simpatie del regista sono tutte per il mostruoso Opale, piuttosto che per il sibilino dottor Cordellier. Infatti, a giacere morto alla fine del film, non è il corpo del mostro, ma quello del dottore. Questo a significare che è colpa sua se la terribile personalità ha avuto modo di manifestarsi, ed è colpa sua il non aver saputo controllarla, ma soprattutto l’averla fatta fuoriuscire.
“Ero divenuto un essere libero, libero da qualsiasi costrizione”, dice Opale durante la confessione al notaio Jolie (che nel corso della pellicola cambia numerose volte professione, da notaio ad avvocato e viceversa). E in effetti questa libertà morale viene mostrata dagli atteggiamenti allegri e quasi gioviali di Opale, che cammina quasi danzando e passeggia col suo bastone, mentre il dottor Cordellier appare sempre rigido e impettito, racchiuso in un corpo, ma soprattutto in un’anima e in una mente che forse non sente più sue. Infatti, continuando nella sua confessione, Opale rivelerà all’amico: “ Quel corpo tanto cambiato era il riflesso di me stesso, distorto dai miei istinti”.
Una confessione che si apre con delle parole davvero molto significative: “Questo è molto di più di un testamento, è una confessione…”, e procede col racconto di come ha avuto inizio il terribile esperimento portato avanti da Cordellier, credendo di poterlo terminare in qualsiasi momento, ma continuano per l’impossibilità di fermarsi, quasi come se la pozione che lo trasformava in Opale, fosse una potente droga alla quale impossibile rinunciare. Stupefacenti le rivelazioni di Cordellier/Opale che lasciano turbato il povero notaio/avvocato Jolie, che non sa se crederci o meno e che quando capisce che si tratta di una terribile e sconcertante verità, non sa se far arrestare il suo “pazzo amico” o aiutarlo a guarire e a liberarsi del suo doppio che sta prendendo il sopravvento. Alla fine non gli viene dato il modo di scegliere, dato che il destino e la cruda realtà sceglieranno per lui.
Al di là del soggetto già conosciuto, e leggermente stravolto nel significato, quello che lascia un po’ perplessi è l’incipit in cui vediamo lo stesso regista entrare in uno studio dove comincia a proiettarsi sullo schermo il suo film e poi lo vediamo cominciare a commentare le vicende che vi hanno luogo, per poi scomparire all’improvviso senza più fare capolino, nemmeno nel finale; e anche la scarsa utilizzazione dell’ambientazione parigina che avrebbe forse contribuito a rendere più originale il
soggetto non originale. Ma se si tralasciano questi aspetti, che se vogliamo dirla tutta non sono poi così importanti, possiamo tranquillamente asserire che Il testamento del mostro è un’affascinante pellicola che trova il suo punto di forza nella rappresentazione del male e cioè dell’orrendo Opale, che suscita timore e terrore in tutti coloro che sfortunatamente si imbattono in lui: “Aveva un’aria diabolica”, “Faceva paura”, continuano a ripetere queste persone, e hanno ragione.

VOTO: 7,5

 



CITAZIONE DEL GIORNO

"Sembra la pistola di una donna…". "Conosce bene le armi, mister Bond?". "No, conosco un po’ le donne…". (Sean Connery a Largo in "007: Thunderball")


LOCANDINA


12 commenti su “Il testamento del mostro

  1. E’ un grande film anche se ovviamente messo accanto a “La regola del gioco”, “La grande illusione” e “L’angelo del male” (tre capolavori) non regge il confronto.

  2. Caspita, questo blog GRONDA sempre più di capolavori!…Kitano, Cassavetes, Lang…e Renoire!questo però mi manca, dovrò recuperarlo assolutamente!

  3. Ricordo un bellissimo film e la bellissima “danza” di Opale. L’incipit è particolare (dovrei rivederlo) ed è un modo interessante per mostrare la fiction a cui assisteremo. Altri sistemi originali che creano una sorta di “straniamento” brechtiano (ancora più estremi secondo me) li ritroviamo in Ophüls.

  4. Claudio, prendo nota!!

    Luciano, ho capito cosa intendi, però non so non mi aveva colpito moltissimo.

    Lorenzo e Giovanni, forse sarebbe meglio iniziare con qualcos altro del grande regista. Io ad esempio, oltre questo ho visto solo Questa terra è mia che è davvero un grandissimo film ^^

  5. vidi questo film all’età di quindici anni in una sala semideserta di un pomeriggio estivo e lo trovai terrificante ed ancora lo ricordo a distanza di quasi cinquant’anni

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