I’m Your Woman: il gangster movie visto da una prospettiva decisamente inedita

Quando Eddie, il marito di Jean, scompare senza lasciare tracce, per la donna, da poco diventata madre di un bambino portatole in casa proprio da Eddie a causa della loro infertilità, inizia una fuga disperata in cui dovrà imparare a caro prezzo cosa vuol dire essere una donna indipendente.

Affidandosi al cinema di genere (questa volta siamo dalle parti del ganster-movie dalle venature thriller), Julia Hart torna a parlare della forza che le donne devono avere per conquistare una propria indipendenza, ma soprattutto, per trovare una loro identità, a discapito di chiunque le circondi (poca differenza fa che si tratti di un marito e dei terribili criminali, come in questo caso, o di una madre, una figlia e dei superpoteri come nel bellissimo Fast Color, altro film di genere della regista messo intelligentemente al servizio di questo concetto).

La protagonista di questa storia (una straordinaria Rachel Brosnahan, diventata ormai famosissima grazie alla sua Mrs. Maisel, ma capace di stupire notevolmente con questa sua impressionante interpretazione), dopo aver assunto il ruolo di moglie “trofeo”, donna che vive all’ombra di un marito che porta avanti affari loschi, di cui non si immischia, cercando di assisterlo come donna di casa, compito nel quale non si impegna più di tanto; dopo la scomparsa dell’uomo a causa di suddetti affari loschi, si ritrova costretta a prendere in mano la propria vita, dovendo trovare la forza per diventare finalmente una donna, una persona con una sua personalità e una sua volontà.

Un vero e proprio percorso di formazione che chiederà enormi sacrifici alla ragazza che passerà dal non saper preparare nemmeno un uovo al tegamino o dei toast, a dover maneggiare pistole, nascondersi da pericolosi gangster e salvare la vita al bambino di cui si è ritrovata ad essere madre. Ad accompagnarla in questa fuga, che poi è un viaggio verso la consapevolezza di se stessa e verso l’autoaffermazione, ci sarà Cal, un ex aiutante di suo marito, anch’egli in fuga da una vita che non gli appartiene o che forse non gli era mai appartenuta.

E nella tenerezza di questo rapporto di amicizia (in cui presto entrerà anche un terzo personaggio, speculare per molti versi alla protagonista, anch’esso emblema del concetto di “empowerment” perfettamente espresso nel film), risiede anche l’altro punto di forza di I’m Your Woman, ganster-movie decisamente atipico che propone una prospettiva alquanto inedita, andando a sondare le vicende che occorrono ai personaggi generalmente relegati ai margini di queste storie e tenendo nell’ombra i criminali veri e propri.

Cadenzata da una colonna sonora perfettamente in grado di incasellare il film nell’epoca in cui è ambientato (quegli anni ’70 ricreati egregiamente anche grazie ai bellissimi costumi), fino ad arrivare ad un momento di profonda delicatezza, in cui Jean e Cal, disperati, si ritrovano in un diner a cantare (You Make Me Feel) A Natural Woman, quest’ultima opera della Hart, colpisce per la forza prorompente con cui riesce a trasmettere il suo messaggio, senza diventare in nessun momento didascalica, intrattenendo lo spettatore con una messa in scena degna di nota e una protagonista che buca lo schermo.

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