In un mondo migliore

REGIA: Susanne Bier
CAST: Ulrich Thomsen, Mikael Persbrandt, Trine Dyrholm, Bodil Jørgensen

ANNO: 2010

Un bambino si ritrova a subirei soprusi dei suoi compagni di scuola, un altro deve affrontare il dolore per la perdita della madre. Insieme si uniscono e tentano di andare avanti, attraversando però territori oscuri e pericolosi. I loro genitori, nel frattempo, dovranno comprendere i mutamenti dei propri figli e mettere da parte le proprie problematiche per concentrarsi solo su di loro.

Dalla Danimarca arriva il nuovo film di Susanne Bier che ci propone una sorta di riflessione sul tema della violenza, osservandola nelle sue varie sfaccettature e nelle sue diverse e possibili origini. Tramite la storia di due bambini e dei rispettivi genitori, veniamo posti di fronte a diverse esplicazioni della violenza che riescono nell’intento di coinvolgere lo spettatore nella visione e nell’elaborazione del contenuto della pellicola.
C’è il vandalismo di un giovane ragazzino che si diverte a infierire sui più deboli, l’idiozia di un uomo grande e grosso che sa ragionare solo con le mani, la spietatezza e la crudeltà di un bandito che tortura le donne incinte, l’incapacità di affrontare un grande dolore e di accettare il male presente  nel mondo, la volontà di difendersi dai soprusi altrui.
Sono diversi i personaggi che incarnano ciascuna di queste possibilità di esplicazione della violenza, così come sono diversi i punti di vista che essi rappresentano, anche se la Bier sembra caricare potentemente uno dei protagonisti del peso di esplicare il suo particolare punto di vista che è quello, ovviamente, di assoluta condanna della violenza (un dottore che accetta di curare un terribile criminale rifiutandosi di abbandonarlo nel momento del bisogno e che preferisce farsi picchiare piuttosto che reagire alle provocazioni).
Il film funziona anche grazie alle apprezzabili interpretazioni dei protagonisti e alla potenza emotiva e visiva di alcune particolari sequenze (soprattutto quelle nelle quali i due bambini si recano in cima ad un silos). Però c’è qualcosa che inficia il totale apprezzamento della pellicola: trattasi della intrusione di momenti altamente retorici e a tratti stucchevoli nel racconto altrimenti molto asciutto (i bambini del villaggio africano nel quale lavora uno dei protagonisti ripresi nella loro corsa sorridente e speranzosa alla fine del film, per esempio) e della presenza di situazioni collaterali fin troppo stereotipate (i coniugi che stanno per separarsi a causa di un tradimento).
Facendo ricorso ai suoi soliti primi piani, sempre molto intensi e comunicativi, la regista racconta diverse personalità e umanità partendo da un lutto molto forte come motore degli eventi e pretesto per dare vita al racconto. Insomma, così come dimostra la sua filmografia, pare proprio che la Bier coi lutti ci vada proprio “a nozze”.

VOTO:

Pubblicato su www.livecity.it

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