Into the wild

REGIA: Sean Penn

CAST: Emile Hirsch, William Hurt, Marcia Gay Harden, Vince Vaughn, Catherine Keener, Jena Malone, Hal Halbrook, Brian Dierker
ANNO: 2007

TRAMA:

E’ la storia vera di Christopher McCandless, un giovane neolaureato benestante, che nel 1990 al poco più di 20 anni d’età, decise di abbandonare tutto e tutti e di tuffarsi in un’avventura fantastica: vagabondare a piedi per gli Stati Uniti per poi arrivare in Alaska a contatto con la natura più estrema.

 


ANALISI PERSONALE

Alzi la mano chi non si è emozionato almeno un po’ alla vista di quei meravigliosi scorci di paesaggi talmente imponenti, talmente immensi, talmente paradisiaci da far battere il cuore. Alzi la mano, inoltre, chi non ha sognato con le fantastiche note di Eddie Vedder, cantante dei Pearl Jam, che accompagnavano in maniera fenomenale tutte quelle strabilianti immagini. Ma soprattutto, alzi la mano chi ad uscita sala non ha desiderato anche per un solo istante di abbandonare lì la propria macchina e se non proprio di cominciare la stessa coraggiosa avventura del protagonista, perlomeno di tornare a casa a piedi. Into the wild è un’esperienza che ti scombussola, ti cambia dentro, ti fa nascere certi desideri che magari vengono troppo spesso repressi: desideri di libertà, di verità, proprio come quelli che ha il giovane Chris che non ha paura di affrontare il mondo, quello reale e soprattutto che ha un grandissimo coraggio: quello di abbandonare tutti i suoi agi, le sue comodità, quello di “tradire” la sua amatissima sorella e di lasciare i suoi controversi genitori, quello di dirigersi verso l’ignoto e tutto per provare sentimenti autentici, non contaminati dalla società corrotta e dalla civiltà sempre più votata alla carriera, al materialismo. Sembrerebbe un bel polpettone costruito con ingredienti quali la retorica, il sentimentalismo, la banalità ma in realtà non è affatto così. Prima di tutto perché è una storia vera e per questo colpisce allo stomaco e al cuore ancora di più, ma soprattutto perché l’abile Sean Penn (pur esagerando in alcuni punti) riesce, grazie ad una regia molto particolare e per nulla lineare, a creare un film originale senza scadere nella più facile retorica, regalandoci, invece, una serie di insegnamenti che molto spesso tendiamo a dimenticare o perlomeno a nascondere a noi stessi per paura, timore, per mancanza di forza e temerarietà.

Christopher McCandless (lo strabiliante Emile Hirsh) si è appena laureato col massimo dei voti. I suoi genitori, Walt (il sempre perfetto William Hurt) e Billie (la graziosa Marcia Gay Harden) decidono di regalargli un auto nuova. Ma Chris non ne ha affatto bisogno, il suo vecchio catorcio gli basta e gli avanza. Non sembrano andare molto d’accordo figlio e genitori, ma soprattutto non sembrano andare molto d’accordo i genitori tra di loro. L’unica persona veramente vicina a Chris è sua sorella Carine. I due sono molto uniti e quando Chris scompare senza dire niente a nessuno, lei pare essere l’unica a capire i suoi reali intenti. Infatti, il ragazzo ha deciso che non vuole più vivere nella menzogna: quella del matrimonio dei suo genitori, quella della sua infanzia, quella della società in cui vive nella quale non riesce a trovare una dimensione, quella della vita stessa. Chris dona tutti i suoi risparmi in beneficenza e parte a bordo del suo catorcio per un viaggio a contatto con la terra, con la natura per arrivare come ultima tappa nell’immensa e desolata Alaska. Molto presto si libera anche dell’auto e dei pochi spiccioli che ha in tasca e continua a piedi il suo cammino. Assume il nome di Alexander Supertramp (supervagabondo, supercamminatore) e lungo il suo cammino fa varie conoscenze, tutte uno più stimolante, incoraggiante e fomentante dell’altro: la coppia di hippie Jan (la delicata Catherine Keener) e Rayne (Brian Dierker), i due danesi sul fiume Colorado, l’operaio Wayne (un bravissimo Vince Vaughn) nei guai con la legge perché guarda la pay-tv gratis, Tracy una giovane ragazza che si innamora di lui, Ron un vecchio solitario (l’intenso Hal Halbroock).



Ognuno di questi incontri con il sottostrato americano, con la vera gente, quella che vive ai margini, riuscirà a cambiare sia il ragazzo, sia coloro che si rapporteranno con lui. Chris attraverserà i campi del South Dakota per poi affrontare le pericolosissime ripide del fiume Colorado a bordo di un kayak, fino ad arrivare in California e poi addirittura anche in Messico, per esserne poi ricacciato. Alla fine riuscirà a veder avverato il suo sogno: arrivare in Alaska, nelle immensità di quella natura allo stato primordiale, quasi selvaggio.

La particolarità della pellicola sta nel fatto che, come nel precedente La promessa, il regista fa iniziare la storia dalla fine e cioè con Chris che in Alaska trova quello che lui stesso chiama bus magico, e poi racconta tramite una serie di flashback suddivisi in capitoli e narrati dalla voce-off della sorella, tutto il resto del fantastico viaggio di Chris durato più di due anni. Questa mancanza di linearità nel racconto contribuisce a fissare in maniera più adeguata tutti i punti più salienti del viaggio e l’utilizzo di moltissimi primi piani o di scelte registiche quali il ralenti o lo split-screen (forse un po’ troppo inflazionati) si contrappone abilmente all’immensità degli squarci paesaggistici, fotografati in maniera sublime da Eric Gautier.
A rendere ancora più intensa e commovente la vera storia (tratta dal romanzo Nelle terre estreme di Jon Krakaure) di quest’uomo, che nonostante il triste epilogo, tutti ci ritroviamo ad invidiare, c’è il giovane ma promettente Emile Hirsh che ha saputo dare vita a tutte le emozioni del giovane Chris grazie ad un’interessante mimica facciale e ad un impressionante trasformismo fisico.
Sean Penn firma il suo capolavoro non solo di regia, ma anche di sceneggiatura e ci lascia a bocca aperta per la bellezza, non solo delle musiche e delle immagini, ma anche dei contenuti davvero toccanti, profondi e forieri di mille e mille riflessioni. Numerose le scene topiche (anche se sarebbe da citare l’intera pellicola sequenza dopo sequenza) come quella nella quale Chris si ferma in un centro accoglienza per ottenere dei documenti come Alex Supertramp e per passare la notte, ma poi rivede se stesso in un giovane rampante incontrato per la strada e capisce che non è il caso di cedere a certi “materialismi”, decidendo di proseguire il suo viaggio completamente privo e spoglio di qualsiasi comodità, continuando a dormire sui vagoni dei treni o per la strada, o come quella finale dell’incontro con Chris e con un orso, metafora dell’unione e della comunione assoluta che finalmente il giovane uomo ha raggiunto con la natura più estrema. Ed è così che Chris/Alex, in compagnia dei suoi scrittori preferiti quali London, Tolstoj, Thoreau di cui continua a seguire i
“dettami” che riusciranno persino a farlo sopravvivere nei momenti più difficili, ci accompagna in un viaggio verso la consapevolezza di noi stessi, verso la semplice ma al contempo sublime verità e ci insegna che “la fragilità del cristallo non è una debolezza ma una raffinatezza…” Un film che, come suddetto, ti cambia dentro, ti fa crescere e ti fa desiderare di poter essere almeno per un istante libero e realmente felice come lo è stato Chris durante il suo immenso, magnifico e profondo viaggio, interiore e non che lo ha portato ad un’ultima considerazione finale: “La felicità è reale solo se viene condivisa…”

Into the wild rimarrà sicuramente impresso a caratteri indelebili nella storia del cinema per la sua estrema bellezza ed intensità.

Regia: 8
Sceneggiatura: 8,5
Recitazione: 9
Fotografia: 10
Colonna sonora: 10
Ambientazione: 10
Voto finale: 9

 


CITAZIONE DEL GIORNO

Voglio essere come voi siete, vedere come voi vedete, amare come voi amate. (Winona Ryder a Gary Oldman in "Dracula di Bram Stoker", 1992)


LOCANDINA


36 commenti su “Into the wild

  1. ah sei dalla mia parte… fantastico film…

    Ps. i mille paragoni che ho fatto sui registi che l’hanno ispirato mi han fatto pensare a herzog (allora ho scritto sul grande werner…)

  2. Claudio ho notato, a breve leggerò la tua analisi anche se per ora la mia conoscenza del grandissimo Herzog è molto limitata, ahimè.

    Mario, spero proprio che non sarai tra i detrattori! ^_-

  3. Bene, mi fa piacere che ti abbia così esaltata.

    La scelta di vita di Chris, che Penn ci racconta benissimo a livello contenutistico, è una riflessione davvero straordinaria.

    Io non ho approvato alcune scelte di stile registico, con le quali Penn voleva diventare un pò troppo protagonista anche lui del film… ma per il resto concordo.

    Un saluto

    Chimy

  4. Si Chimy su Penn in effetti non hai tutti i torti, ma bisogna riconoscergli comunque il coraggio…

    Sulla scelta di vita di Chris poi, sto ancora riflettendo e credo che ci rifletterò ancora per moltissimo tempo.

  5. ne ho scritto e letto talmente tanto che mi sta venendo la nausea a parlarne quindi credo che la tua sarà l’ultima recensione su into the wild che leggo e commento seriamente…dunque…io alzo la mano in tutti e tre i casi ma il problema è che alla fine non mi ha scombussolato.i desideri di libertà, di viaggiare e bla bla sono già troppo forti in me perchè una pellicola del genere mi possa scombussolare di più..detto questo..a mio parere è la sceneggiatura a non essere eccezionale:un protagonista troppo…miticizzato (si fano vedere i difetti ma con mano mooooolto lieve), una leggera retorica nel rapporto uomo-natura…e qualcosa d’altro che non mi ha convinto.sto leggendo il libro e noto che anche li si sorvola sui difetti del protagonista (anche se meno che nel film) per puntare sulla sua forza d’animo capace di cambiare le persone..mah…a mio parere un 8 può bastare (grazie soprattutto ad ambientazioni e colonna sonora e una regia che esalta il tutto).storia del cinema?bo..sarà il tempo a deciderlo…

  6. Non che avessi dubbi sul fatto che ti sarebbe piaciuto, ma mi ha fatto comunque molto piacere leggere le tue parole! …E l’ultima frase è da marchiare a fuoco! ^^

  7. Deniel a me pare che i difetti venissero marcati eccome: detto tra noi non è mica tanto bello andare via così senza un minimo di preavviso, soprattutto nei confronti della sorella…Detto questo non è mica detto che bisogna necessariamente elencare tutti i difetti di un protagonista, in questo caso poi…Ma quindi alzando la man o mi dici che non ti sei emozionato nel guardare i paesaggi o nell’ascoltare le note?

    Iggy, a me fa piacere che a te faccia piacere ^^

  8. Guarda dopo tutti i post che avevo letto in giro, devo ammettere che un pò mi ero scoraggiata ed ero partita con un entusiasmo, diciamo minore. La cosa non può che avermi fatti bene, dato che alla fine sono stata doppiamente sorpresa!!!

  9. emozionato….si..in alcuni asi era emozionante vedere certi paesaggi perchè volevo esserci io li ma non come mi aspettavo..mi aspettavo moooolte più emozioni…per dirti un film che ho riviso recentemente che non centra nulla è schlinder’s list..quello mi ha emozionato molto di più..quello mi ha scombussolato.

  10. Bè Deniel in effetti il film che hai citato è uno tra i più emozionanti che siano mai stati fatti. Però non so forse per il tema inflazionato (nonostante sia un tema importantissimo da trattare), credo che non mi abbia emozionato così tanto così come la “parabola” di Christopher McCandless.

    t3nshi ti ringrazio, io invece stasera molto probabilmente vado a vedermi Non è mai troppo tardi su cui ho non dico basse, bassissime aspettative. Pensa che sto andando al cinema con tre amiche (mai fatto, mai andata al cinema con più di due donne) che vogliono trascinarmi a vedere Scusa ma ti chiamo amore (o Scusa se ti chiamo amore non ricordo bene, giuro) e io ho detto che preferisco essere schiacciata dal culo di un elefante piuttosto che assistere a tale scempio. Sono rimaste allibite e mi hanno pregata di andare con loro promettendomi che ad arrivo in sala ci saremmo divise in due gruppi: uno per Non è mai troppo tardi e l’altro per il nefasto Moccia. Spero che mantengano la promessa, altrimenti stasera faccio una strage 😛

  11. Anch’io come deneil giungo a questa tua impeccabile analisi dopo una marea di post sul tema letti e commentati.

    La tua opinione è abbastanza vicina alla mia: un film fatto col cuore, per il cuore di chi guarda; una pellicola imperfetta e “difettosa”… ma del resto non è la vita stessa ad essere imperfetta e difettosa?

    Opera bellissima e toccante, film di formazione per un’intera generazione (ci scommetto): splendido Penn, come sempre.

  12. Eh già Trinity quei 10 per me li vale tutti!!

    Country, hai detto benissimo, non è esente da difetti, ma quando mi si tocca il cuorre non ci vedo più niente!

    Claudio per fortuna (ma mica tanta), arriviamo lì e per il film di Moccia non c’erano più posti! Dico mica tanta, perchè Non è mai troppo tardi forse è pure peggio di quell’altro film, ma tra breve ne pubblicherò la recensione 😛

  13. Ok, mi è apparso solo adesso il tuo commento, quindi il mio precedente è inutile ^^

    E’ un paio di giorni che splinder fa le bizze.

  14. Si, il fattore soggettivo è la discriminante fondamentale nel campo del cinema.

    P.s. Anch’io ti ho linkata. Un blog ottimo.

  15. il film è bellissimo-sean penn per me ,insieme a eastwood,potrebbe anche filmare l'elenco telefonico e avrebbe sempre qualcosa da dire o regalare-però non concordo con la tua analisi sul protagonista
    Non lo vedo coraggioso,ma semmai il contrario.Essendo benestante si è potuto permettere di scappare dal mondo reale,dal prendere le sue responsabilità come uomo che vive in una società.Mi è sembrato al pari del protagonista di Grizzly Man uno sprovveduto e incosciente ,con tutta quella classica fiducia/ignoranza yankee sulla natura "buona" e altre amenità
    Sarà greve il giudizio ,ma non ho simpatia per queste specie di hippy,la fuga non serve e non servirà.
    La mia formazione da militante  e cittadino è completamente estranea a queste cose.
    Per cui io il film l'ho amato profondamente e tantissimo:emozionante,girato molto bene,ma non vedo nel protagonista un eroe,semmai un simbolo di una sorta di ingenua  e presuntuosa faciloneria avventuristica,spontaneista che poi si scontra con la naturale indifferenza e crudeltà della natura-il finale è terrificante e spaventoso:una fine solitaria nel senso più nero e profondo del termine
    Altro che venire voglia di partire-io a piedi ci vado sempre perchè non guido la macchina-di avventura,semmai di essere più ragionevoli

  16. Io continuo a pensare che sicuramente c'è un pizzico di sconsideratezza in questo tipo di avventura, ma comunque è necessario molto coraggio (oltre che egoismo, questo non lo si nega). E continuo a sognare un'avventura di questo genere, ad esclusione del tragico epilogo, ovviamente.

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