La fiera della vanità

REGIA: Mira Nair

CAST: Reese Witherspoon, Romola Garai, Johnatan Ryhs-Mayers, Gabriel Byrne, Jim Broadbent, Bob Hoskins, Rhys Ifans, James Purefoy
ANNO: 2004

TRAMA:

La piccola orfana Becky Sharp ha un solo obiettivo nella sua vita: scalare le vette dell’alta società. Nell’Inghilterra dell’800 ciò era molto difficile per la figlia di un artista e di una ballerina, ma la donna sa il fatto suo e farà di tutto pur di ottenere quello che vuole.

 


ANALISI PERSONALE

Approssimativo, quasi sconclusionato questo riadattamento del fantastico romanzo omonimo di Thackeray. L’ironia, la verve, il sarcasmo, la precisione che riscontriamo nelle pagine del romanzo, sono qui quasi inesistenti e si lascia spazio a momenti inutili e irritanti, non riuscendo a condensare in maniera adeguata 900 pagine in due ore e dieci minuti. I molteplici personaggi che fanno da sfondo alla vicenda, sono solo abbozzati, e peraltro male, non se ne comprende appieno il ruolo, la psicologia, le mille sfaccettature. Inoltre, tutte le varie sottotrame che accompagnano la storia di Becky, sono a malapena accennate e contribuiscono ad accrescere la confusione dello spettatore che passa da un avvenimento all’altro senza un minimo di logica o di consequenzialità.

Becky Sharp (la convincente ma esagerata Reese Witherspoon), rimasta orfana di madre e poi di padre viene mandata a studiare nel collegio di Miss Pinkerton. Qui fa la conoscenza della dolce quanto insulsa Amelia Sedley (Romola Garai) e con lei alla maggiore età abbandonerà il collegio per andare a fare da istitutrice nella famiglia dei Crawley. Prima di andare ad affrontare questa nuova pagina della sua vita però, passerà qualche giorno a casa Sadley. Amelia le farà conoscere i suoi genitori, suo fratello Jos e il suo carissimo fidanzato George Osborne (un impettito Johnatan Rhys Meyers). A fare compagnia alle signore è quasi sempre il capitano William Dobbin (Rhys Ifans), segretamente innamorato di Amelia, ma troppo fedele al suo migliore amico Osborne per esprimere i suoi desideri. Becky tenta disperatamente di convolare a nozze con lo stupidotto Jos che sembra cedere alle sue lusinghe, fino a quando il futuro cognato George non gli fa notare che un matrimonio con una simile avventuriera non si addice al suo rango. Becky così si vede costretta ad andare a Queen’s Crawley, a fare da istitutrice alle figlie di Ser Pitt. Una volta arrivata si accorge che ad aspettarla non c’è una casa fastosa e delle gentili signorine, ma una dimora fatiscente con un padrone di casa sbruffone, delle bambine maleducate e due figli maggiori (avuti dal precedente matrimonio di Ser Pitt): Pitt Crawley un po’ ingenuo e Rawndon Crawley il più affascinante dei due. Quando arriva la notizia di una visita imminente della sorella ricchissima di Ser Pitt, Matilda Crawley, la casa viene rimessa a nuovo e tutti si vestono a festa, perché la vecchia sta per morire e i suoi familiari mirano al suo ingente capitale. La signorina, piuttosto arzilla, si “innamora” dell’intrigante Becky e pretende che questa la segua nella sua residenza a Londra. Quando però verrà a scoprire che l’istitutrice ha segretamente sposato il suo nipote prediletto Rawndon, diserederà entrambi.



Nel frattempo Amelia, la cui famiglia è caduta in disgrazia, vedrà i suoi sogni avverarsi perché George (più per insubordinazione verso suo padre che per sincero amore) la sposerà e prima di partire per la guerra contro Napoleone e la Francia, le donerà un figlio. Anche Becky, “abbandonata” dal marito in guerra sarà rimasta incinta e le due donne si ritroveranno sole ad aspettare il ritorno dei loro mariti. Solo uno dei due tornerà a casa e si tratterà del più simpatico, bonaccione e semplice: Rawndon. La povera Amelia cadrà nello sconforto più totale e vivrà tutti gli anni avvenire nel ricordo del povero marito morto in guerra. Il capitano Dobbin, ormai consapevole di non avere alcuna speranza con la sua amata, passerà gran parte della sua vita in India insieme a Jos Sadley, lì di istanza. Mentre Becky, sempre più vessata dai debiti e dalle privazioni, troverà altri modi poco consoni per scalare la vetta dell’alta società, fino a quando suo marito non l’abbandonerà al suo destino.
Alla fine le due donne, dopo anni e anni, si incontreranno in Germania e nonostante i torti e le gelosie passate, riusciranno forse ad aiutarsi a vicenda. Entrambe troveranno la felicità, chi in un modo, chi nell’altro.

Queste, ridotte all’osso, le numerose vicende che vengono narrate e i numerosi personaggi che si affastellano nel corso della narrazione. Quasi nessuno di essi ha lo giusto spessore che meritava, persino la protagonista è esente da quella “cattiveria” e “sagacia” che la contrassegnava in maniera ironica e divertente nel romanzo. Non si salvano neanche i costumi davvero troppo sgargianti e le acconciature a dir poco ridicole (sia quelle maschili che quelle femminili). La ricostruzione storica è poco esaustiva e non viene neanche aiutata da una adeguata ambientazione (che si limita a mostrare la differenza tra l’abitazione fatiscente di Amelia e quelle sempre più lussuose che continua a frequentare Becky pur non potendoselo permettere). Il personaggio chiave di Lord Steyne (colui che “compromette” Becky) è ambiguamente costruito e non se ne intendono mai le reali intenzioni, i sentimenti o le emozioni (anche se è interpretato dal brillante Gabriel Byrne) e la recitazione degli altri protagonisti è troppo marcata e volutamente pomposa.
Si salvano solo le brevi incursioni in India (fotografate in maniera impeccabile con una marea di colori che paiono quasi fuoriuscire dallo schermo) e qualche scena come quella del ballo tra Becky e George Osborne prima dello scoppio della guerra. Troppe e troppo lunghe invece le esibizioni canore in cui l’avventuriera protagonista si esibisce alle varie feste alle quali è invitata o che ella stessa dà nel suo modesto appartamento.
Manca la critica a quella nobiltà ormai quasi decaduta, manca la verve e lo spessore nel raccontare
delle storie che potevano risultare molto più interessanti se trattate col giusto garbo e con una buona sceneggiatura (che comunque di tanto in tanto ci regala qualche battuta salace e divertente) che avrebbe dovuto evitare di concatenare numerosissime situazioni senza tenerle strette con un saldo filo logico.
Un altro esempio di romanzo rovinato dalla sua trasposizione cinematografica (e anche se ci si ripete molto spesso che il film non deve necessariamente seguire le orme del romanzo da cui è tratto, perlomeno si spera che non venga completamente stravolto come in questo caso).

Regia: 4
Sceneggiatura: 4
Recitazione: 5
Fotografia: 6
Colonna sonora: 4,5
Ambientazione: 5
Voto finale: 4,5

 

 


CITAZIONE DEL GIORNO

Che cosa le passa per la testa quando fa sesso orale? La crocefissione! (Woody Allen in "Celebrity")


LOCANDINA


9 commenti su “La fiera della vanità

  1. sarei stato ancor più duro nella stroncatura. la fiera della vanità mi ha fatto troppo cagare… se poi penso che è della stessa regista del bellissimo monsoon wedding, il cuore mi gronda lacrime!

    mario

  2. Non ho mai letto il romanzo quindi non posso fare paragoni. Ma il film è decisamente bruttino e molto, ma molto noioso. A metà (la parte peggiore) mi sono addormentato in sala per qualche minuto^^’

  3. complimenti per il blog,e bellissimo il template che hai!

    a Me la fiera della Vanità tutto sommato e piaicuto, un pò pensante in alcuni punti ma l’ho trovato bello!

    spero che non ti spiaggia se ti aggiungo come amica^_^

    a presto

    Valery

  4. Si salva solo Reese… ma qui son di parte (per me é mutanda, anche se come dice una mia ex: ha il muso come quello di un carlino).

    OT: la battuta che citi tratta da Celebrity non la dice Woody (da come l’hai scritto, sembra sia lui)…

    lo sai che sulle battute ci patisco…

    😉

    Byez

  5. La tua ex ha perfettamente ragione 😛

    Eh, ma quella l’ho copiata da un sito…comunque lo sapevo che non la dice lui ^_-

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