La morte corre sul fiume




REGIA: Charles Laughton

CAST: Robert Mitchum, Shelley Winters, Lilian Gish, James Gleason, Evelyn Varden, Peter Graves, Billy Chaplin, Sally Jane Bruce

ANNO: 1955

 

Due bambini assistono all’arresto del padre per rapina e omicidio. Prima di andare via però l’uomo affida loro diecimila dollari strappandogli la solenne promessa di non rivelare mai a nessuno la loro ubicazione. In carcere il sedicente reverendo Powell, assassino di giovani e indifese vedove, si ritrova in cella con l’uomo che parlando nel sonno gli rivela l’identità dei suoi famigliari. Il reverendo si reca nel suo paese e corrompe la vedova del carcerato condannato a morte…

 

Grandissimo capolavoro di regia e fotografia, ma non solo, “La morte corre sul fiume”, unica regia dell’attore Charles Laughton, è un noir dalle venature oniriche che affascina enormemente lo spettatore grazie alle straordinarie atmosfere create con un magistrale utilizzo delle luci e delle ombre, come da tipica tradizione espressionista tedesca, e con una serie di soluzioni registiche molto particolari (tutta la sequenza della fuga sul fiume è un inusitato spettacolo visivo e comunicativo). Ecco che allora la storia dai tratti fiabeschi (una fiaba paurosa, ma pur sempre una fiaba) dei due bambini che scappano inseguiti dal minaccioso assassino, assume contorni allucinanti grazie all’inserimento nell’occhio della camera di alcuni animali che osservano inermi l’incedere della barchetta sulla quale i bambini percorrono il fiume o all’insistere con inquadrature fisse sulla minaccia a cui essi sono esposti, come nella meravigliosa scena in cui i due dormono rifugiati in un fienile con la luna sullo sfondo che cambia posizione al passar delle ore e con l’arrivo inaspettato del reverendo a bordo di un cavallo che entra in scena proprio attraverso la visuale della finestra da cui i bambini osservano la strada antistante il campo di grano. Sono tantissimi i momenti di alto cinema di “La morte corre sul fiume”, come la scoperta del cadavere della madre sul fondo del mare da parte dello “zio” Ben che si fa suggestionare dalla terribile visione. La donna è ripresa in una sorta di sguardo fisso (proprio prima di morire per mano del terrificante e apparentemente lindo e benevolo reverendo, era arrivata alla comprensione dei reali motivi che stavano alle spalle del loro matrimonio), con la gola sgozzata e con i capelli biondi sciolti e fluttuanti come alghe (anche questa una sorta di omaggio al cinema espressionista tedesco). Ecco che il noir, la fiaba e l’onirico si tingono anche di venature leggermente orrorifiche insite soprattutto nella figura diabolica del reverendo-assassino (esplicita e perfetta rappresentazione del male assoluto), che agisce in preda a convulsioni mistiche tramite le quali sembra giustificare tutte le sue terribili azioni (straordinaria la scena del suo arrivo in città in cui va ad assistere ad uno spettacolo di varietà e di fronte all’esibizione di una ballerina mette la mano in tasca impugnando violentemente il suo coltello, quasi una sorta di metafora di un’erezione repressa). Grazie anche alla monumentale interpretazione di Robert Mitchum, la figura di quest’uomo assume dei contorni ambigui e inquietanti che trovano il loro culmine nel momento in cui l’uomo rimane solo con i bambini in casa e da fuori al giardino comincia a chiamarli con fare mellifluo e ammiccante. Ecco che allora il suo spacciarsi per un reverendo, così come il suo predicare la differenza sostanziale tra concetti come odio e amore (parole che porta emblematicamente tatuate sulle nocche delle sue dita), si trasformano in un’occasione per ragionare sulla portata a volte mistificatoria delle convinzioni religiose inculcate ai fedeli e ai ferventi religiosi che hanno delle menti facilmente plasmabili e malleabili. La trappola tesa dal reverendo, allora, fatta di prediche e insegnamenti religiosi, cattura non solo la mamma dei bambini che addirittura lo sposa (per poi scoprire di non avere il diritto di consumare il suo matrimonio perché il corpo della donna è specificatamente stato creato solo per la riproduzione e non per il semplice piacere terreno), ma anche di molti componenti della comunità in cui il reverendo si stabilisce con l’unico intento di recuperare il ghiotto bottino di diecimila dollari.

Ma il regista non intende fare un’apologia contro la religione e i suoi valori, così come dimostra l’entrata in scena di un altro personaggio, la signora presso la quale i bambini trovano rifugio che si occupa di altri bambini soli e bisognosi e che insegna loro i valori positivi della religione, affidandosi ad essi per lenire il dolore della perdita di un figlio. La contrapposizione tra questo personaggio, interpretato dalla diva del cinema muto Lilian Gish e il reverendo, è proprio la contrapposizione tra i due diversi modi di approcciare la religione (oltre che un’occasione per Laughton di esprimere la sua proverbiale misoginia, visto che per voce di questa simpatica vecchietta spesso rimarca la stupidità del gentil sesso).

“La morte corre sul fiume” è sostanzialmente uno sguardo che si affaccia sul male. Uno sguardo talmente vivido pur nella sua natura “simbolica” che non può fare a meno di impressionare lo spettatore. Ma è anche lo sguardo innocente e indifeso dei bambini, gli stessi che però, come ci viene ripetuto più volte, soprattutto verso il finale, è in grado di sopportare molti più pesi di quello degli adulti. Uno sguardo incontaminato che affacciandosi appunto sul male ne rimane estraneo, ma pur sempre consapevole.

 

Pubblicato su www.livecity.it

17 commenti su “La morte corre sul fiume

  1. grazie per questi tuoi ultimi post… sono due film che a questo punto non posso non recuperare… stai facendo di me un pirata (dopo avermi fatto cineblogger) ðŸ˜€

  2. Senz’altro un capolavoro come hai benissimo messo in evidenza nella tua recensione; un film definito "opera polifonica" da Serge Daney.

  3.   C-A-P-O-L-A-V-O-R-O

    quando ho letto che Laughton non aveva diretto altri film per la scottatura dopo l’insuccesso di questo…non ti nascondo che ci sono rimasto davvero male

    penso che il tanto amato Malick (anche da me) debba qualcosa a questo film, non credi? 

  4. Si rischia di ripetersi, ma anche per me è un CAPOLAVORO e concordo con il commento di egitchcock sul fatto che Malick gli debba qualcosa.

    Mi piace molto la conclusione del pezzo, è uno sguardo che si affaccia sul male, ma anche quello innocente dei bambini che quel male lo affrontano. Trovo sintetizzi il film perfettamente. Ovviamente Mitchum è semplicemente immenso!

    Piccola nota personale: ebbi la fortuna di vedere il film sul grande schermo a un vecchio Torino Film Festival, circa una decina d’anni fa. In quell’occasione fu anche presentato un monumentale documentario con riprese d’epoca che pensavo avrei ritrovato prima o poi in qualche edizione DVD. Invece niente, solo il trailer. Mah, vai a capire perché una cosa così bella deve restare ad appannaggio di una singola proiezione (in una sala peraltro nemmeno enorme).

    EDIT: visto che c’ero ho fatto una ricerca in rete, l’anno era il 2002, visto che ci siamo copio e incollo le note dal sito del Festival relative al documentario:

    "Un capolavoro senza tempo, che sarà ricordato dal lavoro di Bob Gitt responsabile del restauro della pellicola, che presenterà a Torino per l’occasione “Charles Laughton Directs – The Night of the Hunter” (in questi giorni anche al Regus London Film Festival) che comprende le out-takes del film con le indicazioni di regia dello stesso Laughton, documenti donati dalla moglie all’UCLA Film and Television Archive. Una ricchezza di materiale da cui Gitt ed il suo collaboratore, Nancy Mysel, hanno scelto con attenzione un insieme affascinante di documenti che nella loro complessità portano ad una straordinaria comprensione del processo di interazione e comunione che intercorre fra pellicola e autore."

    Davide DG

  5. Egi, purtroppo a volte il talento non viene compreso…

    Davide, ti invidio per aver potuto vedere questo grandissimo capolavoro su grande schermo.

  6. sì sono d’accordissimo, è veramente un capolavoro… enorme. mitchum insuperabile. secondo me uno dei 10 film più belli della storia del cinema, in assoluto.
    ciao!
    alberto

  7. ah devo vederlo assolutamente! tutti concordano nel dire che questa unica esperienza da regista del grande laughton sia un immenso capolavoro!

  8. Un capolavoro straordinario proprio perchè fuori dal tempo e lontano da qualsiasi cosa si realizzasse in quegli anni. Un noir immaginifico che ben poco ha dei noir tradizionali. Mitchum disegna uno dei cattivi più indimenticabili della storia del cinema e Laughton fa propria la lezione del cinema espressionista tedesco.

  9. Oh ma c'è uno che usa la mia faccia!
    Questo è il film più bello di tutti quelli che ho letto fin'ora fra le tue recensioni, mi ricorda che un film bello può esistere.
    Io purtroppo passo il tempo a guardare film brutti sperando di vederne uno bello…
    Ah, oggi ho vistto "M – Il mostro di Dusseldorf", che fa, te lo vedi così ne parliamo.
    Pierrot

  10. Strepitoso questo film…. Fuori dal tempo per la regia di certo, un po' meno per i difetti intrinsechi all'epoca [fanatismo religioso e misoginia] che ovviamente non erano mai del tutto criticati, se non da un Bunuel…

    Glore

  11. Bè, lo sguardo di critica non è estremamente approfondito, però secondo me è assolutmente presente. Certo è che la potenza e la grandezza di questo film derivano sicuramente dalla sua potenza visiva e narrativa non indifferente.

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