La ragazza che sapeva troppo

REGIA: Mario Bava

CAST: Letícia Román, John Saxon, Valentina Cortese, Titti Tomaino, Luigi Bonos, Dante Di Paolo

ANNO: 1963

Una giovane turista americana a Roma assiste all’omicidio di una donna a Trinità dei Monti. Non viene creduta perché l’amica di famiglia presso cui alloggia è morta nel suo letto e la ragazza è anche scossa dallo scippo della borsetta appena subito e dal conseguente svenimento. Ad affiancarla arriva un giovane dottore, medico curante della signora che ospitava la ragazza, che pian piano si appassionerà al suo caso, oltre ad innamorarsi di lei. I due scopriranno che c’è un assassino il cui schema per la scelta delle vittime è costituito dalle lettere dell’alfabeto.

Grande capostipite del giallo/thriller italiano questo “La ragazza che sapeva troppo” (titolo che si ispira palesemente all’hitchockiano “L’uomo che sapeva troppo”) è un film che si fa apprezzare enormemente per vari motivi, oltre a quello di essere pioniere di un genere che qui in Italia non conosceva molti esponenti.

Del resto Mario Bava sui film di genere, inizialmente horror e poi anche gialli, ci ha costruito un’intera carriera, costellando il panorama cinematografico italiano di pellicole davvero imperdibili e molto particolari. Il merito è quello di riuscire a discostarsi dalla convenzionalità per dare vita a pellicole al tempo stesso molto caratteristiche e godibili, che spesso sono diventate dei veri e propri cult proprio per essere state le prime, o quasi, ad utilizzare determinati espedienti formali e narrativi, rendendoli poi un vero e proprio marchio di fabbrica. Basti pensare, riferendoci al film in questione ad esempio, allo straordinario utilizzo della fotografia, con dei tagli di luce davvero inusuali che spesso si concentrano sugli occhi degli indagatori, piuttosto che su quello degli indagati e che con un gioco straordinario di luci e ombre riesce a creare la giusta suspense e delle ottime atmosfere. Ad aggiungersi arriva il perfetto inserimento all’interno delle vicende narrate (una ragazza in vacanza a Roma che si ritrova ad indagare su una serie di omicidi perpetuati da un assassino che agisce scegliendo le sue vittime seguendo l’alfabeto) di un irresistibile humour che contrassegna determinati personaggi (come per esempio il dottore che si innamora della protagonista) e determinati passaggi narrativi (esplicativi al riguardo l’incipit in cui la donna riceve in aereo un pacchetto di sigarette da un vicino molto gentile, per poi scoprire che è uno spacciatore di marijuana fatta passare per tabacco e il finale in cui lo stesso pacchetto di sigarette si fa al centro di una gag davvero simpatica). Seguendo uno schema che si rifà al romanzo giallo o poliziesco, così come fa la stessa protagonista che ne adotta le soluzioni finendo sempre in “caciara”, Mario Bava ci tiene incollati allo schermo con questa storia di omicidi e segreti che con un minimo di attenzione e conoscenza del genere è sicuramente di semplice soluzione. Ciò che conta, però, non è scovare l’identità dell’assassino, facilmente intuibile con un pizzico di malizia e furbizia, ma concentrarsi sulla maniera originale e inedita di approcciare il racconto di questa storia di donne uccise e in pericolo, fondendo alla perfezione stili e registri narrativi, lasciandosi andare solo ogni tanto ad alcune esagerazioni in un senso o nell’altro (forse fin troppo eccessiva la sequenza girata al mare in cui il dottore si avvicina minacciosamente alla donna facendo pensare ad una sua colpevolezza, per poi invece decidersi finalmente a baciarla e a dichiararle il suo amore).

Le influenze hitchockiane, comunque, sono molte e si vedono, soprattutto nel ritratto della protagonista che ricorda molto da vicino i tipici “eroi” dei film del Maestro, mai presi sul serio, ma sempre al centro di situazioni straordinarie, più grandi di loro, alle quali reagiscono la maggior parte delle volte in maniera inadeguata. Imperdibile, ad esempio, la sequenza in cui la ragazza imbratta il pavimento dell’appartamento in cui è ospite con del borotalco e costruisce una ragnatela di spago per intrappolare eventuali intrusi, seguendo i suggerimenti di un libro giallo americano non ancora pubblicato in Italia, dunque sconosciuto all’assassino, anche se, a sua detta, solitamente gli assassini non leggono libri gialli.

Il film prosegue su questa falsariga per tutta la sua durata, lasciandosi seguire con interesse e soddisfazione e accompagnandosi con le note di una canzone cantata da Adriano Celentano, “Furore”, poi persino storpiata da un mangianastri utilizzato sinistramente, ma poco furbescamente, dall’assassino. Gli indizi, ovviamente, sembrano portare verso tutt’altra direzione, ma le cose sono realmente diverse da quello che sembrano. Un po’ come capita al film stesso: non lasciamoci ingannare dagli inserti ironici e a tratti spassosi, “La ragazza che sapeva troppo” è un giallo in tutto e per tutto e come tale si fa ricordare dallo spettatore a cui non vengono risparmiate sequenze dall’alto impatto visivo, come quella della morte dell’amica di famiglia di Dora, la giovane e “imbranata” protagonista, o quella in cui la bravissima Valentina Cortese si esibisce in una sinistra e agghiacciante esposizione dei fatti.

Non si prende troppo sul serio, insomma, e come tale va preso questo “La ragazza che sapeva troppo”, godendo anche con gusto e ammirazione di un’ambientazione romana, prevalentemente notturna, straordinariamente perfetta per questa storia di enigmi e follia.

 


Pubblicato su www.livecity.it

11 commenti su “La ragazza che sapeva troppo

  1. mario bava aveva stile,gusto,un visionario "suo"che gli permetteva di mettere in scena capolavori come :reazione a catena,operazione paura,sei donne per l'assassino e così via.
    Vero che il primo horror italiano è diretto da Riccardo Freda,ma mentre questo ultimo poi non è riuscito a dar un reale e profondo contributo al genere,Bava ha macinato opere davvero suggestive.Naturalmente ha influenzato un altro grande maestro come Argento.
    Indimenticabile!

  2. bè,certo non l'ho citato perchè penso sia il più noto.Quel film poi inizia con la scena della maschera con all'interno gli spilloni che vengono conficcati sulla faccia della strega con una mazzata!Violentissimo per l'epoca (anche oggi)

    A parte un orribile western pseudo comico,poi bava ha diretto ottime cose.Anche schock è un bel film

  3. Non ho visto ancora tutta la sua filmografia, ma conto di farlo sicuramente. Comunque è vero, la scena iniziale de La maschera del demonio è davvero fortissima.

  4. un altro davvero molto bravo è Antonio Margheriti,ti consiglio il trittico:contronatura,danza macabra,i lunghi capelli della morte
    Tre veri cult

  5. Grandissimi Bava, questo film ancora mi manca, conto di vederlo presto. Il Maestro resta uno dei miei cineasti preferiti (La maschera del demonio e 6 donne per l'assassino su tutti, ma anche Terrore dallo spazio, assolutamente delizioso, e Gli orrori del castello di Norimberga non sono male) spero un giorno venga rivalutato appieno. Margheriti, dove ho già sentito questo nome? ah si, era uno dei tre "bastardi" che con Brad Pitt vanno al cinema a sterminare i nazisti nel finale dell'ultimo film di Tarantino…una citazione del grande Quentin immagino 🙂

  6. Viga, di Margheriti non ho ancora visto niente, conto prima di recperare per intero le filmografie di Bava e Fulci soprattutto. Comunque grazie mille per l'indicazione.

    Verdoux, citerei tra i suoi migliori in assoluto anche La maschera del demonio e I tre volti della paura.

    edio, il prossimo suo che vedrò sarà sicuramente Sei donne per l'assassino!!

    Simone, mi fa piacere rivederti da queste parti ^^

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