La signora Dalloway

AUTORE: Virginia Woolf

ANNO: 1925

 

Clarissa Dalloway, signora elegante e snob, sta preparando un party importantissimo da tenere nella sua abitazione. Nel frattempo Septimus Smith, reduce dalla  guerra dove ha perso un carissimo amico, si ritrova a vivere una sorta di inadeguatezza alla vita, ponderando il suicidio.

 

Un tuffo imperdibile nelle acque profondissime della mente umana e di come essa si rapporti alla società. Un emozionante e coinvolgente percorso di interiorità attraverso la psicologizzazione di due personaggi emblema, attorniati da una serie di pedine che ne compeltano la figura a volte indistinta e ne chiarificano le funzioni e le posizioni all’interno della società stessa. Ecco che Virginia Woolf, con una padronanza della scrittura sorprendente, riesce a creare un mondo di pensieri, riflessioni, considerazioni, sentimenti ed emozioni, raccontando di una singola giornata e di come questa possa cambiare la vita delle persone che la vivono, o non cambiarla affatto. Una staticità d’azione che nasconde però una grandissima dinamicità di pensiero e riflessione, di moti interiori più o meno controllati e controllabili. In questo caso abbiamo la protagonista, la stessa che dà il titolo al romanzo, Clarissa, che più di tutto il resto sembra interessata alla preparazione della sua festa a cui saranno presenti tutti i più alti esponenti dell’alta società londinese. Attraversando letteralmente la sua mente, sempre percorsa quasi ininterrottamente da pensieri e monologhi illuminanti, noi lettori veniamo risucchiati nel suo mondo che si fa specchio e metafora di tutto il mondo circostante. E’ così che la figura di Clarissa, e di Septimus personaggio altrettanto importante, non sono altro che un pretesto (e che pretesto!) per raccontare i meccanismi, le ingiustizie, le difficoltà del vivere sociale che molto spesso schiaccia le aspirazioni, le personalità, i desideri, le volontà. Ce ne accorgiamo tramite la storia personale di Clarissa che, anche solo osservando degli oggetti che le riportano alla memoria momenti passati o presenti della sua vita, si sofferma a rimuginare su quello che avrebbe potuto essere o su quello che avrebbe potuto fare se solo si fosse lasciata andare o non si fosse inserita quasi forzatamente nella schematicità e “obbligattorietà” delle convenzioni sociali. Pur essendo corteggiata, e soprattutto attratta, da Peter per esempio, sin da quando era molto giovane, la donna ha deciso di sposare Richard Dolloway, uomo più a modo, più elegante, più ricco e soprattutto più apprezzato dall’alta società e più inserito in essa. E’ così che Clarissa è riuscita a soddisfare la parte più frivola e superficiale di sé stessa, tutta dedita ai rapporti con le altre signore altolocate e all’organizzazione delle sue feste mondane, reprimendo però i suoi più reconditi sentimenti e le sue pulsioni più primordiali (come ad esempio l’attrazione nascosta e quasi negata per la migliore amica Sally). Un personaggio oltremodo complesso e sfacettato, che riesce a suscitare una vasta gamma di sensazioni che vanno dall’irritazione per la sua frivolezza e per il suo snobismo, fino ad una certa immedesimazione per la mancata forza e l’inesistente coraggio richiesti per perseguire i reali desideri di una vita ricca d’amore con Peter, fuggito in India per dimenticarla, senza tra l’altro riuscirci affatto.

Dall’altro lato abbiamo Septimus, l’altra faccia della medaglia di Clarissa, personaggio oltremodo coinvolgente che sembra in qualche modo ribellarsi a questa convenzionalità che la società e la vita ci impone, ribellandosi ad essa ed evitando di farsi risucchiare in essa, anche a costo della propria vita. Non è un caso che l’uomo, ormai farneticante non solo per l’esperienza della guerra in cui ha visto morire il suo migliore amico, ma anche per tutto ciò che lo circonda e che non riesce più ad accettare, venga reputato insano di mente dal dottor Bradshaw (simbolo della meschineria di chi superficialmente etichetta chi è diverso dall’imperante costume sociale come un matto), che consiglia a sua moglie Lucreza di rinchiuderlo in qualche ospedale psichiatrico. Così come non è casuale la sottile convergenza finale che avviene tra i due personaggi, visto che il dottor Bradshaw (uno dei medici più un voga a Londra), invitato all’esclusivissimo party di Clarissa (in cui Sally e Peter in uno straordinario e illuminante dialogo mettono in mostra tutte le tematiche principali del romanzo), annuncia alla padrona di casa che è arrivato in ritardo perché un suo paziente, Septimus appunto, si è tolto la vita. Ecco che nella reazione di Clarissa, notiamo il rispecchiamento di questi due personaggi, visto che la donna viene colpita oltremodo da questa notizia, in qualche modo condividendola, ma al tempo stesso respingendola, perché la vita è meravigliosa per il fatto stesso di viverla. Una contraddizione che non è difficile da condividere proprio perché entrambi i personaggi, nelle loro diversità ma soprattutto nelle loro somiglianze, trasmettono quanto di meglio e di peggio la vita stessa (considerata ovviamente sotto il punto di vista della repressione sociale e della rete di rapporti interprersonali il più delle volte obbligati), ha da offrirci.

Nel mezzo una serie di altri personaggi-emblema, come l’insegnante privata di Christine, la figlia di Clarissa e Richard, simbolo dell’estremo bigottismo religioso e di quanto di negativo possa esserci in esso e del resto le idee della Woolf al riguardo erano e sono abbastanza chiare. Importantissimi, ovviamente, per sottolineare maggiormente i pensieri dei due protagonisti, tutti coloro che li circondano: Lucrezia, Peter, Sally, Richard e Christine.

Un romanzo estremamente comunicativo quindi, che ha anche un’enorme forza narrativa che sfocia addirittura nell’empatia, grazie dalla scrittura coinvolta e coinvolgente della Woolf, che tramite gli intensi e straordinari pensieri, nascosti o meno, di tutti questi grandi personaggi, riesce a trasmettere, oltre alle tematiche personali e sociali degli stessi, anche un ventaglio ricchissimo di emozioni. Un inno alla poetica degli oggetti (un mazzo di fiori, una lettera, un cappotto, ecc…), che nel loro essere viatico di ricordi, suscita sentimenti contrastanti, ma potentissimi.

 


5 commenti su “La signora Dalloway

  1. Bellissimo romanzo dalla particolarissima e arricchita scrittura.
    La Woolf è stata di una straordinaria modernità, la stessa che si riflette in Mrs Dalloway, in una società ancorata fortemente al perbenismo e ai "valori".

  2. Anche Orlando è meraviglioso. Per il momento sono gli unici due della Woolf che posseggo e che ho letto. Mi piacerebbe leggere anche Gita al faro.

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