Le ali della libertà

REGIA: Frank Darabont
CAST:
Tim Robbins, Morgan Freeman, James Whitmoore, Bob Gunton, William Sadler, Clancy Brown
ANNO: 1994

TRAMA:

Siamo negli anni ’40. Andy Dufense, abile banchiere, viene accusato dell’omicidio di sua moglie e del suo amante e per questo rinchiuso nel carcere di sicurezza di Shawshank. Qui conoscerà  l’umiliazione, la violenza, la degradazione, ma anche persone gentili e di buon cuore come il detenuto di colore Red che diventerà il suo migliore amico. Ma dopo aver ottenuto un buon incarico presso il direttore carcerario, riuscirà in qualche modo a riscattarsi e trovare la via di fuga.

 


ANALISI PERSONALE

Eccoci all’ulteriore pellicola tratta da un racconto di Stephen King, in questo caso Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank. Ammetto che non ho letto il romanzo, ma se è almeno la metà bello di come lo è il film, allora vale la pena procurarselo. Questa è l’opera prima di Darabont come regista, e devo dire che dimostra già un’abilità più che discreta e persino qualche tocco da maestro.

Innanzitutto la scelta degli attori principali, Tim Robbins e Morgan Freeman, due tra i miei attori preferiti di sempre, magistrali e quasi sempre adeguatissimi alle parti che vengono loro proposte, come in questo caso. Robbins perfettamente calato nel ruolo dell’ergastolano per sbaglio, amante dell’arte, della letteratura, della musica, e bisognoso di riscatto e di redenzione (proprio come dice il titolo del racconto di King) e Freeman, l’uomo di colore secondo il quale la speranza è un sentimento pericoloso che può diventare illusione per chi è condannato a vivere quasi tutta la sua vita in carcere, l’uomo un po’ ignorante ma ricco di buoni sentimenti, quali l’altruismo, la comprensione, la solidarietà. I due non tarderanno a diventare grandi amici e a sostenersi nei difficili anni di prigionia. Ed è proprio l’amicizia uno dei tanti temi che vengono toccati da questa meravigliosa pellicola. L’amicizia che può nascere in un posto come il carcere, dove in un modo o nell’altro si è costretti a vivere insieme e a condividere esperienze irripetibili e indimenticabili. L’amicizia tesa a migliorare chi ci sta accanto insegnandoli cosa non sa e cosa può servirgli ad essere una persona diversa. Ma non è solo questo sentimento a farla da padrone.

La speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose. E le cose buone non muoiono mai.

 

Un altro tema molto approfonditamente osservato è quello del bisogno di riscatto, soprattutto di  coloro che sono in prigione condannati all’ergastolo. Riscatto che sfocia in una sorta di ribellione verso i soprusi e le ingiustizie, riscatto sociale e, soprattutto, morale. Possiamo, inoltre, comprendere come non ci si debba fidare delle apparenze, in insegnamento che è tutt’ora valido ma che non riesce comunque ad imprimersi a chiare lettere dentro di noi. Infatti, all’interno della pellicola veniamo più volte “ingannati” dalle apparenze, prima di tutti con Andy di cui ci formiamo un giudizio di colpevolezza proprio perché vengono disseminati vari elementi che apparentemente portano a crederlo. Poi ad esempio con Red, che quando esce di prigione, ci viene mostrato mentre guarda una vetrina piena di pistole il che ci porta a credere che voglia compiere un atto inconsulto per tornare dentro o che magari voglia suicidarsi, mentre in realtà quando entra compra solo una bussola.

Insomma, il film tocca una varietà di temi che a primo impatto possono sembrare scontati, ma che poi così tanto non lo sono, soprattutto perché vengono raccontati in un’ottica non del tutto consueta che è appunto quella carceraria.


Oltre ai due protagonisti, che di per sé sarebbero bastati a reggere l’impalcatura del film, mi ha colpito molto il personaggio del vecchio bibliotecario Brooks, interpretato da James Whitemoore, che dopo essere stato in carcere per cinquant’anni, e dopo essere stato liberato e affidato ai servizi sociali, si suicida proprio perché non è più capace di vivere in un mondo istituzionalizzato, come suole dire Red.

La paura ti rende prigioniero, la speranza può renderti libero.

 

Il carcere però è popolato da una varietà di persone tutte una diversa dall’altra, abbiamo il direttore uomo crudele e senza scrupoli e abbiamo anche il ragazzo strafottente e un po’ menefreghista, che però riuscirà ad imparare qualcosa proprio grazie ad Andy. E già, perché il banchiere, nel corso della sua lunga detenzione riuscirà ad ampliare e arricchire notevolmente la biblioteca di libri e dischi, facendo così interessare tutti i suoi compagni alla letteratura e alla musica. Sarà forse anche per questo che il film è entrato proprio tra i miei preferiti di sempre. Una delle scene meravigliose presenti all’interno di essa è quella nella quale Andy gira il grammofono verso l’ala dei detenuti facendo loro ascoltare le note de Le nozze di Figaro di Mozart, subendo poi le angherie dei secondini. Una scena da antologia, a mio avviso.

 


Le scene indimenticabili per me sono davvero tante, come quella del suicidio di Brooks nella camera d’albergo nella quale scrive: Brooks è stato qui su una trave di legno. Camera d’albergo dove alloggerà per un po’ anche Red dopo che la sua richiesta di scarcerazione verrà accettata. Camera d’albergo dove Red non riesce a vivere, proprio perché anche lui è incapace di essere istituzionalizzato. Una su tutte però rimane veramente impressa per quanto sia bella e forte al tempo stesso, una delle scene cinematografiche più indimenticabili che io abbia mai visto: quella della fuga di Andy, attraverso il buco dietro il poster di Rita Hayworth o di altre attrici dopo. Una fuga sofferta, ma preparata nel corso degli anni. Una fuga all’interno della melma, del fango, delle feci. Una fuga che termina con un fotogramma di inusuale bellezza: Andy che, sotto la pioggia, alza le braccia al cielo e gioisce immensamente della sua tanto agoniata e meritata libertà.

 

Insomma, inutile dire che oltre alla bellissima storia e ai significati che porta dentro di sé, oltre alle stupende prove degli attori protagonisti, questo film è ricco di bei particolari, di una bella fotografia, colonna sonora e ambientazione, che pur trattandosi quasi sempre di un carcere, è molto ben caratterizzata, ma soprattutto di una sceneggiatura superlativa, così reale, ma al tempo stesso così intensa e così poetica. Un film che consiglio veramente a tutti coloro che amano il cinema.

 

Regia: 9
Sceneggiatura: 9,5
Recitazione: 9,5
Fotografia: 8,5
Colonna sonora: 8,5
Ambientazione: 8,5
Voto finale: 9

 

7 nomination Oscar 1995: miglior film, miglior attore protagonista (Morgan Freeman), miglior sceneggiatura non originale, miglior fotografia, miglior montaggio, miglior colonna sonora, miglior sonoro

 


CITAZIONE DEL GIORNO

I tuoi sogni ti riempiono forse lo stomaco? Proprio perché il mondo è quello che è, abbiamo bisogno di sognare e sperare. (Dialogo da "Una meravigliosa domenica")

 


LOCANDINA


 

 

13 commenti su “Le ali della libertà

  1. Aiutami (la mia memoria è un autentico Meltin pot, ultimamente): è quello bellissimo della scatola di latta nascosta per Morgan Freeman nel muretto a secco del campo?

  2. Libro e film bellissimi…una trasposizione fedelissima del racconto..Tim Robbins è impressionante…un’interpretazione così intensa da far venire i brividi…

    Filippo (Cinedelia)

  3. ..miei cari amici, è incredibile come vadano veloci le cose qua fuori.. ricordo che una volta quando ero ragazzo vidi una macchina, adesso sono dappertutto..sembra che all’improvviso il mondo abbia una gran fretta..

    Il bibliotecario Brooks

  4. avevo interrotto un attimo la visione del film per scrivere la frase di Brooks, ora il film è finito..

    Già l’avevo visto anni fa, ma non lo ricordavo così toccante..mi sono commosso

  5. Capolavoro, insieme a “Stand By Me” e “Il Miglio Verde” uno dei migliori film tratto dai racconti del re del brivido.

    Spettacolare.

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