REGIA: Dario Piana
CAST: Mike Vogel, Charlie Anson, Christina Cole, Michael Dixon, George Dillon
ANNO: 2007
ANALISI PERSONALE
Apparentemente uno di quegli horror estivi un po’ stupidi e inutili, questo Le morti di Ian Stone (girato da un regista milanese specializzato nella regia di spot televisivi), invece, è un solido film che ci offre non pochi spunti di riflessione, ma soprattutto ci intrattiene in maniera più che sufficiente, grazie ad un ritmo adrenalinico che non ci dà modo di annoiarci e ci coinvolge nelle vicende del povero protagonista latore di non poche sorprese e di alcuni colpi di scena per nulla telefonati o scontati. Ian Stone è un ragazzo che ha dimenticato la sua reale natura e che conduce una vita semplice con la fidanzata. Quando però fa uno strano incontro sui binari della metropolitana, la sua vita non sarà più la stessa, ma in realtà la sua vita non era già più la stessa. Da quel momento in poi, Ian Stone morirà ogni giorno per poi rinascere in una nuova vita nella quale c’è qualche elemento in comune con quella precedente della quale però lui non ha nessun ricordo, salvo poi riacquistare passo dopo passo la memoria, ma soprattutto la consapevolezza della reale natura della sua persona e delle vicende che lo vedono coinvolto. Ed è così che da studente universitario, diventa un giovane impiegato d’ufficio, per poi passare ad essere un tassista o un drogato all’ultimo stadio e via di questo passo. A sconvolgergli l’esistenza, alcuni mostri dalle orribili fattezze (in tutti i sensi visto che la grafica con la quale sono disegnati non è proprio il massimo), che riescono a sopravvivere cibandosi delle paure altrui, che vengono da loro assorbite ed ingerite per potenziarsi e per continuare a soddisfare il loro bisogno, che è diventato un vero e proprio vizio. Una dipendenza, come quella dalle droghe (durante la pellicola vengono fatti vari rimandi a questo particolare tema) che affligge non solo i cattivi di questa pellicola. E qual è la paura più grande di tutte? Indubbiamente, in cima alle paure più terribili di tutte, c’è quella che colpisce qualunque essere umano nel momento in cui si accorge che sta per morire. Ed è per questo motivo che Ian Stone viene braccato da questi mostri, dotati di armi molto singolari che fuoriescono dalle loro braccia, che ogni giorno lo uccidono facendolo poi catapultare in una nuova vita, nella quale potersi nuovamente cibare della sua enorme paura. Ma in realtà, scopriremo minuto dopo minuto che c’è qualcosa di molto più grosso sotto. Ian Stone dovrà quindi combattere contro questo destino infame, ma non sarà solo in questa sua “missione autosalvifica”. A consigliarlo e aiutarlo arriverà un sinistro personaggio, di cui non si conosce la reale identità, che continuerà a ripetergli che la chiave di tutto è la sua amatissima fidanzata, che ad ogni cambio di vita assume un’identità diversa: una collega d’ufficio, una cliente in corsa sul suo taxi, un’inquilina del suo condominio e via dicendo. Il legame che li lega sarà sempre più labile, ma la forza dei ricordi e soprattutto dell’amore riuscirà ad aprire gli occhi ad entrambi. L’assunto principale della pellicola è quello del “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo”, un invito che ci spinge ad assaporare tutte le emozioni che la vita ci dona, cogliendo l’attimo e approfittando di tutte le occasioni che ci capitano sottomano. In realtà però ad aggiungersi a questo tema sicuramente già sfruttato cinematograficamente e non (basti ricordare la commedia brillante Ricomincio da capo), arrivano dei sottotesti particolarmente interessanti, come quello del già citato tema delle dipendenze, di qualsiasi natura esse siano (dipendenze da droghe come quella che colpisce il protagonista, o dipendenza delle paure altrui che affligge i mostri malefici), superabili solo con la scoperta dell’amore, con l’aiuto delle persone più care che riescono a farti superare qualsiasi difficoltà (emblematico a riguardo il personaggio enigmatico che arriva ad aiutare lo spaesato Ian). Rovinano il risultato complessivo della pellicola, alcune scene di dubbio gusto: l’abbigliamento alla Matrix dei cattivoni (su cui spicca la sensualissima protagonista malefica della serie televisiva Dexter), alcuni buchi di sceneggiatura, e un finale aperto che non aveva modo di esistere. Interessante invece la recitazione più che convincente di Mike Vogel, l’ambientazione prevalentemente notturna e la fotografia che contribuisce a rendere più angosciante “l’avventura” di Ian Stone. In sostanza, Le morti di Ian Stone è un horror che non deluderà gli appassionati e che farà storcere il naso a tutti gli altri.
VOTO: 6/6,5
CITAZIONE DEL GIORNO
LOCANDINA
Ammetto di essere tra quelli che non gli hanno dato fiducia pur trovando interessante l’argomento.
Mi fa piacere scoprire che si tratta di un film comunque gradevole. Lo recupererò a noleggio ^__^
Il trailer presagiva un film godibile ma nulla di più.. Come pensavo… Vediamo se ho tempo di vederlo…
Bè, ripeto se siete appassionati del genere e poco esigenti, nonchè indulgenti, forse potrebbe piacervi ^^
Questo m’incuriosisce molto: mi ricorda un film simile (adesso non mi viene in mente il titolo). Da recuperare. Grazie^^
Di niente ^_-
Spero di riuscire a vederlo in settimana, mi ispira moltissimo! (Mi preoccupano un po’ i difetti che citi, in particolare il mio caro odiato finale aperto 🙁 ).
Ciao,
Lore
veramente brutto questo film, che noia.. indulgenza zero!
Già Lore, quel finale è proprio inutile.
Alè, ma va va! 😛
Nuooooo perchè massacri Boogeyman e apprezzi questo?
Bè, perchè questo registicamente e visivamente mi è parso più interessante. In Boogeyman 2 non c’era niente che funzionava, se non qualche morte truculenta qua e là.
mi ricorda un film simile (adesso non mi viene in mente il titolo)
Parli di “The jacket”?
Ciao Alessandra,
sono capitato qùi perchè cercavo di capire se le indùlgenti opinioni dei critici illùstri trovassero riscontro anchetra di noi della blogosfera.
Dopo aver letto attentamente la tùa recensione, non posso che dirmi sorpreso dalla tùe opinioni. Credo infatti che non tanto ùn espert, qùanto ùn amante, del cinema abbia il sacrosanto dovere di non essere “intenerito2 nel giùdizio qùando si trova di fronte ad orrori (semantici e strùttùrali) come qùesto, perchè se si perde il “metro” di giùdizio, e lo si trasforma in 90 centimetri, allora il pericolo è dqùello di corrompere definitivamente la nostra integrità critica.
Scùsa la passione, e se hai voglia dai ùn’occiata alla mia recensione:
http://life-is-a-show.blogspot.com
ciao
jacopo
Ma io non posseggo un’integrità critica! Cioè fino a quando nessuno non mi paga per averla, allora poi la vado a cercare da qualche parte!! 😛
Per il momento certo di mettere nero su bianco la mia passione, i miei gusti personali, le mie sensazioni, le mie riflessioni, ec…
Comunque grazie della visita, verrò a leggere qualche tua recensione.