L'età barbarica




REGIA: Denys Arcand

CAST: Marc Labrèche, Diane Kruger, Silvie Léonard, Emma de Caunes

ANNO: 2007

 

TRAMA:

 

Jean-Marc, impiegato dell’ufficio dei reclami, trova una via di fuga alla sua vita piatta e grigia in una serie di continue visioni nelle quali viene attorniato da bellissime donne che gli si offrono o che si interessano alla sua carriera di scrittore o di divo televisivo. Questo è il suo modo di reagire alla società circostante sempre più caduta nelle tenebre dell’inconsistenza dei rapporti umani sostituiti dalla corsa alla carriera, dall’utilizzo smodato della tecnologia, dalla ripetitività dei gesti quotidiani sia nell’ambito lavorativo che in quello famigliare.

 


ANALISI PERSONALE

 

Terzo capitolo di quella che è una vera e propria trilogia cominciata negli anni ottanta con Il declino dell’impero americano e proseguita con il fortunato Le invasioni barbariche, L’età barbarica (titolo originale L’age des ténèbres che restituisce maggiormente il significato della pellicola), è un film non del tutto riuscito soprattutto a causa di un’eccessiva ridondanza nella proposizione delle fantasie sessuali e non del suo protagonista e nelle lungaggini in cui incappa in fase narrativa con situazioni fin troppo ripetute e sottolineate. Altro ostacolo che la pellicola incontra al raggiungimento di un certo risultato tendente alla compiutezza e al totale soddisfacimento da parte del pubblico è una sorta di mancanza di linearità e di compattezza tra gli stili narrativi adottati. Ed è così che il sarcasmo e l’ironia che aleggiano nelle visioni fantasiose di Jean-Marc, non vanno a compenetrarsi perfettamente con le situazioni più serie e se vogliamo moralistiche che invece fanno parte della sua vita reale. Perché il moralismo verso una determinata maniera di affrontare la vita, verso la società canadese (ma se vogliamo occidentale) che sta scivolando sempre più nelle tenebre che danno il titolo alla pellicola, è il vero e proprio fulcro de L’età barbarica. Il regista sembra condannare una serie di comportamenti e di attitudini divenuti ormai imperanti nel nostro mondo: dall’utilizzo eccessivo e quasi parossistico del cellulare, fino alle regole ferree ma ridicole dei datori di lavoro (divertente la riunione durante la quale i termini come “negro” e “nano” vengono messi al bando), per giungere al disfacimento dei rapporti interpersonali, a partire da quelli primari e cioè quelli famigliari. La moglie del protagonista è tutta tesa verso la propria affermazione personale e la propria carriera, incurante dei problemi di suo marito e persino dei problemi di salute di sua suocera (la morte di questo personaggio è un momento fondamentale della pellicola), del tutto indifferente all’aspetto sessuale e sentimentale del suo matrimonio;


e le sue figlie che si nutrono di psicofarmaci e cibi surgelati, vivono con un’auricolare perennemente inserito nelle loro orecchie. Ecco allora giustificati i continui viaggi mentali del protagonista che per lavoro è costretto ad ascoltare i problemi altrui: decisamente significativi i siparietti della gente che si reca nel suo ufficio reclami per narrare storie incredibili e quasi ridicole (spicca su tutti l’uomo colpito da un semaforo caduto sulle sue gambe, che invece di essere risarcito del danno di aver perso gli arti inferiori, è costretto a pagare al comune i danni per la rottura del semaforo). Tralasciando i difetti di cui sopra, tutto sommato però si può rimanere piacevolmente colpiti da una serie di trovate che si fanno apprezzare anche perché dotate di quel pizzico di ironia beffarda che fa da contraltare al vero e proprio dramma esistenziale che riguarda Jean-Marc, ma non solo. Ed è così che tra le sue tante visioni ne arriva qualcuna che ci fa sorridere più delle altre, come la piatta e noiosa riunione lavorativa durante la quale il triste impiegato immagina di salire sul tavolo e di decapitare con una spada il suo interlocutore, così come avveniva in Kill Bill; o come il siparietto medievale che colpisce soprattutto per il riferimento alla “barbarie” che in realtà attraversa ancora la società cosiddetta moderna. Jean-Marc, dopo aver conosciuto una donna ad uno di quei speed dating, si ritrova a dover combattere per  lei affrontando un cavaliere medievale dotato di armatura e di lancia scintillante. Anche il modo in cui va a finire quest’incredibilmente ma reale avventura del protagonista, che supera addirittura la fantasia dei suoi viaggi mentali, dà modo di riflettere sull’effettiva natura di una società che trova differenti modi per esprimere se stessa e tutte le sue contraddizioni. Uno di questi modi è quello che alla fine decide di adottare lo stesso Jean-Marc, abbandonando tutte la facilità e le illusorietà delle sue visioni e cominciando a prendere della realtà quello che gli appare più vero e genuino.

 

VOTO: 7/7,5

 

 


CITAZIONE DEL GIORNO

 

"Signora Murder, come sta?". "Ogni respiro e’ una vittoria!". (Elaine Stritch in "Romance & Cigarettes")

 


LOCANDINA

 

6 commenti su “L'età barbarica

  1. Secondo me alcune trovate sono veramente geniali, e molti dei messaggi che nascondono sono davvero profondi (seppure in un certo senso “moralistici”). Certo è che altre trovate sono un pò meno geniale e un pò troppo ripetute. Tutto sommato un film da vedere secondo me.

  2. Bello!Alcune trovate visive le ho trovate geniali(il duello medioevale, il finale dipinto…)meno incisivo del precedente ma un gran bel film!

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