L'inquilino del terzo piano

REGIA: Roman Polanski

CAST: Roman Polanski, Isabelle Adjani, Melvyn Douglas, Bernard Fresson
ANNO: 1976

TRAMA:

Telkovskij, impiegatuccio polacco d’origine, si ritrova a dover cercare un appartamento a Parigi. Finalmente riesce ad affittare un bilocale in un elegante palazzo abitato da gente più un là con l’età, molto esigente in fatto di calma e tranquillità. Ben presto l’impiegato scoprirà che l’inquilina precedente si era tolta la vita gettandosi dalla finestra. Gli oggetti appartenuti alla donna, ancora presenti nell’appartamento, e le continue pressioni dei vicini faranno cadere Telkovsky in una spirale ossessiva e auto-distruttiva.

 



 

ANALISI PERSONALE

Atmosfere cupe, luce quasi del tutto assente, personaggi grotteschi, musiche tetre e angoscianti, visioni inquietanti, spazi angusti e quasi claustrofobici, specchi spersonalizzanti, finestre allucinanti, incubi e deliri. Tutto questo è L’inquilino del terzo piano, il racconto di un’ossessione e di un’alienazione causate dall’incapacità di rapportarsi col prossimo, con il diverso, lo sconosciuto o l’ostile. Una metafora sull’inadattabilità o la difficoltà di sentirsi accettato che uno straniero ha quando non si trova nel suo ambiente, una discesa quasi inevitabile verso gli inferi. Di certo non aiuta quella società che dovrebbe accogliere e comprendere, “Siete dei mostri!”, urla ad un certo punto il protagonista ormai disperato e convinto del complotto ai suoi danni. Inizialmente siamo portati anche noi spettatori a farci trascinare da questa teoria cospirativa, dato che gli abitanti del condominio nel quale va a stabilirsi questo timido e impacciato impiegato (interpretato egregiamente dallo stesso regista) sono davvero singolari, a volte quasi terrificanti (come la signora che si reca a chiedere aiuto accompagnata da una bambina menomata, ma il parterre di stranezze non finisce qui). Tra lamentele per i troppi rumori, oggetti che spariscono in un batter d’occhio, altri ritrovati in posti inusuali (un buco nel muro coperto dall’ovatta che nasconde un dente umano, quello che mancava alla povera Simone, la precedente inquilina morta suicida) e sinistri personaggi che fanno la loro comparsa alla finestra del bagno situata proprio di fronte a quella dell’appartamento di Telkovskij, non c’è da stare tranquilli affatto. In effetti è l’angoscia la sensazione principale (ma non l’unica) che si impossessa dello spettatore, causata dall’oscurità non solo dell’appartamento, ma anche delle vicende che ruotano attorno ad esso. Appartamento che sembra quasi impossessarsi della mente del protagonista che man mano cede agli incubi e alla follia e prende sempre più le sembianze di Simone, truccandosi e vestendosi come lei e continuando a guardarsi ed osservarsi nei numerosi e inquietanti specchi disposti nell’appartamento.

Di particolare impatto visivo ed emotivo la sequenza estremamente onirica nella quale gli abitanti del condominio giocano con una testa umana (quella di Telkovskij travestito da Simone) e torturano la povera bambina menomata. L’impiegato è ormai convinto che i suoi coinquilini vogliano trasformarlo nella donna morta suicida, per indurlo a compiere lo stesso gesto, ma non si rende conto che è egli stesso ad assumerne sembianze ed atteggiamenti, non solo per quanto attiene al travestimento. Comincia a fumare la stessa marca di sigarette, ad ordinare le stesse cose al bar e soprattutto a frequentare una sua amica (conosciuta al capezzale della donna), anch’essa poi ritenuta parte del complotto ai suoi danni. Risulteranno vani i tentativi dell’uomo di liberarsi o perlomeno di combattere queste ossessioni (segno questo, forse, dell’impossibilità di adattarsi completamente ad una realtà diversa dalla nostra, a noi estranea) che lo porteranno a vedere i terribili e minacciosi volti dei suoi vicini, nei volti di chiunque incroci la sua strada, come quelli dei due vecchietti che incidentalmente lo investono e a cui Telkovskij tenta di togliere la vita strangolandoli, per difendersi. La pellicola piena di significati reconditi, di rimandi e allegorie termina con una scena a dir poco sconvolgente e a tratti fuorviante che ci lascia perplessi sulla reale natura di tutto ciò che abbiamo visto precedentemente e che sicuramente rimescola le carte in tavola lasciando ampio spazio alla nostra libera interpretazione.
Ciò che conta è l’ottima qualità della messa in scena (l’appartamento assume il ruolo di protagonista insieme a Polanski, ma anche il bagno situato di fronte che alla fine ci verrà mostrato dall’interno è molto particolare e turbante) e la profondità della riflessione che questa storia di “fantasmi” e possessioni porta con sé.

VOTO: 8,5

 



 

CITAZIONE DEL GIORNO

Il ristorante è un luogo meraviglioso per gli amori novelli, sconfortante per le coppie ufficiali. (Charles Denner da "L’uomo che amava le donne")


 

LOCANDINA

26 commenti su “L'inquilino del terzo piano

  1. Gran film, quasi kafkiano ma con un fondo di umanità. Celebre la carrellata fra i tetti dei titoli di testa realizzata con la Louma, una cinepresa particolare per le riprese “acrobatiche”.

    Grande Polanski!

    Davide DG

  2. Ma lo sai che avevo in progetto proprio di vederlo stasera? 😀 Grandissime aspettative!

    (“Rosemary’s Baby” è un capolavoroneoneone!)

    Ciao,

    Lore

  3. Per me i migliori film di Polanski: Repulsion, Rosemary’s baby, Chinatown, Cul de sac e…. L’inquilino del terzo piano. Il film che hai appena recensito è tra l’altro uno dei miei amati “incubi” personali. Un film a cui penso sempre e che ho tentato più volte di recensire, ma, tenuto conto della estrema polisemia delle immagini (oniriche, simboliche, metaboliche) non sono riuscito ancora a riassumere in una pagina le mie “allucinazioni”^^

    P.S. Ottima recensione 😉

  4. Davide, è vero i titoli di testa sono fenomenali!!!

    anonimo, quel finale mi ha martellato il cervello per un sacco di giorni

    Lorenzo, fammi sapere eh?

    Luciano, hai ragione, un film complessissimo e pieno zeppo di significati nascosti. Grazie come sempre dei complimenti ^^

  5. Bella recensione per un film unico. L’inquilino del terzo piano si presta, come dici giustamente tu, a mille interpretazioni; ha mille sfumature che fanno sì che ogni visione sia come la prima. Un po’ quello che dicevo recentemente a Luciano a proposito di Arancia Meccanica.

  6. Cavolo che bel film, e che bel post. Uno dei migliori Polanski, forse il migliore in assoluto. Tantissime sfumature, e quindi, spunti di riflessione. Un film che non stanca mai.

    P.S. Splinder mi ha mangiato il commento di prima!

  7. Ho visto che mi hai lasciato un commento ma non riesco ad aprirli… io non ne posso più con splinder. Hai trovato dei rimedi a tutti sti problemi di questi giorni?

  8. quseto è un gran film! Rosemary’s baby pure ma i 2 migliori polanski sono Cul del sac e Il coltello nell’acqua, e poi Chinatown, vabbè un grande regista…

  9. Bonekamp, spero di poter recupera al più presto anche gli altri.

    Leonard, grazie mlle davvero.

    Chimy, guarda lasciamo perdere, splinder sta dando proprio i numeri.

    Claudio, mi mancano tutti 🙁

    Country, concordo: livelli davvero altissimi.

  10. O.T. Splinder mi ha mangiato diversi commenti in questi ultimi mesi, ma non è sempre così, perché mi capita spesso di vedere il commento a un post solo dopo essere uscito da Google per rientrare sul blog. A volte bisogna avere un po’ di pazienza.

  11. Com’è impegnata questa Ale! Non visto, ma Roman mi piace! Un po’ angosciante… magari lo recupero… però voglio qualcuno a fianco che mi faccia compagnia 😉 A presto!

  12. è da anni che voglio vedere questo film, dev’essere stupendo! e il tuo voto e la tua analisi me ne danno conferma…

    alberto

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