Lo scafandro e la farfalla

REGIA: Julian Schnabel

CAST: Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner, Maria Josè Croze, Anne Consigny, Jean-Pierre Cassel, Max von Sydow
ANNO: 2007

TRAMA:

E’ la storia vera del giornalista Jean-Dominique Bauby, direttore della rivista Elle, che a 42 fu colto da un ictus che gli paralizzò tutto il corpo ad eccezione dell’occhio destro attraverso il quale imparò a comunicare riuscendo a dettare un romanzo: Lo scafandro e la farfalla.

 



ANALISI PERSONALE

Davvero molto coinvolgente questo film del pittore Schnabel che dimostra di saperci fare con la macchina da presa. Trattando un tema davvero molto delicato che poteva facilmente incappare e scadere nella mera retorica e nel facile piagnisteo, il regista compone un’opera ironica e commovente al tempo stesso, ma soprattutto davvero molto toccante. La disgrazia di Jean-Do è narrata in maniera tale da riuscire ad emozionare onestamente: non strappa la lacrima, ma regala sorrisi. Lo strabiliante inizio in soggettiva, inoltre, è estremamente immedesimante e molto forte visivamente parlando. Quello che più colpisce è la completa assenza di facili pietismi e la mancanza da parte del protagonista e dei suoi cari di commiserazione e soprattutto di autocommiserazione. Jean-Do, riesce ad affrontare la sua situazione con un’estrema dose di ironia e autoironia: ride di sé, ride dei suoi zelanti dottori, ride degli operai che lo prendono in giro, ride.

Jean-Dominique, dagli amici chiamato Jean-Do (l’espressivo Mathieu Amalric), si risveglia in un letto d’ospedale dopo essere stato in coma per quasi 20 giorni. Molto presto si renderà conto di essere completamente paralizzato e di poter muovere solo gli occhi, senza riuscire a parlare. Il suo occhio sinistro però non resisterà a lungo e gli verrà cucito (in quella che è forse la scena più intensa e travolgente della pellicola). L’unica parte ancora attiva del suo organismo è quindi l’occhio destro. L’uomo, un tempo personaggio popolare e di mondo (era il direttore della rivista di moda Elle), è ora costretto in un metaforico scafandro che lo fa sentire come se il suo corpo fosse imprigionato in fondo al mare, incapace di comunicare e di chiedere aiuto. Il suo cervello, del tutto funzionante, non è più in grado di comunicare con il suo organismo, ma la fantasia e l’intelletto scalciano per sottolineare e rafforzare la sua personalità, nonostante le mostruose fattezze fisiche “disindividuanti” lo rendano quasi irriconoscibile. L’uomo non potrà di certo esprimersi facilmente, ma la sua immaginazione sarà capace di volare come una farfalla che sbattendo le sue ali può portarlo in giro per il mondo, può renderlo affascinante come Marlon Brando, può fargli fare l’amore con la donna della sua vita o farlo mangiare in un ristorante lussuoso.
All’iniziale sconforto e la comprensibile voglia di morire del giovane uomo ormai ridotto ad un “vegetale” (come dicono in giro), subentrerà una quasi invidiabile forza di volontà e voglia di vivere.
Jean-Do deciderà di imparare a comunicare con il suo occhio destro anche grazie all’aiuto di una disponibilissima e gentilissima logopedista la quale tramite una sorta di alfabeto ordinato secondo le lettere più utilizzare riuscirà a comporre parole e frasi pronunciando le lettere una per una e trascrivendo quelle per le quali il suo paziente strizzerà l’occhio (appare lampante la similitudine tra il battito d’ali della farfalla che riesce a far volare la mente e l’immaginazione di Jean-Do e il battito delle sue ciglia che riuscirà a tenerlo in contatto con il mondo).

Numerose le visite e le telefonate che l’uomo riceverà di volta in volta: la madre dei suoi tre figli (una bellissima Emmanuelle Seigner), la fisioterapista, l’anziano padre costretto nella poltrona di casa sua perché impossibilitato a muoversi, l’amante perduta, il migliore amico, un uomo a cui aveva ceduto il suo posto in aereo e che poi era finito vittima di un dirottamento e soprattutto la segretaria della casa editrice con cui aveva preso accordi prima che l’ictus lo cogliesse. Jean-Do, infatti, aveva deciso di scrivere una nuova versione al femminile del Conte di Montecristo. Dopo il suo terribile “incidente”, invece, decide di scrivere un romanzo sulla sua esperienza e sarà grazie alla segretaria che riuscirà a compiere la sua impresa per poi morire pochi giorni dopo: ed è così che dalle rovine sarà possibile ricostruire una montagna; ed è così che è nato Lo scafandro e la farfalla.

Perfettamente dosato tra visioni in soggettiva, flashback e punti di vista di parenti e amici, il film riesce a raccontare in maniera misurata e garbata una vera e propria sciagura. Di particolare fattura sono i primi minuti della pellicola nei quali la visione in soggettiva di Jean-Do, che parla dentro di sé senza essere udito e guarda attraverso gli occhi ancora appannati i suoi interlocutori, ci fanno immedesimare in maniera tale da farci credere di essere lui. Non è Jean-Do che soffre e si dispera, siamo noi. Non è Jean-Do che non vuole essere toccato dal dottore che gli sta cucendo l’occhio: siamo noi. Non è Jean-Do che fa battutine sarcastiche e ironiche sul dottore fin troppo smielato e gentile: siamo noi. E si potrebbe continuare all’infinito. Come del resto è difficile non immedesimarsi nel dolore della madre dei suoi figli, che non è mai stata amata come avrebbe voluto e desiderato, ma che continua a stargli fedelmente accanto o nella costernazione del figlio maggiore che ha assistito al malore di suo padre o nell’imbarazzo del migliore amico che non sa come comportarsi, ma che poi lo capisce subito.
Cosa rimane a fine visione, oltre alla soddisfazione di aver ascoltato delle musiche paradisiache e di aver osservato dei grandi attori muoversi sulla scena? Rimane la sensazione di aver assistito ad un inno alla vita sempre e comunque, che (condivisibile o meno) è comunque un forte messaggio e una
lezione che ci insegna, o ci dovrebbe insegnare, a fare quello che possiamo fin quando possiamo e a cercare di lasciare il segno, in un modo o nell’altro, così come ha saputo fare questo grandissimo uomo che dai cumuli e dalle macerie (la metafora della frana che butta giù una montagna che dopo la pubblicazione del romanzo e la morte di Jean-Do si ricompone è molto comunicativa), ha saputo mantenere viva la sua presenza e a costruire il ricordo di sé.

VOTO: 9

 



CITAZIONE DEL GIORNO

"Chissà se è in gamba come diceva Wheeler". "Io direi di si: è tanto in gamba che non sente la necessità di dimostrarlo". (Dean Martin e John Wayne a proposito del pistolero Ricky Nelson in "Un dollaro d’onore")


LOCANDINA


24 commenti su “Lo scafandro e la farfalla

  1. Verissimo, il personaggio della Seigner è ritratto in maniera tale che non si può sfuggire all’immedesimazione. A mio parere il suo peso nel racconto e nella poetica del film non è di molto inferiore a quello del protagonista. Dici bene, “Lo Scafandro e la Farfalla” è un inno alla vita, cantato dal pulpito di un uomo che avrebbe avuto tutto il diritto di voler solo morire! Grandioso.

    mario

  2. Vedo che la scena dell’occhio ha colpito anche te! Veramente straziante.

    Sono d’accordo anche per quanto riguarda l’equilibrio tra la soggettiva, i flashback e gli altri punti di vista: Schnabel riesce a dare movimento alla pellicola, senza appesantirla inutilmente.

    E grazie per aver ricordato la sequenza dei titoli di coda con la montagna che si ricompone!

  3. Bene! ottima rece! anche a me è piaciuto parecchio, gran film! fortunatamente dalle nostre parti si è materializzato, è stata una cosa quasi miracolosa riuscire a vederlo in sala 😉

  4. lo vedrò il prima possibile, come tipo di storia mi ricorda molto ‘il mio piede sinistro’, anche quello un ottimo film, con un grande daniel day lewis

  5. Vedendo tutti entusiasti ho un po’ di timore nell’esprimere la mia opinione: un film indubbiamente affascinante sotto l’aspetto visivo, che pare però la noiosa didascalia per immagini del pensiero onestamente non troppo illuminato del protagonista. Lo dico nel totale rispetto della situazione clinica ovviamente (rabbrividsco al solo pensiero), talmente estrema da portare a interessanti considerazioni implicite (emotive, artistiche, teoriche) che per la loro evidenza tendono ad esaurirsi in fretta.

  6. Lessio, anche a me è venuta voglia di leggere il libro.

    Al e simone fatemi sapere allora!!!

    Holzeweg, per carità i pareri soggettivi sono sempre e comunque rispettabili ^^

  7. qui commento solo la citazione perchè non avendolo visto e avendo letto e scritto ovunque che voglio vederlo assolutamente non mi sembra il caso di ripeterlo (ops..l’ho ripetuto!)…citazione da un dollaro d’onore..bellissima!

  8. Ehehe, l’ho visto da bambina, dovrei rivederlo. Da piccola ho visto una montagna di film western perchè mia nonna ne era una patita ^^

  9. Guarda nelle ultime due settimane sono usciti talmente tanti filmoni…che non vedo l’ora di poter prendere un attimino fiato ^^

  10. Luciano, ti rifarai quando ti riprendi!!! (Spero presto, per ricominciare a leggere le tue interesantissime e ispiranti analisi ^^).

    Claudio, e monomale!!!!

    Cine, non parlarmi del tempo, che non basta mai!!!

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