Lo straniero

REGIA: Orson Welles

CAST: Orson Welles, Lorretta Young, Edward G. Robinson, Philip Merivale
ANNO: 1945

TRAMA:

Un criminale nazista si è rifugiato in una cittadina del Connecticut, sposando la giovane figlia di un noto giudice e dedicandosi all’insegnamento nelle scuole e alla sua passione per gli orologi. Un detective del tutto deciso a scovarlo e a fare giustizia, giunge nella cittadina seguendo i passi di un altro criminale nazista, appositamente fatto uscire dal carcere per riuscire ad arrivare al pesce più grosso.

 



ANALISI PERSONALE

Terzo lungometraggio del sommo Orson Welles, Lo straniero non possiede la carica dirompente e l’estrema inventiva ed originalità dei suoi primi due gioielli registici. Ormai raggiunto l’apice di una poetica e di un’estetica non indifferenti, Welles si “abbandona” ad uno stile registico alquanto convenzionale, del tutto privo di quelle particolari angolazioni che hanno reso le sue precedenti pellicole dei grandissimi capolavori nonché dei veri e propri saggi di regia e di fotografia. Lì dove c’era uno studiatissimo gioco di luci e ombre, qui abbiamo un semplice e lineare bianco e nero che si avvale più delle ombre, piuttosto che delle luci. Una patina scura, che contribuisce ad aumentare la drammaticità degli eventi narrati, avvolge i volti e gli ambienti di questo film. Un film che ricalca tutti i principali topoi del noir e del filone spionistico, con qualche elemento di psicologia, soprattutto per quanto attiene la giovane protagonista combattuta tra l’amore per suo marito e il proprio inconscio che comincia a scalciare prepotentemente. Nonostante questo piccolo passo indietro del regista-attore (qui interpreta il ruolo del malefico ma affascinante criminale nazista), Lo straniero rimane comunque un grandissimo film fatto di atmosfere, di sussulti, di estrema partecipazione emotiva dello spettatore che si ritrova coinvolto nella spirale ossessiva-vendicativa-difensiva del protagonista, del quale non si riescono a decifrare le reali intenzioni se non verso la fine (agghiacciante e cruda la scena nella quale l’uomo disegna una croce svastica su un blocchetto posto nella cabina telefonica dalla quale sta orchestrando l’omicidio di sua moglie), magistralmente girata in cima ad un campanile che assume un’importanza non indifferente ai fini della narrazione, ma soprattutto della messa in scena. Un campanile che ha un che di sinistro, non solo per la ristrettezza che costringe i vari protagonisti che ci salgono a stare a distanza molto ravvicinata, ma anche per le losche statue armate di spade affilate che costituiscono il meccanismo dell’orologio appositamente riparato proprio dell’insospettabile professore. Ma anche gli altri due protagonisti riescono a coinvolgere e a far scattare quel meccanismo di immedesimazione che contribuisce a creare un rapporto simbiotico tra lo spettatore e l’oggetto della sua attenzione, che ben presto si trasforma in partecipazione attiva. Trattasi della bella e “ingenuamente innamorata” Mary (interpretata dalla carismatica Loretta Young) che nonostante le prove lampanti apportate non solo dal detective, ma anche da suo fratello e da suo padre, continua a credere nell’innocenza del marito, che più volte le ha confessato delle mezze-verità convincenti, ma del tutto fuorvianti. Sarà in seguito ad un errore del marito e al suo rendersi conto di non poter più fingere a lungo, che la donna capirà di aver sposato un uomo a lei del tutto sconosciuto, un individuo capace di fare tutte quelle cose che le sono state mostrate in un filmato dal detective deciso ora non solo a catturare il criminale, ma anche a salvarle la vita. Tale detective, (l’ottimo Edward G. Robinson), incarna proprio il pensiero anti-nazista, la sete di giustizia e l’onestà, nonché la determinazione e il coraggio nell’affrontare faccia a faccia uno dei più grandi criminali ancora in libertà (il “duello” finale in cima al campanile è molto avvincente). La recitazione, di Welles in primis ma anche degli altri protagonisti (simpaticissimo e molto caratteristico il farmacista con la passione per la dama),  assume una particolare rilevanza, dato che si tratta sostanzialmente di una “caccia al ladro” senza tregua e senza un attimo di respiro, contrassegnata anche da una sorta di ideologia politica di fondo contro il nazismo e le torture che da quella particolare “dottrina” hanno preso vita (illuminante a tal proposito la discussione a tavola tra Orson Welles il nazista e Edward G. Robinson il detective). Se ci aggiungiamo una sequenza iniziale degna del miglior Hitchcoock e una rappresentazione dell’omicidio (quello perpetuato da Welles ai danni dell’altro criminale appositamente liberato per scovarlo) al limite dell’onirico e del grottesco, non possiamo che convenire sull’ottima qualità di questa pellicola.a a coinvolgere e a far immedea discussione a tavola tra Orson Welles il nazista e ologia politica di fondo contro il nazismo e

VOTO: 8/8,5

 



CITAZIONE DEL GIORNO

Che c’è di peggio di vedere lui che dopo cena mi strappa un capello e lo usa come filo interdentale, a tavola? (da "Harry, ti presento Sally")


LOCANDINA

9 commenti su “Lo straniero

  1. Rottura di coglioni un cazzo!

    Cinema ai massimi livelli immaginabili, io lo metto tra i migliori Welles, pur se su commissione è fenomenale come ribalti la prospettiva della femme fatale creando un homme fatale e esaminando come si comporterebbe una donna qualora si dovesse trovare in quel ruolo di perdizione sessuale che solitamente nel noir era riservato agli uomini.

    Ma poi ci sono dei dolly come quelli dell’omicidio nella foresta o dell’arrivo di Robinson nel paese che sono da alzarsi e urlare.

    PS quelle immagini con il logo di rai3 sono mie?? Le hai prese da me? Nulla in contrario, sono per la libera circolazione e sono contento se vengono riutilizzate, ma mi chiedevo se fossero proprio quelle che ho preso io dalla copia che ho registrato…

  2. Film memorabile, straordinario anche se per molti non è il migliore Wells. Eppure guardandolo attentamente risulta un film da strapparsi “la pelle” di dosso.

  3. Non posso dire se è uno dei minori di Welles, dato che ho visto oltre questo solo i primi due e cioè Quarto potere e L’orgoglio degli Amberson, che sicuramente sono superiori, ma questo non vuol dire che Lo straniero non sia un grandissimo film, così come ho detto nell’analisi su.

  4. Un buon film ma non certo il Welles esageratemente “Welles” che vogliamo vedere. Ottimo post, comunque. 🙂

    Prosegui il percorso in questa enorme filmografia e ne vedrai delle belle…

    Un salutone

  5. Infatti, sto andando in ordine cronologico con alcuni registi che sto recuperando e cioè oltre Welles, anche Fellini e Cassavetes. Poi invece con Hitchcoock e Renoir (gli altri due che sto recuperando) sto andando un pò ad umore. Per il resto guardo film un pò sparsi ^^

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