L'ospite inatteso




REGIA: Thomas McCarty

CAST: Richard Jenkins, Haaz Sleiman, Danai Jekesai Gurira, Hiam Abbass, Marian Seldes

ANNO: 2008

 

TRAMA:

 

Walter Vale, un professore universitario che da anni propina lo stesso programma agli studenti del suo unico corso, suo malgrado deve andare a New York per presentare in un convengo un saggio che nemmeno ha scritto, ma solo firmato. Nel suo appartamento, abbandonato dopo la morte della moglie, troverà una giovane coppia di immigrati, che presto diventeranno suoi amici.

 

  


ANALISI PERSONALE

 

Uno di quei film indipendenti tanto cari al Sundance film festival di Robert Redford e che col tempo stanno diventando quasi prodotti etichettati e omologati. Colonna sonora particolare e graziosa, attori non molto conosciuti ma sempre valenti, ritmi e atmosfere rarefatte e una qualche importante morale di fondo. Questi sono di solito gli ingredienti che compongono questo genere di pellicole e L’ospite inatteso non fa eccezione. Questo non vuol dire che sia un film da evitare o da biasimare, ma perlomeno offre lo spunto per una riflessione su un filone cinematografico che sta diventando un vero e proprio genere a sé stante. La morale di fondo di questa pellicola è l’invito alla tolleranza e all’integrazione razziale, oltre che la non poco velata accusa alla politica di controllo sugli immigrati degli Stati Uniti post 11 settembre. Inutile soprassedere su un’altra riflessione metacinematografica che riguarda quel fatidico giorno: da allora il mondo dell’arte, del cinema soprattutto appunto, non ha potuto fare a meno di essere influenzato da quell’evento che a sua volta ha influenzato il nostro mondo, le nostre vite. Ed è così che il simbolo per eccellenza degli Stati Uniti, diventa anche simbolo e metafora di questo film: la Statua della Libertà e Ellie Island, dapprima visti come rappresentazione della libertà e del sogno americano (oltre che come luogo nel quale si passava per divenire a tutti gli effetti cittadini del nuovo mondo), ora costituiscono l’emblema di tutto l’opposto: il luogo dove si viene schedati come immigrati e poi rispediti nel proprio paese. La descrizione del luogo di detenzione del giovane Tarek (il ragazzo che il protagonista di questa pellicola troverà nel suo appartamento insieme alla sua ragazza), non fa altro che comunicarci una realtà desolante ma molto vivida che è poi l’inasprimento nei confronti degli stranieri, quella xenofobia che tanto cozza con gli ideali democratici del paese che si professa come il più liberale e aperto del mondo. Ma le paure e il terrore per nuovi attacchi terroristici fanno si che anche il più innocente e buono degli stranieri possa ricevere un trattamento così crudele, come quello che riceve il ragazzo e di rimando la sua famiglia che è costretta ad assistere inerme al suo arresto in un edificio di detenzione del Queens. Ma sostanzialmente quello che conta realmente nella pellicola non è l’arresto di Tarek, giovane siriano che per sbarcare il lunario suona il djembe in alcuni locali e nei parchi, non è la disperazione della sua fidanzata, bellissima africana che invece confeziona e vende gioielli di stoffa confrontandosi ogni giorno con l’ignoranza e la falsa accondiscendenza dei suoi clienti, ma la parabola ascendente di un uomo che ormai viveva per inerzia, senza appassionarsi a nulla e che riesce a riaccendere la scintilla della sua esistenza proprio grazie all’incontro con questi due “clandestini” (non solo negli Stati Uniti, ma anche nel suo appartamento), e soprattutto con la madre di lui, la quale oltre a riaccendere la sua vita, riesce molto probabilmente a riaccendere il suo cuore, fermatosi dopo la morte della moglie.

Sta forse nella metafora un po’ troppo semplicistica e banale della musica l’intoppo della pellicola: se l’apatia e la noia della vita di Walter, prima dell’incontro con gli altri protagonisti della pellicola, era segnata dal lento incedere delle note di un pianoforte (lo stesso che si ostinava ad imparare a suonare solo in ricordo della moglie che lo faceva di professione, piuttosto che per piacere e per passione), dopo la conoscenza di un nuovo mondo che l’ha finalmente scosso e riportato ad interessarsi a qualcosa e qualcuno, è segnata dall’incessante e travolgente battito dei tamburi. A conti fatti, L’ospite inatteso (evitando lungaggini e ridondanze di troppo che purtroppo inficiano il totale apprezzamento della pellicola), risulta essere comunque un film allo stesso tempo dolce e amaro che termina senza uno sperato lieto fine, proprio a dimostrare la tangibilità e la plausibilità degli “orrori” narrati precedentemente.

 

VOTO: 6

 


CITAZIONE DEL GIORNO

 

Dai amico il mondo è pieno di imbecilli. Nessuno sa lavorarseli meglio di te. Riusciresti a vendere il buco del culo di un topo come fede nuziale! (da "Strange days")

 


LOCANDINA

 

15 commenti su “L'ospite inatteso

  1. Un film che posso benissimo evitare di vedere al cinema (dato il poco tempo che sto attualmente dedicando alla settima arte).

  2. Alek, certamente!

    Vale, ahah, in effetti non ho visto il film ma la citazione mi ha colpita!

    Luciano, è tranquillamente recuperabile in DVD.

  3. Secondo me sei troppo severa con un film del genere: le sfumature psicologiche invece delle scene madri non vogliono dire che il film manca di mordente. Morde eccome, perché ti fa vedere che il clima di paura post 11 settembre ricade pesantemente sulle vite e gli affetti dei singoli. Lo fa con sobrietà di accenti, secondo me adeguata al personaggio melanconico del prof.

    Se non sei d’accordo, piangerò tutta la sera (poi basta).

    Ciao.

  4. Ma io non ho detto che manca di mordente, ho detto che per certi versi è semplicistico e banale e per altri è un pò ripetitivo, ma sostanzialmente mi è piaciuto il messaggio lanciato.

    P.S.:Ti prego non piangere!!! Le divergenze d’opinioni sono il sale della vita!!! ^^

  5. L ho visto due gg fa…Protagonista bravissimo ma film che ha paura di denunciare, di dire, di urlare.Un attimo prima sembra urlare all’intolleranza e un attimo dopo ecco la bandiera americana sventolare in primo piano che culla le sue creature.Mmmm..si poteva osare molto di più!

  6. mah..io l'ho visto come un film liberal ,appunto da sundance.Quindi in sostanza americani buoni,tranne qualcuno-il governo,ad esempio-ma assai pleonastico nella sostanza.
    Si salva il bravissimo protagonista,poi il resto luoghi comuni tragici tanto cari ai radical chic (che poi son tutti favorevoli all'america di sè innocente e bbona,sempre)

  7. Si, sostanzialmente non è esente da qualche buonismo di troppo, però tutto sommato è un film che si fa guardare abbastanza piacevolmente.

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