Melancholia

REGIA: Lars von Trier

CAST: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Alexander Skarsgard, Stellan Skarsgard, Charlotte Rampling, John Hurt, Udo Kier

ANNO: 2011

 

Justine e Claire sono due sorelle. La prima non riesce a liberarsi della sua depressione, nonostante il matrimonio con un uomo che la ama, la seconda si fa trascinare dalle paure per l’imminente collisione della Terra con il pianeta Malincholia.

 
Lars von Trier torna come sempre a far parlare di sé, ma soprattutto a stupire enormemente, non solo con la provocatorietà delle sue idee e delle sue affermazioni, ma principalmente per la forza comunicativa, riflessiva e visiva del suo cinema. Molti sono i punti di contatto di “Melancholia” col precedente “Antichrist”, forse più ostico e complesso, a cominciare dalla straordinarietà dell’incipit e dell’epilogo, passando per il tema della depressione, non tralasciando il binomio uomo-natura che qui diventa uomo-universo, fino ad arrivare allo stile registico ed estetico.
Fondendo alla perfezione l’utilizzo della camera a mano con il ricorso al ralenti e alla ricostruzione artistica delle inquadrature, alternando un forte realismo ad una grande visionarietà, von Trier racconta della condizione umorale e psicologica della protagonista, da lui stesso condivisa e per questo profondamente conosciuta, dandole il nome del pianeta che incombe minaccioso sulla Terra e su tutti i suoi abitanti.
Non si tratta ovviamente di un tipico disaster-movie, dal momento che l’attenzione del regista è puntata sullo smascheramento di determinati borghesismi e convenzionalismi, a cui fa da contraltare, appunto, l’atteggiamento della giovane sposa triste e melanconica, costretta a sorridere a comando e a perpetuare quei riti e quei gesti richiesti dalla morale e dall’atteggiamento comune. Ad essere raccontata è soprattutto l’incomprensione di questo personaggio da parte del resto dell’umanità, come dimostrano le varie pedine che le si affiancano nel corso del film. Il padre fin troppo infantile e assente, la madre cinica e insensibile, il cognato venale e aristocratico, la sorella, infine, metodica e schematica (più volte sarà proprio lei a dire di odiare sua sorella per i suoi “sbalzi d’umore”).
Justine, invece, preferisce lavare con l’acqua tutti i rituali di una società che la disturba con un bagno nel mezzo della cerimonia che assume una forte potenza metaforica. Del resto soltanto agli occhi di un bambino, il nipotino, innocente e non ancora inglobato nel meccanismo, Justine può sembrare una persona “indistruttibile”, da cui il soprannome a lei riservato. Infatti, nonostante l’instabilità emotiva, si ritrova ad essere la forza trainante per la sorella, nel momento del più cupo sconforto, all’approssimarsi del pianeta.
La pellicola, infatti, è suddivisa in due funzionalissimi capitoli (altro punto di contatto con “Antichrist”), il primo dedicato proprio a Justine (interpretata magnificamente da Kirsten Dunst che ha meritatamente vinto il premio come miglior attrice all’ultimo Festival di Cannes), la sorella depressa e insofferente nei confronti del mondo; il secondo incentrato su Claire (impersonata dalla bravissima Charlotte Gainsbourg, che nel film precedente aveva il ruolo di protagonista assoluta), la sorella che di fronte al pericolo imminente comincia a farsi trascinare dallo sconforto e dal terrore.
Due donne in qualche modo complementari che stemperano leggermente la latente misoginia presente nel più volte citato “Antichrist”, anche perché affiancate da uomini inconsistenti (il marito), quando non estremamente materiali (si pensi non solo al cognato interpretato da Kiefer Sutherland, ma anche al capo), o addirittura vanagloriosi (il wedding planner totalmente disperato per il suo perfetto matrimonio mandato a rotoli da una sposa lunatica).
Con un cast di attori da capogiro, comprendente anche i grandi Udo Kier, Charlotte Rampling, Stellan Skarsgard e figlio Alexander (star del telefilm “True Blood”), e con un comparto musicale basato sulle splendide note di Wagner, von Trier ci regala un mondo di considerazioni intense e mai banali, comunicandole con uno stile unico e inconfondibile, reso ancora più suggestivo e stimolante da alcune straordinarie immagini che ricordano dei dipinti (come l’Ophelia di John Everett Millais), e da un finale visivamente coinvolgente ed emotivamente deflagrante.

VOTO:


 

25 commenti su “Melancholia

  1. Lo andrò a vedere stasera… Me lo aspetto interessante e spero sia più incisivo di quanto lo fu il misogino e confusionario [ma visivamente spettacolare] Antichrist…

    Glore

  2. von trier è un Autore,questo termine è abusatissimo tanto quanto capolavoro da moltissimi critici e anche da tanti improvvisati sopratutto in ambito di revisionismo del cinema di genere,(su 1000 registi almeno 999 sono geni incompresi dai soliti criticoni intellettualoidi,vabbè),von trier invece è un vero autore:divide,si fa odiare,trascina ed entusiasma.
    A me il suo cinema piace a priori anche quando mi disgusta o annoia,perchè è sempre un momento di autentico cinema autoriale,e per gli spocchiosi intellettualoidi come me,sordi  e ciechi di fronte al grande cinema di autori incompresi come Polselli o Bergonzelli,il danesone è sempre un piacere infinito!

  3. Ancora una volta, dopo il fallimento di Antichrist [che alla fine ho incredibilmente preferito a questo borioso melodramma] Von Trier continua a mostrare di non sapere andare oltre al semplice abbozzare le sue storie, accompagnandole a meravigliose immagini iniziali e finali. Alla fine le sue ultime pellicole si riducono a questo. Insomma, se togliamo le parti con "Tristano e Isotta" che cosa ci rimane? Una prima parte con un filmino su un matrimonio andato male e la seconda con la sorella isterica, tutt'altro che interessante. Non vedo personaggi analizzati a dovere, la depressione è, come al solito, buttata là, come se fosse imprescindibile da ogni suo personaggio. Troppo poco dal regista di "Dogville" e de "Le Onde del Destino", quando usava la lentezza sapientemente. Ora sembra non solo non avere più un senso dei tempi filmici, ma anche non aver davvero capito cosa mostrava Tarkovsky, visto che il suo duplice omaggio si riduce ad una meravigliosa forma [più o meno per 5 minuti] senza una solida sostanza. Anzi, il dipinto "I Cacciatori nella Neve" mostrato in Solaris, qui viene bruciato, segno che Tarkovsky ha lasciato la sua impronta, ma Von Trier sembra volersi staccare da lui. Cosa sicuramente lodevole, peccato che il risultato è come al solito inconsistente. Lascia il pubblico insoddisfatto strascicando per un'ora il suo personaggio "Melancholizzato" tra balletti e convenzioni matrimoniali, senza però dare nulla in cambio, senza dare quello che ci si aspetterebbe: una seconda parte che trasmetta qualcosa, quella che almeno era presente nel confusionario ma, alla fine, parzialmente sensato Antichrist.
    Lo ripeto, la falsa arte di Von Trier, è una cosa che ritengo oltremodo fastidiosa, perché si alza su un piedistallo in cui non merita di stare

    Glore

  4. l'elemento del delitto,europa,dogville,idioti,le onde del destino, mi sembrano film assolutamente degnissimi di nota.Girati con stili differenti e ben fatti.
    Non solo anche nel puro genere von trier riesce a far opere interessanti:The Kingdom e Il Grande Capo sono decisamente riusciti
    Ripeto il suo forte è che crea profonde divisione,non è un convenzionale ragazzotto americano con il suo cinemino di citazioni e cattivsmo da happy hour,che fa figo seguire e sostenere.
    Ma uno anche falso e ladro,che smuove critica e pubblico.Ben vengano i falsari,i ladri,come lui.Discontinuo,a tratti veramente geniale,anche quando ci vende una patacca.L'arte è anche questa

  5. Probabilmente è un modo diverso di vedere l'arte. Se ci vedo inganno mi sento più oltraggiato che mosso, preferisco una commedia senza pretese ad uno pseudo-artista che cerca solo di stupire con temi alti e con risultati bassi. Ognuno cerca cose diverse.
    Ovviamente non ho nominato il Dogma 95, movimento pretenzioso quanto non riuscito nei suoi scopi [e subito violato dagli autori che ne aderirono, dimostrazione di quanto fosse inefficace], di fermare lo strabordante cinema americano spielberghiano degli eccessi di effetti speciali [che odio tanto io quanto loro]  che tanti hanno spacciato per rivoluzione artistica, quando è stata rivoluzione più o meno al pari del futurismo: ovvero stupire mettendo paletti all'arte. Questo non è modo di fare arte ma di distruggerla. Ma questo è un altro argomento che dovrebbe essere trattato in altra sede, immagino. Qui si discute del singolo film.

    Glore

  6. Ciao Alessandra, mi è piaciuto il confronto che fai con Antichrist, che mi sembra spiegato in maniera puntuale sia nei suoi punti di contatto (dal punto di vista della struttura e dell'estetica), sia in quelli di contrasto (si stempera con Melancholia la misogonia tipica di Lars Von Trier, che secondo me proprio con Antichrist aveva toccato il suo apice). Ho apprezzato il film e ne ho parlato bene in due post sul mio recentissimo blog, se ti va di fare un salto!
    ciao,
    Sara
     http://delicatessenfilm.blogspot.com/2011/10/melancholia-di-lars-von-trier-la.html e http://delicatessenfilm.blogspot.com/2011/10/lars-il-misogino-lars-il-misantropo.html

  7. babol, in qualche modo ce la farai!!

    viga e glore, qui giustamente si discuteva della singola opera e non del modo di fare cinema di von trier o della sua arte, o pseudo-tale a seconda dei punti di vista. Per parte mia meglio dieci minuti di immagini fantastiche che ore di film inutili. E comunque ritengo che al di là delle immagini nel film ci sia ben altro, come spiego ovviamente nella recensione.

    Sara, faccio subito un salto!!

  8. alla fine preferisco sempre le tue di recensioni alle mie… se non altro per la precisione nel raccontare anche lo splendido cast, cosa che io ho dimenticato.e complimenti per la bella locandina.
    io ho fatto pace con von trier e penso che un finale così raramente mi è stato regalato

  9. @Glore: secondo me è perfettamente voluto quello che tu chiami "strascicando per un'ora il suo personaggio "Melancholizzato" tra balletti e convenzioni matrimoniali" quasi a fare da contraltare all'indifferente universo che ci schiaccia mentre noi ci perdiamo in risibili convenzioni. o ad accapigliarci su un blog su questo o quell'Autore 😀

  10. Intento sicuramente lodevole, solo avrei preferito avere un'ora in meno di questa apologia dell'inutilità delle convenzioni… O almeno che me la mostrasse in modo meno [uso un termine poco amato quando si parla di cinema ma rispecchia praticamente ciò che ho provato durante la visione] in modo, dicevo, meno noioso. Un film non deve sempre durare due ore, molte volte bastano dei cortometraggi, cosa che molti registi secondo me dimenticano [e ci metto anche il mio amato Lynch, che con Inland Empire, per esempio, ha oltrepassato un po' il limite]. Ma alla fine sono, come sempre forse, gusti…

    Glore

  11. non è il miglior lars von trier devo ammetterlo…la sua genialità nelle sue ultime due opere si espone nella scena iniziale…il film è un pò noioso, coinvolge meno rispetto al passato. Uno di quei film che mentre lo guardi ti fa sbadigliare ma che poi la scena finale ti fa rivalutare il tutto. Perchè se poi ripenso alla Dunst con in sottofondo gli uccelli che cadono, oppure ai tre personaggi che si tengono la mano,  si dimentica il resto e ci si convince di aver visto un capolavoro…anche se alla fine non lo è…in teoria Lars ha deluso…in pratica non mi ha deluso affatto

  12. concordo su tutto, anche sul voto.
    questo film l'ho trovato meraviglioso e emotivamente mi ha devastato.
    pubblicherò al più presto la mia recensione..
    ciao!
    alberto

  13. art ville, io tra l'altro non ho nemmeno mai sbadigliato, anche se devo dire che ero stanchissima quando l'ho visto…

    alberto, poi verrò al più presto a leggerla!

  14. Concordo in tutto e per tutto con Glore. Una sceneggiatura abbozzata e farraginosa non approfondisce mai nessun snodo narrativo di una vicenda già di per sè oltremodo banale. Un film pretenzioso, inutilmente lungo e sfinente.

  15. @ale: "von Trier racconta della condizione umorale e psicologica della protagonista, da lui stesso condivisa e per questo profondamente conosciuta, dandole il nome del pianeta che incombe minaccioso sulla Terra e su tutti i suoi abitanti."

    hai reso perfettamente e anche successivamente la dicotomia psicologica. e anche se lo dico a bassa voce con il rischio di essere frainteso ringrazio la depressione di Lars e alla fine l'empatia con lui mi da il sollievo che la catastrofe sia (impossibilmente) anche, condivisa.

    @viga: completamente e assolutamente d'accordo, anche quando non lo condivido.

    @glore: chi se ne sbatte delle "storie"? quello che dici, comunque, commenta ed esalta la grandezza di Lars.

  16. Chi se ne frega delle storie lo dico se il resto mi dice effettivamente qualcosa… Io potrei anche accettare 90 minuti dei più visioniari stile The Tree of Life [il mio film preferito è 2001], però ci deve essere qualcosa di interessante dietro, non solo pretenziosità senza uno sbocco.. L'unica grandezza di Von Trier è quella di non aderire alle convenzioni, ma per il resto non trovo assolutamente nulla di elogiabile nel suo cinema…

    Glore

  17. rear, non ci troviamo d'accordo questa volta. Al di là del fatto che non sempre la sceneggiatura è la parte fondamentale di un film (e lo dico io che adoro la scrittura), ritengo che in questo caso sia volutamente antinarrativa.

    william, infatti spesso ci sentiamo meno soli e meno abbandonati a noi stessi spesso col cinema, come in questo caso.

    Glore, ovviamente non ribatto perché abbiamo già concordato che in certi casi è proprio questione di gusti.

  18. @Glore: Il fatto che tu non lo veda non significa che non c'è. Altro non ti so dire. E ripeto, questo pregiudizio di pretenziosità verso il cinema di Lars impedisce di fruire del suo cinema perché il suo Cinema "è" lui, come quando viene accusato di maschilismo, è pazzesco, visto che Lui si rappresenta sempre con una Donna nei suoi film.

    @Ale: già.. menomale.

    w.

  19. Sì, di certo non mi ritengo portatore di una verità assoluta… Ma l'eccesso di pretenziosità è un'accusa abbastanza univoca, che anche i suoi fan dovrebbero accettare, così come io, fan di Lynch, accetto un'accusa simile nei suoi riguardi.
    Glore

  20. Mi sembra un film di ottima qualità soprattutto perché Lars ha lavorato sulla pittura (pose, quadri, paesaggi) lasciandola affiorare alla superficie raccontando la depressione di un mondo che non riesce più a ricomporsi. Justine è disturbata dall'astrattismo e preferisce la pittura classica, romantica, dei preraffaelliti. Il mondo di Melancholia galleggia in una vicenda surreale tra un passato figurativo e un oggi frantumato. Per me un film dalle grandi potenzialità. Spero di rivederlo ta un anno per vedere se riuscirà ancora a scuotermi come mi capita con i capolavori.

  21. dopo averlo visto non riuscivo più a parlare, sono uscito dal cinema per prendere aria e non riuscivo a capire se von trier è un genio oppure un pazzo. forse tutte e due. film meraviglioso, con uno dei finali più potenti che abbia mai vissuto in tanti anni di cinema…

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