Mission: impossible

Sono gli occhiali ad essere magici, o è il cinema?

Mission impossible

L’agente segreto Ethan Hunt, insieme alla sua squadra, viene incaricato di scovare a Praga un terrorista russo che potrebbe avere tra le sue mani la lista di alcuni agenti infiltrati della CIA. Scoprirà, però, di essere stato messo al centro di una missione ben diversa, quella da parte della CIA stessa di riuscire a trovare una presunta talpa all’interno della sua squadra. Essendo l’unico sopravvissuto di questa caccia alla spia, dovrà confrontarsi col sospetto dei suoi superiori e con l’iniziale missione che non smetterà di voler portare a termine.

Chi l’avrebbe mai pensato che un artigiano, ma al tempo stesso un grande teorico come Brian De Palma, si sarebbe confrontato col genere action, puro e fracassone? Eppure nel 1996 avvenne che il grande regista prestò il suo nome e il suo talento per quello che è poi diventato il primo capitolo di una grande saga, ancora sulla cresta dell’onda. Parliamo ovviamente di “Mission: impossible”, con protagonista l’inossidabile Tom Cruise, che ha continuato a troneggiare anche nei successivi episodi. Nonostante la novità del genere e i rischi che si corrono approcciandosi ad una categoria di film spesso accompagnata da esagerazioni narrative e formali, ma soprattutto da banalità e cliché, De Palma sforna ancora una volta un’ottima pellicola, pur non essendo ovviamente annoverabile tra i suoi capolavori indimenticabili, riuscendo a schivare, anche se non completamente, i rischi di cui sopra e portando con sé anche una piccola parte della sua idea di cinema.

Spesso nelle sue opere, infatti, abbiamo avuto modo di saggiare quanto per De Palma lo sguardo, inteso in ogni suo significato, sia di importanza capitale, diventando elemento pregnante e preminente della narrazione (come è avvenuto in “Omicidio a luci rosse”, così come in “Omicidio in diretta” o persino nell’ultimo “Redacted”), ma metaforizzando anche un’idea di cinema ben precisa, in cui è l’osservazione, appunto, a farla da padrone. Un’osservazione che porta ad una o più verità, arricchendo la visione con riflessioni e considerazioni sul mezzo cinema che hanno davvero del suggestivo, oltre che dell’affascinante. E persino in un action-movie come questo, De Palma non rinuncia a questa sua concezione del cinema, giocando con una serie di soggettive davvero interessantissime, oltre che estremamente coinvolgenti, e ironizzando con un paio di occhiali, appartenenti al protagonista ovviamente, in grado di mostrare ciò che apparentemente non potrebbe essere visto. Aggiungiamoci una regia molto solida e convincente, con una serie di sequenze rimaste ormai nell’immaginario collettivo: a partire da quella girata nel palazzo di Praga, all’interno del quale si svolge la prima missione; passando per l’ormai famosissima scena all’interno del caveau della sede della CIA a Langley, luogo nel quale Ethan deve riuscire ad avere accesso al computer centrale, calandosi dal soffitto legato ad un filo ed evitando di farsi vedere e sentire da nessuno.  Decisamente memorabile, anche se in questo caso forse in maniera un po’ troppo eccessiva e “caciarona”, cosa che da De Palma, forse, non ci saremmo mai aspettati, è l’adrenalinico e scoppiettante finale in cui il regista si lascia andare girando un pirotecnico inseguimento tra un treno in corsa e un elicottero che riesce persino ad entrare in un sottopassaggio. Momento sicuramente entusiasmante per tutti gli amanti del genere, ma forse leggermente fuori luogo rispetto alle modalità registiche di un autore decisamente estraneo a questo genere di soluzioni.

A completare il quadro, escludendo forse le fin troppo macchiettistiche interpretazioni dei grandi Jon Voight e Vanessa Redgrave, ingabbiati bisogna anche dirlo in due personaggi leggermente fumettistici, arrivano altri due elementi di grande apprezzamento: l’indimenticabile colonna sonora firmata Danny Elfman ed entrata ormai nella storia del cinema e l’ottimo assemblaggio di un cast decisamente in parte, a cominciare da un ironico e ammaliante Tom Cruise, passando per grandi nomi come quelli di Emanuelle Béart, Ving Rhames, Kristin Scott Thomas e Jean Reno. Certo a volte l’ironia appare fin troppo spicciola, ma a fronte di un impianto tecnico-formale più che efficace e di un’eleganza davvero notevole, si può sicuramente chiudere un occhio, così come fa lo stesso De Palma strizzandolo sia nei confronti degli appassionati di action movies, sia in quelli dei suoi attenti conoscitori e ammiratori.

Pubblicato su www.supergacinema.it

5 commenti su “Mission: impossible

  1. Io ho visto solo fino al secondo episodio, poi non ho più proseguito. Generalmente è un tipo di cinema che non piace molto nemmeno a me, però secondo me questo qui qualcosa di interessante ce l’ha eccome.

  2. Anche a me, che osannavo De Palma tanto tempo fa, che idolatravo Tom Cruise (lo ammetto…), che non riuscirei a farmi fuori tutti i film un’altra volta, ricordando il primo della saga mi è venuta in mente la scena degli occhiali, specialmente quando il nostro li tira a Jon Voight. E’ la summa del regista? Ma poi, escludendo questo, la Beart non era bellissima?

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