My son, my son, what have ye done

REGIA: Warner Herzog

CAST: Michael Shannon, Willem Dafoe, Chloe Sevigny, Udo Kier, Grace Zabriskie, Brad Dourif, Michael Pena

ANNO: 2010

Un uomo uccide sua madre con una spada. La polizia accorre sul luogo del delitto, ma il ragazzo si è barricato in casa con due ostaggi. Il detective interroga la sua fidanzata e il regista dell’opera teatrale nella quale stava recitando. Indagando sulla personalità del ragazzo si cerca di arrivare ad una spiegazione dell’atto da lui compiuto.

Ispirato ad un omicidio realmente accaduto, questo straordinario film fatto di forti atmosfere e di tanti rimandi sul tema della sfaccettata e complessa natura umana, riesce a tenere gli occhi e la mente incollati allo schermo per tutta la sua durata, costringendo lo spettatore ad immergersi nella visione e nella riflessione sulla particolare, profonda, intrigante e inestricabile personalità del protagonista preso in esame. Esame che ci porta ad una sorta di confronto tra ciò che potremmo trovare se riuscissimo a scavare realmente a fondo della nostra coscienza, della nostra “natura interna”, della nostra più profonda essenza (che è quello che riesce a fare il protagonista in seguito a diversi “trampolini di lancio” come il suo viaggio in Perù e la rappresentazione teatrale di una tragedia greca); e ciò che invece solitamente siamo disposti ad accettare di noi stessi, chiudendo gli occhi e rifiutandoci di indagare, lasciando che la “natura esterna”, quella condizionata dalle repressioni, dalle restrizioni sociali e familiari (la madre è un personaggio ambiguamente e quasi “orroristicamente” castrante), abbia la meglio.

Gli atteggiamenti sempre più inspiegabili assunti dal protagonista, allora, vengono sminuiti e contratti sotto il termine di depressione, quando in realtà sono l’esplicazione materiale del raggiungimento della sua più profonda interiorità, della sua coscienza turbata dai trampolini di lancio di cui sopra, oltre che dal rapporto controverso con la madre, in una parola sola della sua natura. Questo contatto con la parte più profonda e nascosta di sé assume dei contorni quasi mistici, perché Doug, l’attore assassino (ci sarebbe anche da considerare il modo in cui viene trattato il tema del teatro e della recitazione con dialoghi che rimangono indelebilmente impressi per come rimandino al binomio attore/uomo e alla fusione che spesso avviene tra i due termini), crede di aver trovato finalmente Dio, in un incontro con la religione che trascina profondamente il protagonista in una spirale di opposizioni e dicotomie che fa girare la testa. Da un lato la “natura”, dall’altro la “cultura”, come ci insegna l’antropologia, due concetti che spesso riusciamo a far convivere, ma solo sopprimendo e nascondendo parte della nostra reale autenticità (ed ecco che potremmo paragonare quest’altro binomio con quello tra recitazione e vita). Quello che avviene in “My son, my son, what have ye done”, invece, è proprio la completa scissione tra i due concetti, con la netta superiorità riservata alla natura che prende potentemente il sopravvento, lasciando di stucco tutti gli altri ancora “schiavi” della fusione tra le due entità.

Con uno stile che risente potentemente dello zampino lynchiano (a partire dalla scelta di Grace Zabriskie, perfetta nella parte della madre, fino ad arrivare alle ambientazioni, alle scenografie e alle atmosfere), Herzog sforna una pellicola inusuale e stratificata, che analizza a fondo i meandri spesso impercorribili e intricati della mente umana, partendo da un emblematico omicidio che rappresenta quasi il taglio di un cordone ombelicale (anch’esso metaforico) tra ciò che intimamente siamo e ciò che siamo “costretti” (anche da noi stessi, inconsciamente o non) ad essere.

Impressionante e decisamente apprezzabile l’interpretazione di Michael Shannon nel ruolo del protagonista sempre più immerso nell’indagine che sta alla base narrazione. Del resto ce lo dice lui stesso mentre recita a teatro: “Alcune persone interpretano un ruolo, altre recitano una parte”.

VOTO:


Pubblicato su www.livecity.it e www.supergacinema.it

6 commenti su “My son, my son, what have ye done

  1. Ciao!

    Ho ripreso la mia attività di blogger… forse mi ricorderai per il mio "vecchio" blog VISIONE INFINITA… comunque, ci tengo a farti i compimenti per il tuo blog, che ho subito aggiunto nel mio blogroll ;), e a segnalarti il mio "nuovo" blog http://babilondream.wordpress.com/ … grazie tante per l'attenzione *_* a presto!!!!!

    ah…. sarei proprio curioso di vedere Sarah Palmer…. mi vengono i brividi solo a pensarci… uno dei personaggi più inquietanti di sempre partoriti dalla mente di Lynch… spero di recuperare questo film al più presto!!!!!

  2. Non l'ho ancora visto, ma lo attendo con moltissima eccitazione. Credo che Herzog sia uno dei pochi autori realmente indispensabili nel cinema contemporaneo, e il connubio con Lynch profuma di capolavoro prim'ancora di averne la controprova… Ma d'altronde anche la tua recensione me lo conferma.

  3. Una bella recensione davvero, per un grande film (tra i migliori del 2010 e credo anche della stagione) che cresce in maniera esponenziale dopo la visione. L' ho già visto due volte e sto facendo passare un po' di tempo per affrontare la terza ^__*

  4. Ciao, tra oggi e domani aggiungo anche il tuo blog tra i miei link e grazie della visita!

    Alessio, poi mi farai sapere.

    Weltall, anche io lo rivedrò sicuramente. E ancora sicuramente è tra i migliori del 2010.

  5. Sconvolgente 'sto film!

    Ancora me lo devo metabolizzare per bene.

    Uno dei migliori di quest'anno.

    Shannon immenso.

    Bella recensione!

    Valentina

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