Nemico pubblico n. 1 – L'ora della fuga




REGIA: Jean-François Richet

CAST: Vincent Cassel, Ludivine Sagnier, Mathieu Amalric, Gèrard Lanvin, Olivier Gourmet, Anne Consigny, Georges Wilson

ANNO: 2009

 

TRAMA:

 

Le evasioni rocambolesche del più noto criminale francese, seguite anche dalle adesioni a gruppi politici armati dell’epoca e dalle continue rapine e malefatte per tenersi a galla e riempirsi sempre più di soldi, fino a giungere ad uno scontato e prevedibile epilogo.

 

 


ANALISI PERSONALE

 

Seconda parte del dittico dedicato ad una figura molto famosa in Francia, il nemico pubblico numero uno appunto, questo “L’ora della fuga”, riesce ad essere anche meglio della sua seppur molto valente prima parte. In questo caso, avendo già avuto un’ampia presentazione e genesi del personaggio, entriamo nel vivo dell’azione. Come suggerisce il titolo, forse un po’ troppo didascalico, la pellicola si basa proprio sulle evasioni e sulla vita alla macchia del criminale affiancato sempre da qualche complice e soprattutto da qualche amante fedelissima e innamoratissima. Questo secondo capitolo (che potrebbe essere tranquillamente visionato anche in assenza di visione del primo), sembra quasi essere un film diverso, proprio perché anche registicamente e narrativamente si differenzia per quantità di azione presente e soprattutto per compattezza ed enfatizzazione del personaggio. Si calca la mano, infatti, proprio sull’egocentrismo estremo di Mersine (“Si dice Merin non Mersin!”, continua a ripetere a chi sbaglia la pronuncia del suo nome, oppure, “Lei l’ha letto il mio romanzo?”, domanda a politici e poliziotti), egocentrismo che sfocia appunto nella stesura della sua autobiografia (l’idea nasce quando si rende conto che la stampa lo “snobba” per occuparsi di Pinochet), ma anche nella sua estrema vanagloria e nella sua voglia di apparire con interviste e fotografie sulle riviste nazionali. La pellicola si concentra, dunque, sulle rapine e le rocambolesche evasioni di Merine, che continua ad essere sempre più vanesio e strafottente (brinda persino con lo champagne quando viene arrestato dal commissario che gli sta alle calcagna), la cui figura rimane ambigua fino ad un pre-finale che ce ne restituisce interamente un’immagine negativa. Ma fino a quel momento l’occhio del regista e per certi versi anche dello spettatore che si immedesima con l’opinione pubblica divisa a metà di allora, sembra essere quasi indulgente nei confronti di questo “ladro gentiluomo”, che sa ricompensare generosamente coloro che, volenti o nolenti, lo aiutano nelle sue fughe, che si reca a trovare il papà malato in ospedale, che tratta da principesse le sue amanti che con charme e fascino riesce a conquistare con un solo sguardo o un’arguta battuta (“Quando si vive in un inferno l’evasione è un diritto. Anzi direi un dovere”, dirà al giudice che lo sta processando quando gli viene chiesto se ha intenzione di evadere o meno). Ma i comportamenti sempre più violenti e ingiustificati del criminale contribuiranno a dipingerne più perfettamente i contorni, soprattutto quando anche i suoi complici (tra cui un ottimo Mathieu Amalric) cominceranno a staccarsi dalla sua visione della vita. Giustificando e dando un senso alle sue malefatte con la voglia di rivoluzione e di sovvertimento di un sistema corrotto e ingiusto, Mersine compie le sue azioni principalmente per due soli motivi: la fama e i soldi. Risulta per cui quantomai interessante l’inserimento di questa figura nell’ambito sociale dell’epoca con riferimenti al terrorismo tedesco, alle Brigate Rosse, ad Aldo Moro.

Ma “L’ora della fuga” si distingue non solo per essere un ottimo e brillante gangster-movie, ma anche perché è una pellicola che si impreziosisce di brillanti dialoghi, di una regia serrata e molto movimentata, di una sceneggiatura che tratteggia alla perfezione il protagonista ma anche il contesto in cui è inserito, di un’ottima recitazione (il cast di comprimari è di alto livello), e di un montaggio adeguatamente frenetico e adrenalinico. Dunque un vero e proprio esempio di cinema di genere che si accompagna ad una qualità non indifferente. A dimostrarlo ulteriormente  arriva la straordinaria sequenza finale, girata e montata in maniera encomiabile, in cui, nonostante si conoscano le sorti del criminale, si rimane per tutto il tempo col fiato sospeso per poi giungere ad un’ultima esplosione di pallottole che stavolta colpiranno proprio colui che per certi versi si credeva invincibile ma che era perfettamente consapevole di dover andare incontro, prima o poi, ad un “finale” di quel tipo. Una figura quanto mai sfaccettata questa del gangster francese (interpretato da un ancora più straordinario Vincent Cassel, qui ingrassato anche di 20 chili e decisamente perfetto in ogni singolo sguardo e movenza), che sfida la morte ogni singolo giorno della sua esistenza: “La morte non è niente per colui che ha saputo vivere”. Una figura su cui alla fine però è facile avere un giudizio, così come ci suggerisce il giudice che durante il processo gli rivolgerà parole di odio e di verità: “Non ci sono gangster buoni. Ci sono solo gangster tout court. Lei è un gangster tout court Mersine”.

 

VOTO: 8/8,5

 

 


CITAZIONE DEL GIORNO

 

"A furia di raccontare le sue storie un uomo diventa quelle storie; esse continuano a vivere dopo di lui e in questo modo egli diventa immortale". (Big Fish)


LOCANDINA

 

9 commenti su “Nemico pubblico n. 1 – L'ora della fuga

  1. Perdonami se intervengo probabilmente a sproposito in questo intervento.

    Mi presento: sono Drewes, autore del blog cinematografico “Angolo dei film” ( http://angolofilm.blogspot.com/ ).

    Mi piacerebbe poter effettuare uno scambio di link tra i nostri due blog, considerando che si occupano dello stesso tema.

    Che ne pensi? Spero di risentirti, in qualche modo.

  2. Mi mancano entrambi e spero di vederli in qualche modo. Come al solito da me non ce n’è traccia. Spero nel solito cinemino,quello che li proietta con un mese o due di ritardo 😉

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