Non aprite quella porta




REGIA: Tobe Hooper

CAST: Marylin Burns, Allen Danziger, William Vail, Teri McMinn, Edwin Neal, Kim Siedow, Gunnar Hansen

ANNO: 1974

 

TRAMA:

 

Un gruppo di amici decide di andare a visitare il cimitero di una cittadina del Texas, per controllare se la tomba del nonno di due di loro è stata deturpata dalle azioni di un pazzo che vi ha costruito delle sculture demoniache. Prima di poter ritornare a casa devono fermarsi per fare benzina e non trovandola, decidono di aspettare che il benzinaio si rifornisca perlustrando la zona. Quello che scopriranno sarà per loro fatale.

 

 


ANALISI PERSONALE

 

Un horror indipendente che riesce nell’intento di raggelare e immobilizzare lo spettatore facendolo rimanere a bocca aperta, pur senza troppi mezzi a disposizione. Un cast di attori semi-sconosciuti dà vita ad una storia che è impregnata di terrore e di orrore. Sia le vittime (soprattutto una, Sally, che verso il finale con le sue ininterrotta urla entra nelle nostre teste martellandole e coinvolgendole oltremodo), sia i carnefici (tra cui Leatherface divenuto col tempo uno dei personaggi orrorifici più famosi cinematograficamente parlando ma non solo), contribuiscono a  farci immedesimare, i primi, e a terrorizzarci oltremodo, i secondi. La spensieratezza e l’allegria di questo gruppo costituito da due ragazze e tre ragazzi (uno dei quali su una sedia a rotelle), fanno presagire sin dall’inizio il peggio, anche perché prima che il film cominci una didascalia ci mette al corrente del fatto che stiamo per assistere ad uno dei massacri più famosi della storia. In realtà Non aprite quella porta non è propriamente una storia vera, ma è ispirata ad eventi realmente accaduti, il che in qualche maniera, riesce ad innalzare il tasso di coinvolgimento dello spettatore. La prima avvisaglia arriva con uno strambo e inquietante autostoppista (sfigurato in volto e un po’ fuori di testa) che si ferisce da solo con un coltellino e poi ferisce il ragazzo disabile. Quando viene buttato fuori dal furgoncino, lascia una scia di sangue sulla carrozzeria che continuerà ad ossessionare ed impaurire il povero ragazzo ferito senza motivo apparente. Ma questo sarà solo il primo dei personaggi orribili che farà la comparsa sullo schermo, perché col proseguo della pellicola e con l’avvicinarsi dei ragazzi ad una casa dell’orrore, faremo la conoscenza di un uomo col volto ricoperto da una maschera di pelle umana che si diverte a macellare persone piuttosto che animali. La metafora del mattatoio (con un inserito quasi documentaristico che ci mostra alcune delle bestie che andranno incontro alla mattanza) ci introduce ovviamente alla vera e propria mattanza protagonista di questa pellicola. L’appartamento esteriormente lindo e sicuro, all’interno nasconde una realtà raccapricciante: scheletri umani usati come lampade o gettati e accatastati sui pavimenti, ma non solo. Ad uno ad uno tutti i protagonisti della pellicola andranno incontro ad una morte atroce, solo uno di loro riuscirà a salvarsi un po’ rocambolescamente, un po’ grazie all’aiuto salvifico e miracoloso di un’altra persona (scelta sicuramente non casuale quella di affidare ad un uomo di colore il ruolo di “eroe”).

 

Quello che più colpisce, oltre alle efferatezze compiute sui giovani protagonisti, è il rapporto che si instaura tra coloro che queste efferatezze le compiono: una famiglia più disfunzionale che mai a partire dal nonno che ha le sembianze di una mummia e che si diverte ad assistere inerme a tutto lo scempio che si compie davanti ai suoi occhi, passando per il padre carnivoro dalle “mani pulite”, fino ad arrivare ai due figli (l’autostoppista e Leatherface) che paradossalmente vengono rimbrottati e maltrattati dai primi due. Le donne sono ovviamente bandite da questo quadretto familiare (seguendo quasi una logica western, considerando anche che la causa della tragedia è la mancanza di “petrolio”) che si riunisce a tavola per cena e che segue i dettami delle famiglie da bene (basti notare il “vestito buono” di Leatherface). La colonna sonora, prettamente incentrata sulle note della musica country che accompagna i giovani protagonisti, è anche costituita dai rumori incessanti della motosega di Leatherface, ormai famosissima, e dalle urla agghiaccianti dei ragazzi. La paura e il terrore arrivano in sordina e poi esplodono in un crescendo che sembra non avere fine, come dimostrano i ripetuti inseguimenti nei campi tra l’uomo armato di motosega e la ragazza indifesa (che riescono anche grazie all’espediente della camera a mano a trascinare lo spettatore in una spirale di angoscia non indifferente). Hooper riesce anche a creare una sorta di gioco perverso nel quale lo spettatore viene ingabbiato in una sorta di voyeurismo (siamo sempre più assetati di sangue come il nonno?) ed ecco aumentare vertiginosamente i primissimi piani sui volti delle vittime. Attenzione però perché non sempre i diversi sono dei mostri (l’autostoppista, Leatherface, loro padre e loro nonno), a volte si rivelano addirittura salvifici (il camionista) o persino innocui (il garzone della pompa di benzina).

Dopo aver visionato Non aprite quella porta non si può fare a meno che tirare un sospiro di sollievo dopo la fine di efferatezze così estreme mostrate senza veli e senza fronzoli, oltre che rendersi conto di aver assistito ad uno spettacolo indimenticabile e raccapricciante che costituisce un vero e proprio cult di genere, una di quelle pellicole che ha dato avvio alla fortunata tradizione di gore e di slasher.

 

VOTO: 9

 

 


CITAZIONE DEL GIORNO

 

Ogni filosofo diceva la stessa cosa, "non ascoltate gli altri perché dicevano tutti bugie, solo io dico la verità!" (da "Fahrenheit 451")


LOCANDINA

 

 

22 commenti su “Non aprite quella porta

  1. Ehm… diciamo che non è il mio genere. Grave limite, lo so. Prima o poi dovrò cominciare a vedere qualcosa. Analisi e immagini mooolto eloquenti 🙂

    Adele

  2. Io amo l’horror invece, sin da piccola ne ero appassionata, però ho davvero un sacco di pellicole da recuperare ^^

  3. Cosa dire ancora, riguardo a uno dei più grandi horror di ogni tempo? soprattutto dopo che è stato ignobilmente saccheggiato da sequel/remake/prequel/

    scopiazzature/plagi infiniti e chi più ne ha più che ne metta?

    Per fortuna non fa mai male riparlarne, ancora e ancora. E per fortuna c’è sempre l’originale, lì a disposizione, per l’ennesima malsana ed entusiasmante revisione.

  4. Guarda dei remake ho visto solo quello di Nispel del 2003, ma non lo ricordo bene. Tra l’altro devo recuperarlo per una rubrica sui remake che sto facendo per un altro sito. Comunque a volte questi remake sono dei veri e propri scempi, altre volte riescono in qualche modo a non essere così vergognosi…

  5. Che dire? Si rischia di andare solo per iperboli. Mi limitero al buon vecchio, ma sempre attuale: capolavoro! E come tale trascende il genere.

    Volendo stare al gioco dei voti non riuscirei a prescindere dal 10: è un film perfetto.

    Davide DG

  6. Bè, in effetti ogni volta dare un voto è difficile, raramente mi azzardo a dare un dieci comunque. Il film rimane un gioiello lo stesso ^^

  7. In effetti il remake di Nispel non è poi così disgraziato. Perlomeno nella sua pochezza risulta dignitoso. Nella maggior parte dei casi invece escono porcate immonde…

  8. uh, al momento non ho modo di soffermarmi. lo farò quanto prima.

    concordo nel ritenere lo pseudo-rifacimento di “texas” di Nispel assolutamente dignitoso.

    per ora un saluto!

  9. Cine, eppure le vanno a vedere tutti, me compresa (anche se non sempre) ^^

    Virgin, si dignitoso è l’aggettivo giusto.

    Dome, l’horror non fa per te?

  10. devo ammettere che non aver visto l’ originale è una grave pecca nella mia “cultura horror”.. indubbiamente sarà meglio del remake, oltretutto i fim vecchi hanno sempre quel qualcosa in più 😉

    vedrò di recuperarlo al più presto!

    *Asgaroth

  11. Indubbiamente uno dei migliori film horror mai girati, e voi che amate il genere non potete lasciarvelo sfuggire. Indubbiamente è mooooolto meglio del remake, ci mancherebbe.

  12. io ci terrei a sottolineare, invece, che il presunto remake non è affatto male, anzi…

    ha ben poco da spartire con l’originale (ovviamente), ma la sua forza sta proprio qui: nell’essere differente (d’altronde un prodotto con sicura distribuzione planetaria non avrebbe mai e poi mai potuto ripercorrere il lato più squisitamente grottesco e disturbante della pellicola di Hooper). nonostante la patina teen gli spunti interessanti e riusciti non mancano affatto (benché la pellicola di Nispel si rifaccia più a “Leatherface – The Texas Chainsaw Massacre III” che al capostipite della serie).

    mia personalissima opinione, poi, è che lo pseudo-remake in questione abbia fornito nuova linfa vitale ad un genere (l’horror) che sta tornando (prepotentemente) a imporsi all’attenzione del pubblico.

  13. e mentre io mi son bloccato per mesi qui si è andato avanti alla grande..come al solito…di non aprite quella porta mi son visto tutti i film (e con tutti intendo davvero tutti) intorno a natale..degno di nota soprattutto questo primo episodio..anche se devo dire che non mi ha entusiasmato così tanto..bello e storicamente importante ma nulla più..il secondo delirante capitolo te lo consiglio!

  14. Anch’io sono amante dell’horror ma mi sento di dire che questo film è un boiata pazzesca.

    Rispetto a “Profondo rosso” che è stato girato solo un anno dopo, questo sembra lo scarabocchio di un bambino di fianco alla Gioconda di Leonardo.

  15. mizza, non c’è nient’altro da aggiungere!!

    Utente anonimo, vabè che son gusti, però mi pare un giudizio un tantinello esagerato ^^

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