Oxygène: un conto alla rovescia molto poco adrenalinico, quanto piuttosto banalmente intimistico

Una donna si risveglia improvvisamente all’interno di una capsula criogenica in cui è imprigionata con una scorta di ossigeno molto limitata. Ha poco tempo, quindi, per scoprire la sua identità, dal momento che non ricorda assolutamente nulla, ma soprattutto il motivo per cui si trova in quel posto e il modo per uscirne.

Non inventa assolutamente nulla Alexandre Aja, con questa sua ultima fatica distribuita su Netflix, anzi si rifà molto palesemente a illustri predecessori del passato, primo su tutti molto probabilmente il notevole Buried, in cui il protagonista, Ryan Reynolds, era imprigionato in una vera e propria bara in cui con pochissimi mezzi a disposizione doveva muoversi, per modo di dire, per riuscire a liberarsi.

In questo caso non abbiamo una bara, ma una ben più tecnologica capsula criogenica e la protagonista non comunica col mondo esterno tramite un semplice cellulare, ma grazie ai comandi ultramoderni del luogo in cui è imprigionata, con la voce di Mathieu Amalric che interpreta l’asettico computer di bordo, in grado di far innervosire anche il più paziente degli essere umani, figuriamoci uno imprigionato in un luogo ristretto con pochissimo ossigeno a disposizione.

Questa donna dall’identità offuscata è interpretata magneticamente e intensamente da Mélanie Laurent, attrice dal talento innegabile che dona spessore e ritmo ad un film che non ne possiede molti, anche se è girato in maniera encomiabile da Aja, che cerca di giostrare al meglio la regia all’interno di un unico spazio di azione, così come aveva fatto Rodrigo Cortés con Buried.

Allontanandosi dalla capsula solo per brevi momenti in cui con dei flashback rivelatori iniziamo a capire un po’ di più sui motivi della presenza della donna all’interno di questo posto molto particolare, Aja intrattiene con mestiere e con sapienza, spingendo lo spettatore a incuriosirsi alla sua protagonista e alla sua vicenda, fino ad arrivare poi ad una serie di rivelazioni un po’ troppo telefonate, che stemperano il livello di gradimento di un film che fino a un certo punto si mantiene sapientemente basico, sfociando poi in una sorta di riflessione sull’identità dell’essere umano e sulla necessità di continuare a lottare per la sopravvivenza, che in un certo senso cercano di inspessire un soggetto che avrebbe dovuto regalare forse più emozioni che riflessioni, per certi versi trattate in maniera prevedibile e scontata.

Forse più a suo agio con l’horror che con la fantascienza intimista, Aja, quindi, sforna un film indubbiamente godibile, ma altrettanto sicuramente non rimarchevole o indimenticabile.

4 commenti su “Oxygène: un conto alla rovescia molto poco adrenalinico, quanto piuttosto banalmente intimistico

  1. Ciao!
    Ti volevo dire che nelle prossime settimane il sottoscritto e altri blogger amici daremo vita, come ogni anno, alla nostra “notte horror”, iniziativa ormai “storica” e per la quale ti invitiamo volentieri nel caso ti facesse piacere partecipare… la partecipazione non è assolutamente impegnativa: c’è solo da recensire un film horror (ovviamente) uscito negli anni che vanno dai ’70 ai ’90. Se vuoi qui ci sono maggiori dettagli:

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    L’unica cosa, siccome il nostro blog “di servizio”, quello che usiamo per confrontarci, è su blogger, ti chiederemmo solo di aprire un account blogger (basta solo avere una mail .gmail). Nel caso fossi interessata comunicami (anche in privato, se vuoi, a kriskelvin72@gmail.com) la tua adesione e io ti manderò il link di invito…

    Altrimenti… amici come prima, ci mancherebbe! 🙂
    Sauro

  2. A me non è affatto dispiaciuto. Certo, pare che Aja non abbia mai più raggiunto le vette di Alta Tensione, però come “mestierante” ne ho visti di peggiori.

    1. Infatti non è totalmente disprezzabile anche secondo me. Poi Aja sì è un ottimo regista anche secondo me, nonostante concordi sul fatto che Alta Tensione rimane il suo film più bello.

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