Pieces Of A Woman: nascita e morte in un ciclo continuo e imperituro

Martha e Sean hanno deciso di far nascere la bambina che aspettano con un parto domiciliare. Il giorno fatidico, però, a causa di una serie di inconvenienti, la bambina perde la vita pochi secondi dopo essere nata. Per entrambi, da quel momento, comincia un percorso di elaborazione del lutto completamente diverso.

Pieces Of A Woman parte con un piano sequenza dalla notevole capacità di immergerci mani e piedi all’interno del parto che apre il film, costringendoci ad entrare in maniera vivida e sorprendentemente realistica nell’evento che condizionerà il futuro della protagonista e delle figure che si muovono attorno a lei, a partire dal marito, passando per la madre, la levatrice e la sorella.

Un piano sequenza di oltre venti minuti che ci incolla letteralmente allo schermo togliendo quasi il fiato, così come succede alla donna che sta per dare alla luce la sua prima bambina, bambina che avrà il tempo di stringere tra le sue braccia per pochissimo tempo, prima di vederla morire a causa di una serie di complicazioni.

Come affrontare, quindi, il dolore per una perdita così grande? Martha, interpretata in maniera straordinariamente intensa da Vanessa Kirby, in realtà non lo sa e vorrebbe avere il tempo e il modo di scoprirlo da sola, piuttosto che spinta e consigliata dalla madre che vuole che lei faccia causa alla levatrice o dal marito che vuole necessariamente condividere le sue emozioni.

Martha è una donna i cui mille pezzi hanno bisogno di ricompattarsi da soli, ma che non viene lasciata libera in questo, dal momento che si ritrova sempre a confrontarsi con chi pensa di aiutarla o ritiene che debba comportarsi in un modo piuttosto che in un altro. Ma, così come ben evidenziato dalle metafore del ponte (quello che stava costruendo suo marito) e dei germogli (quelli delle mele che lei cerca di coltivare per vedere rinascere una nuova “presenza”), la vita e la morte, la nascita e la distruzione, sono ciclicamente presenti nelle nostre esistenze e perpetuano il loro moto in maniera costante e infinita. E all’interno di questo ciclo, ognuno deve essere in grado di ritrovare i propri “pezzi” per poter continuare a esistere in questo incessante, inglobante e a volte distruttivo moto perpetuo.

Grazie all’utilizzo di funzionalissimi primi piani e alla forza dirompente delle interpretazioni degli attori protagonisti (straordinari anche Shia LaBeouf nel ruolo del marito e Ellen Burstyn in quello della madre), Kornél Mundruczó, qui alla sua prima prova americana, ci regala un dramma coinvolgente e potentemente comunicativo, in cui difficilmente si riesce a rimanere impassibili, nonostante l’asciuttezza dei toni e l’assenza di patetismi.

Un dramma che trova quindi nell’equilibrio il suo punto di forza. Lo stesso equilibrio che si crea, appunto, tra la vita e la morte e che la protagonista di questo film deve cercare di raggiungere, tenendo insieme con forza e determinazione i pezzi infiniti in cui si è scissa la sua persona, dopo la tragica perdita che ha subito. Pezzi che tutti coloro che la circondano (persino conoscenti e amici), sembrano sapere come “incollare”, ma che appartengono solo ed esclusivamente a lei, l’unica in grado di rimetterli insieme.

2 commenti su “Pieces Of A Woman: nascita e morte in un ciclo continuo e imperituro

  1. Forse è un problema mio, ma l’ho trovato ripugnante, osceno. La prima mezz’ora per me è pornografia pura (mentre la restante ora e mezza disegna un’ordinaria storia di elaborazione del lutto già vista mille altre volte). Però è vero che non sono una donna, non sono genitore, e forse non riesco a capire come si possa trovare il modo di portare al cinema una tragedia simile. Ma è davvero necessario?

    1. Boh, necessario non lo so, ma cosa è ormai davvero necessario a livello di narrazione? Anche io non sono una mamma e non credo di avere intenzione di esserlo mai, ma devo dire che come racconto l’ho trovato molto efficace e il pianosequenza mi ha trascinata letteralmente nella scena, quindi per me il risultato è ottimo.

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